A Caravaggio una tre giorni di formazione per fare proprie le indicazioni del Convegno di Firenze

Dall’8 al 10 gennaio presso il Centro di spiritualità, voluto dal vescovo Lafranconi per dare nuovo slancio alla formazione diocesana ispirandosi a nuovi modelli formativi

image_pdfimage_print

Dall’8 al 10 gennaio al Centro di spiritualità del santuario di Caravaggio, su invito di mons. Lafranconi si è ritrovato un gruppo di una cinquantina tra preti e laici qualificati per le loro responsabilità nella pastorale diocesana: i vicari zonali, i responsabili degli Uffici pastorali diocesani e laici facenti parte delle Commissioni pastorali diocesane e dei Consigli pastorali zonali. Tema della formazione “In Gesù Cristo il nuovo umanesimo”, con la finalità di recuperare e fare proprie le indicazioni del Convegno nazionale della Chiesa italiana tenuto a Firenze dal 9 all’11 novembre dello scorso anno, centrato nella riflessione sul rapporto tra proposta del Vangelo e la cultura di oggi: come comunicare Cristo alla società italiana dentro un cambiamento d’epoca, così come papa Francesco ha sottolineato nel suo discorso ai convenisti.

L’appuntamento formativo per preti e laici insieme è stato proposto dallo stesso vescovo Dante per dare nuovo slancio alla formazione diocesana ispirandosi a nuovi modelli formativi, così come la riflessione sulla formazione del clero da parte della Conferenza Episcopale Italiana aveva, tra altre proposte, suggerito.

La formazione si è articolata in tre fasi. Un primo momento ha posto la base teologica del tema, proposta dal teologo lombardo don Francesco Scanziani, docente di antropologia alla facoltà teologica e al Seminario della diocesi di Milano. Don Scanziani ha recuperato la lezione della Costituzione conciliare “Gaudium et spes” in ordine allo stile che deve caratterizzare l’atteggiamento della Chiesa rispetto alla società degli uomini e alla cultura moderna e post moderna. Lo stile che si sostanzia nel metodo del “dialogo” e la mediazione culturale. Dialogo che ha come fondamento il rapporto con Cristo modello di umanità e ha le sue fasi di sviluppo nella lettura dei segni dei tempi, intesa come individuazione dei segni della presenza di Dio nella storia, l’individuazione degli interrogativi fondamentali che la cultura pone circa l’uomo, la sua vita e la convivenza nella comunità umana, la risposta che ne proviene dal modello umano di Cristo, e infine il discernimento rispetto ai valori già presenti nella cultura per operare la loro purificazione e ricondurli alla loro divina sorgente.

Intervento di don Francesco Scanziani:     schema della relazione     testo approfondito

È seguito autorevole l’intervento di mons. Franco Giulio Brambilla, vescovo di Novara, già rettore della Facoltà Teologica di Milano e ispiratore del Convegno nazionale di dieci anni fa celebrato a Verona, che propose di riformulare l’unitarietà della proposta cristiana dentro i cinque ambiti vitali dell’affettività, del lavoro-festa, della fragilità, della tradizione-educazione, della cittadinanza attiva.
Mons. Brambilla ha tracciato la continuità della riflessione ecclesiale italiana all’interno della serie di convegni nazionali, da Roma 1976, a Loreto 1985, Palermo 1995, Verona 2006 e Firenze 2015.

Ha soprattutto sottolineato la prospettiva antropologica operata dal convegno di Verona e che trova continuità nel Convegno di Firenze. Poi ha coniugato le cinque vie proposte a Firenze (uscire, annunciare, abitare, educare, trasfigurare) con le azioni proprie della generatività della vita umana: desiderare il figlio, concepire il figlio, darlo alla luce, prendersene cura, lasciarlo alla propria vita, proponendo in forma analogica un possibile itinerario della proposta cristiana nella cultura di oggi. Passare dalla proposta della fede come bisogno umano alla fede come desiderio, cioè ad una fede che esprima la tensione ad una pienezza di umanità: il cambiamento chiede una conversione di mentalità. La fede esige di essere accolta dentro la profondità della propria umanità per essere custodita e cresciuta nell’interiorità; la fede deve essere poi trasmessa e generata nel cuore degli uomini: è il momento che implica un vero e proprio rischio, quello del parto, nel confronto con la cultura del tempo; il prendersi cura, cioè l’opera educativa deve seguire l’annuncio della fede in forma tale che l’opera educativa sbocchi nell’adultità della fede evitando il rischio che un’azione educativa virtuosa da seducente si trasformi in seduttiva, impedendo il processo di maturazione della fede stessa nelle persone.

Relazione di mons. Franco Giulio Brambilla

Il testo della relazione di mons. Brambilla a Caravaggio

Approfondimento del vescovo Brambilla sulle parole del Papa a Firenze

La lettura del messaggio del Convegno di Firenze è stata completata con la presentazione dell’esperienza di partecipazione da parte di alcuni membri della delegazione diocesana al Convegno, i coniugi Nelli e Paolo Reggiani e don Luigi Donati Fogliazza, con la riproposta della cinque vie enunciate dal Convegno nazionale: uscire, annunciare, abitare, educare, trasfigurare.

L’esperienza raccontata dai coniugi Reggiani

L’intervento di don Donati Fogliazza

Dall’ascolto dei contenuti del Convegno di Firenze si è passati alla fase di confronto per favorirne l’appropriazione e l’elaborazione in termini di atteggiamenti che come comunità diocesana siamo chiamati ad assumere nel rapporto con la cultura di oggi.

Le sintesi del confronto saranno recuperate nella riflessione che come comunità diocesana saranno condotte in seguito e già in forma imminente della proposta degli incontri interzonali già programmati nei venerdì di gennaio, il 15 e il 22, rivolti a preti e operatori pastorali insieme. Leggi il programma

L’itinerario di formazione si è concluso con un momento di verifica e la Messa del vescovo Dante nel Santuario di S. Maria del fonte.

Facebooktwittermail