Unione europea sotto tiro. Cei: “Un cammino da proseguire”

L'America first di Donald Trump e i nazionalismi europei si scagliano contro l'integrazione comunitaria. Pesantissime le ingerenze per parte americana; di memoria corta le posizioni di molti leader e partiti nella stessa Europa. Posizioni ben diverse quelle contenute nel nuovo Codice di Camaldoli e nel capitolo dedicato all'Ue nella nota pastorale Cei “Educare a una pace disarmata e disarmante”

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L’Unione europea “dovrebbe essere abolita e la sovranità restituita ai singoli Paesi, in modo che i governi possano rappresentare meglio i loro cittadini”: questa fine analisi politica si deve a Elon Musk. Sulla figura del noto imprenditore, ed ex politico, americano le valutazioni non mancano… Eppure, la tesi, espressa sul suo social X, per quanto bizzarra e inaccettabile trova in questi giorni convergenze in altre figure-chiave statunitensi: il Presidente Trump, il suo vice Vance, il segretario di Stato Rubio. I quali a più riprese hanno sostenuto posizioni simili a quelle di Musk, spingendosi, come nel caso di Trump, a intravvedere l’eclissi della civiltà europea.

Difficile misurare le capacità profetiche del quartetto Usa. Di certo si ravvisa un’ingerenza politica, dai toni a tratti minacciosi, che rende sempre più distanti le due sponde atlantiche. E mentre l’Europa intera è sotto la minaccia russa, con l’aggressore Putin che prosegue da quattro anni la drammatica offensiva contro l’Ucraina, da Washington arrivano parole pesanti verso la stessa Ucraina e la sua leadership, si marcano le differenze rispetto ai Ventisette e – ormai è chiaro a tutti – si strizza l’occhio proprio a Putin.

È possibile che Musk abbia il dente avvelenato con l’Ue dopo la multa da 120 milioni di euro inflitta dalla Commissione europea al social X per il mancato rispetto delle norme Ue sulla trasparenza. Ma i contenuti della nuova Strategia Usa di sicurezza nazionale, illustrata pochi giorni or sono, vanno ben oltre la protesta di Musk: segnano un possibile esaurirsi di quella alleanza euro-atlantica che, definita dal secondo dopoguerra, ha consentito e poi realizzato una crescente integrazione politica, economica e commerciale e persino socioculturale tra Stati Uniti ed Europa.

A Bruxelles si cerca di smussare i toni, di evitare lo scontro aperto. Anche perché l’Ue ha bisogno dell’alleato americano sul piano economico, energetico e persino militare. Eppure, fra gli imbarazzati silenzi di molti leader nazionali e l’atteggiamento prudente di Ursula von der Leyen (Commissione) e Roberta Metsola (Europarlamento), non è mancata la presa di posizione piuttosto netta di Antonio Costa, presidente del Consiglio europeo. “Non possiamo accettare questa minaccia di ingerenza nella vita politica dell’Europa”, ha affermato durante un evento pubblico.

Trump e la sua squadra, in questi 12 mesi dal ritorno al potere a Washington, hanno progressivamente alzato barriere verso l’Europa: basterebbe pensare ai dazi commerciali e alle trattative parallele sull’Ucraina e sul Medio Oriente. “America first”, motto trumpiano, sembra voler emergere a scapito degli alleati europei. Che, fra l’altro, vengono divisi nella logica del Presidente Usa, in quelli di serie A (i nazionalisti alla Orban, Le Pen, Afd…) e di serie B (coloro che continuano a immaginare un’Europa democratica, forte e coesa, “strumento” di benessere per i cittadini, elemento di pace al proprio interno e oltre i suoi confini).
Queste emergenze sul piano politico dovrebbero richiamare maggiore attenzione su due documenti che contengono preziose indicazioni circa il possibile ruolo e il futuro dell’Europa.

Il primo è il “Codice per una nuova Europa” reso noto lo scorso settembre nell’antico monastero umbro, scritto, dopo mesi di discussioni e di lavoro, da un centinaio fra docenti, esperti, rappresentanti di associazioni e movimenti cattolici e “laici”, per prefigurare, appunto, una nuova Europa, integrata, in pace, in grado di garantire diritti e produrre benessere, e aperta al mondo. Evidente il richiamo al Codice del luglio ’43, definito in ambito cattolico in tempo di guerra, che è stato poi uno degli elementi ispiratori della Costituzione Repubblicana. Il testo ha il merito di affrontare, in tre ampi capitoli, “le sfide del presente” dell’Ue e i “principi e fondamenti per una nuova Europa”, per poi proporre un focus sulle “politiche per un’Europa equa, sostenibile e pacifica”. Il nuovo Codice di Camaldoli ha registrato una chiara apertura di credito da parte del presidente della Cei, card. Matteo Zuppi.

In questi giorni il Codice ha trovato esplicita citazione nella Nota pastorale Cei “Educare a una pace disarmata e disarmante”. Vi compare un capitolo sull’Unione europea che, oltre a essere raccomandato ai cattolici e non solo, italiani ed europei, andrebbe messo sul tavolo dello studio ovale della Casa Bianca. L’Ue, vi si legge, è oggi “oggetto di critiche radicali e affronta una crisi di fiducia fra i cittadini dei Paesi membri. Va però ricordato che l’Unione è il frutto di un lungo e faticoso percorso storico e politico, nato il 9 maggio 1945, con la fine della seconda guerra mondiale. Quel che restava dell’Europa erano solo le macerie delle città, la ferita della dignità morale rappresentata dai totalitarismi e dalla Shoah, gli effetti spaventosi di un nazionalismo fattosi distruzione dell’altro. La pace non era solo un’opzione, era necessità, ma per raggiungerla non bastava il tacere delle armi”. Così “nei decenni, la Comunità economica europea prima e l’Unione europea poi hanno portato a donne e uomini europei la possibilità di costruire democrazie solide, che hanno operato per garantire diritti, consentendo una ricostruzione materiale e morale dell’Europa. Si sono superate logiche di conflitto fra popoli e Stati, per dare forma a uno spazio in cui vivere, lavorare, studiare, progettare futuro, vedendosi riconosciuti come persone umane, coi diritti e i doveri che tale dignità comporta”.

Il processo è “incompiuto”, segnala la Cei; “Forti e numerose restano le contraddizioni. E tuttavia, in un tempo in cui si tornano a invocare il conflitto e la guerra, guardando all’altro solo come nemico e minaccia, l’Unione europea testimonia che un’altra strada è possibile, che la logica della violenza non è inevitabile. Non è casuale che contro di essa si volgano molti nazionalismi, ostacolando il processo di costruzione di una realtà politica comune”. “Descritta come realtà che comprime i ‘diritti’ delle singole nazioni, alcuni vorrebbero semplicemente abbandonarla, mentre altri la ridurrebbero a mero mercato. Anche per questo è invece importante oggi proseguire il cammino di quanti, dopo la guerra, scelsero con coraggio una via di pace da costruire insieme”. Infine: “Cruciale diviene il contributo dei cristiani all’affermazione di appartenenza ad una ‘patria’: l’Europa – costruita in questi settant’anni non con rivendicazioni o sopraffazioni, ma come cammino condiviso – va coltivata espandendone tutte le potenzialità di pace. La proposta di un rinnovato Codice di Camaldoli esteso sul piano europeo è una proposta importante in tal senso”.

Indicazione autorevole, in controtendenza rispetto ai sovranismi diffusi e alle letture di parte americana, e impegnativa per i cristiani, italiani e forse anche europei.

 

Il documento integrale della CEI

Gianni Borsa (AgenSir)
TeleRadio Cremona Cittanova
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