“Gaslighting”, la manipolazione oppressiva, è al centro della tredicesima puntata della rubrica sulla prevenzione e la tutela curata dal Servizio regionale delle Diocesi lombarde per la tutela minori e adulti vulnerabili. Ogni mese una parola chiave della prevenzione. In tre tempi: significato nella pratica educativa, domande per le relazioni educative personali e comunitarie, strumenti per l’approfondimento.
Significato
L’espressione inglese gaslighting deriva dal film intitolato Gas Light (1944) ispirato all’opera teatrale Angel Street del 1938. La protagonista è vittima di gaslighting da parte del marito, che mira ad impossessarsi dei suoi preziosi gioielli di famiglia. Nel momento in cui la moglie nota il calo di intensità della luce a gas dovuto alle ricerche notturne del marito, questi le fa credere che sia tutto frutto della sua immaginazione e inizia a manipolare aspetti della vita quotidiana per portarla ad impazzire.
Gaslighting è una forma di manipolazione oppressiva, una manipolazione psicologica subdola in cui la persona che manipola induce la vittima, chiunque sia, a dubitare della propria percezione della realtà, della memoria e addirittura, della propria salute mentale, con l’obiettivo di dominarla e sottometterla. In questo contesto ambientale aumenta il rischio di femminicidi o di esiti depressivi gravi.
Il gaslighting si sviluppa secondo tre fasi, ma è sempre preceduto da un primo periodo tendenzialmente positivo e gratificante per la vittima, che viene investita di stima e complimenti. Il gaslighter è infatti capace di intercettare la sensibilità delle sue vittime, così come di individuare molto bene i punti più vulnerabili. Progressivamente attraverso messaggi positivi e negativi, riesce in modo incredibile a condizionare la sua vittima rendendola totalmente dipendente e obbediente al suo disegno.
- La prima fase è caratterizzata da una distorsione della comunicazione. La vittima non capisce più il suo interlocutore. I dialoghi sono segnati da silenzi colpevolizzanti, alternati a reazioni risentite che destabilizzano la vittima portandola a sentirsi confusa e disorientata, come quando appunto ci si trova nella nebbia.
- La seconda fase è caratterizzata da un tentativo di difendersi da parte della vittima, che cerca di spiegare al suo abusante che ciò che lui afferma non corrisponde alla verità. Quindi prova ad instaurare un dialogo, aperto e tenace, nell’illusione che ciò possa servire a far cambiare il comportamento di chi la sta manipolando. L’atteggiamento della vittima è caratterizzato dalla convinzione che riuscirà con l’ascolto, la comprensione e il dialogo a far cambiare atteggiamento, pensiero e modi di agire all’abusante.
- La terza fase è la progressiva discesa nella depressione. La vittima si convince che ciò che l’abusante dice nei suoi confronti corrisponde proprio alla verità: si rassegna, diventa insicura ed estremamente vulnerabile. In questa fase l’oppressione relazionale si intensifica: le forme di violenza diventano normali e la vittima si sente in colpa, si sente obbligata interiormente a scusarsi, si convince che il manipolatore non solo ha ragione, ma anche della sua bontà fino a idealizzarlo.
In contesti comunitari questo processo si rafforza a partire dal consenso verso chi comanda manipolando e utilizzando la strategia della correzione e del merito. Il rinforzo è favorito anche dalla relativa mancanza di sostegno – verso coloro che, comprendendo lo stile manipolatore, vorrebbero differenziarsi – che proviene dal “coro” di chi approva, sostiene, idealizza l’agire del manipolatore/trice.
Domande
- Possiamo interrogarci sulle diverse relazioni “tossiche”, segnate da un’aggressività attiva (ricatti e minacce…) e/o passiva (diverse forme di colpevolizzazione e di silenzio) che costringono, chiudono in una gabbia e assolutizzano una sola persona che ha la pretesa di controllare, dominare ed essere sempre gratificata.
- Possiamo interrogarci anche sullo stile di comunità e fraternità. Soprattutto rischiano di essere tossiche le comunità in cui è assolutamente proibito palare all’esterno di ciò che avviene all’interno. Fatta salva assolutamente e in ogni caso la doverosa discrezione rispetto alle vicende personali da parte di ogni componente la comunità. Così pure sono dannose le comunità nelle quali non viene consentito di rivolgersi a persone esterne per consiglio o consulenza o nelle quali non è tollerata alcuna critica, differenziazione – anche su aspetti semplici – e domande rispetto alla posizione dell’autorità sia in privato che in pubblico, pena il rimprovero personale e il discredito pubblico.
- La riflessione su questa dinamica abusante riporta in primo piano quanto sia importante, per una prevenzione nei nostri ambienti e comunità, tenere presenti la necessità e l’effettiva possibilità di risorse esterne ad ogni realtà comunitaria e fraterna, per il confronto, l’accompagnamento spirituale e la consulenza psicologica.
Strumenti
- https://www.agi.it/cronaca/news/2025-04-18/16-segnali-per-riconoscere-un-amore-tossico-bicocca-30980273/
- FORLANO T. (2014), Gaslighting, una forma di violenza psicologica – Rapporti interpersonali. State of Mind.
- GRUDA S. (2020), Gaslighting: quando la manipolazione annulla la libertà. State of Mind.













