Terra Madre casa comune, a Castelleone una riflessione sull’Africa al di là degli stereotipi

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Se il principale obiettivo della mostra Terra Madre allestita a Castelleone e dell’incontro del 15 dicembre era quello di presentare il continente africano oltre i luoghi comuni dell’esotismo, della natura selvaggia, delle guerre e delle carestie, si può dire che è stato pienamente raggiunto. L’intera iniziativa è stata organizzata dall’Associazione Quetzal di Castelleone, in collaborazione con il Gruppo Cremona di Medici con l’Africa CUAMM e con la Parrocchia di Castelleone, e il patrocinio del Comune di Castelleone, e ha potuto registrare un buon numero di visitatori davanti alle quaranta immagini che dimostrano la possibilità della sostenibilità ambientale in Africa.

Collegato alla mostra è stato l’incontro che si è tenuto venerdì 15 dicembre presso la sala del Teatro Leone, dal titolo evocativo “Terra Madre casa comune?”, un’occasione per confrontarsi sulle tematiche della sostenibilità ambientale.

La moderatrice, Jenny Capuano, esperta in cooperazione decentrata e responsabile Area Formazione della Fondazione Trentina delle Cooperative, dopo aver introdotto il concetto di sostenibilità, che non riguarda solo l’aspetto ambientale, ma coinvolge anche l’economia, la politica, le relazioni sociali, ha coinvolto i relatori in una riflessione sulla cura della casa comune partendo dalle suggestioni suscitate dalle immagini presenti in mostra.

Per John Mpaliza, ingegnere informatico italo-congolese che da anni si dedica alla promozione  dei dritti umani e della pace attraverso l’organizzazione di marce,  l’immagine più rappresentativa della sostenibilità era quella del baobab utilizzato come serbatoio d’acqua, un’essenza vegetale può svolgere la stessa funzione di una struttura in cemento. John Mpaliza ha anche ricordato come già nel 1236 nel regno del Mali fosse stata promulgata una dichiarazione dei diritti dove si trova l’idea di sostenibilità.

Anche Lina Belhassen, Gioele Olivieri e Hannah Pitout, studenti di medicina all’Humanitas University di Rozzano, sono rimasti colpiti dalle immagini, ma hanno voluto portare soprattutto la loro testimonianza di membri dell’Humanitas University African Society. Lina, Gioele e Hannah, infatti, sono studenti italiani, ma di origine africana, che hanno costituito l’African Society per sostenere gli studenti che sono lontani dalle loro case, per costruire relazioni tra le diverse culture e per mantenere vivo il legame con le proprie radici.

Questo ha permesso alla moderatrice di chiedere ai relatori di parlare della gioventù africana: secondo John Mpaliza i giovani africani hanno bisogno di strumenti, di scuole, l’Africa è un continente ricco, ma non è stato messo in condizione di rendersene conto. E’ una terra giovane  con 800 milioni di persone con meno di 22 anni, dove la percentuale di emigrazione è bassa, persone che vogliono il cambiamento, ma devono avere gli strumenti.

Per gli studenti dell’Humanitas University African Society i giovani africani hanno dato vita a buone iniziative, ma sono troppo individualiste, è necessario imparare a lavorare insieme.

Per John Mpaliza bisogna cambiare la narrazione sull’Africa dove al momento, istruzione, legge, finanza, cultura, lingua, religione sono straniere. Per ottenere un vero cambiamento bisogna smuovere l’opinione pubblica e gli organismi politici con marce, incontri, conferenze ed elezione di validi rappresentanti.

TeleRadio Cremona Cittanova
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