Nella chiesa del Migliaro una Messa senza confini

Nella Giornata del migrante e del rifugiato un focus sul cammino di fede e le celebrazioni della comunità cattolica straniera

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È bello pensare che la Messa della comunità anglofona, celebrata da don Maurizio Ghilardi nella chiesa del Migliaro, nella periferia di Cremona, e durata poco più di 40 minuti, sia in realtà terminata a metà pomeriggio, nel salone dell’oratorio del Boschetto, dopo il pranzo condiviso e la lunga chiacchierata. Una Messa in senso allargato, dunque, con i tempi tranquilli degli africani che, quando sono insieme, non hanno mai fretta di partire. La domenica di festa della comunità anglofona ha visto aggiungersi famiglie di Mantova, Piadena e Leno. Un’occasione per allargare le conoscenze e per ritrovare i vecchi amici.

«L’esperienza dura da un anno e mezzo – spiega don Ghilardi, parroco delle parrocchie del Boschetto e del Migliaro, oltre che incaricato diocesano per i migranti – e riguarda anche la comunità francofona che, al Migliaro, si ritrova la seconda domenica del mese. La comunità parrocchiale del Migliaro non ha eccepito sulla chiesa “data in prestito” alle due comunità. Ha chiesto solo che fosse mantenuta, come era giusto fosse, la Messa domenicale all’orario consueto».

Salomé, che abita ad Asola da 17 anni e che lavora come aiuto infermiera alla casa di riposo del paese, è il punto di riferimento della comunità nigeriana. È lei che segnala a don Maurizio alcune situazioni difficili o casi di malattia. Sarebbe anche l’animatrice liturgica, ma è evidente che, in questo campo, è costretta a giocare in condizioni difficili. La domenica in cui ci si ritrova è anche quella dove, per pochi minuti, si provano i canti. «Da noi, in Nigeria, la Messa potrebbe durare tutta la giornata – racconta – con molti più canti e danze. Ma siamo in Italia ed è necessario adattarsi. In una forma o nell’altra, è la Parola del Signore che ci aiuta e ci indica il cammino».

Qualche segno africano, comunque si è visto: i doni all’altare portati in gruppo e lo scambio del segno di pace allargato a tutti. L’omelia di don Maurizio è stata, in realtà, un dialogo con le persone sul tema di Gesù che indica il cammino verso Gerusalemme ed è il cammino difficile della Croce. Il dialogo non è sembrato facilissimo, a giudicare dalle risposte non immediate. Non è un problema di lingua, forse più di abitudine a un dialogo sulle Scritture. Del resto, noi possiamo dire: per fortuna che, nelle nostre celebrazioni, le domande le fanno ai bambini…

Nicola, un giovane gambiano, si dice molto contento di questa esperienza. «Io non sapevo pregare in inglese – racconta – anche se lo so parlare. Ho imparato il Padre nostro e l’Ave Maria in italiano prima che in inglese. In Gambia non era possibile professare una fede diversa dall’islamismo». «La lingua inglese – aggiunge – non è, da sola, un motivo di collegamento. Noi gambiani parliamo più con i senegalesi, che sono di lingua francese, ma abbiamo un dialetto comune. I nigeriani mi sono sempre sembrati lontani. Adesso, nel ritrovarci insieme, riusciamo a capirci meglio. E credo, in alcune occasioni, di essere loro di aiuto nel capire alcuni aspetti della realtà italiana».

La comunità di lingua francese ha una storia più lunga ed è stata guidata, negli ultimi due anni, da un sacerdote congolese, padre Aloys Ntedika Ngimbi. Prima di approdare al Migliaro, la comunità si ritrovava per la celebrazione a Gadesco.

A settembre sono ripartite entrambe le comunità. E l’appuntamento è proprio in occasione di questa Giornata del migrante e del rifugiato, con la visita al Boschetto del vescovo Napolioni. Sarà lui a indicare il percorso.
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Paolo Carini
giornalista già missionario
laico in Africa

TeleRadio Cremona Cittanova
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