Mostra al Foppone: la politica come bene comune negli affreschi di Lorenzetti

Grande partecipazione alla serata inaugurale con l'intervento di Mariella Carlotti che ha introdotto "Cor Magis", la mostra organizzata dal centro culturale Sant'Omobono

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Chi parla di Medioevo come epoca buia, non sa quel che dice. Lo si è visto bene ieri sera nella ex chiesa del Foppone, durante il bellissimo incontro di presentazione della mostra “Cor Magis” dedicata agli affreschi del Buon Governo che Lorenzetti dipinse a Siena tra il 1337 e il 1339 nella Sala dei Nove, l’aula destinata alle riunioni del Governo della città e l’immagine della testa del Crocifisso e i cartigli di Lando di Pietro (1337).  L’incontro e la mostra (è possibile visitarla gratuitamente fino al 14 marzo) fanno parte di un ciclo di quattro appuntamenti promosso dal centro culturale Sant’Omobono di Cremona anche in vista delle elezioni amministrative, dal titolo “Per il bene di tutti”.

Il medioevo senese e una politica per il Bene Comune

Cosa c’entra la storia senese con il voto di maggio? Molto, se non tutto. A spiegarlo è stata Mariella Carlotti,  laureata in Lettere, insegnante e preside del Conservatorio di San Niccolò a Prato. Curatrice della mostra, è stata invitata “perché a Siena accadde nel 1300 una cosa meravigliosa: la politica respirava di un ideale che rese la città grande per secoli. Il desiderio è che anche la politica oggi, qui, possa recuperare quella spinta ideale”, ha ben introdotto Cristiano Guarneri, giornalista e membro del Centro Culturale.

 “Sulla porta di Siena che accoglie chi viene da Nord, Porta Camollia, c’è scritto: COR MAGIS TIBI SENA PANDIT (Ancor più – della porta – Siena ti apre il suo cuore)”, esordisce la storica dell’arte. “E’ già un giudizio su quello che si viveva nella città nel 1300. Una città che ha reso grande la politica, l’arte della polis”.  Come? Così: nell’estate del 1260 lo storico scontro tra Siena e Firenze giunge al culmine. I fiorentini formano un esercito enorme e assediano la città. Il 3 settembre manca un giorno allo scadere dell’ultimatum: o arrendersi e vivere oppure scendere in guerra. Il governo senese si riunisce nella chiesetta di San Cristoforo. I cartigli dell’epoca riportano che fuori da quella chiesa, il popolo intero pregava perché i governanti prendessero la decisione migliore. “Poche ore dopo il portavoce del governo esce ed annuncia:  ‘Domani combatteremo perché non possiamo svendere ciò che i nostri padri hanno costruito nei secoli. Sappiamo che il rischio di perdere è alto, ma sappiamo anche che esiste il miracolo. Per questo da oggi non saremo più Repubblica ma avremo una Regina:  la Madonna’. Tutto il popolo si recò in Duomo a consacrare Siena a Maria. E il giorno dopo, i senesi vinsero la battaglia. Così ancora oggi tutta la città è dedicata a Maria: la cattedrale, lo Spedale della Scala, piazza del Campo, le monete dell’epoca. Per Lei due volte l’anno si corre il palio”.

Buon Governo e Mal Governo

E’ l’inizio di una Siena nuova. Il Governo dei Nove diede un indirizzo innovativo alla città.  “Quei nove erano pagati molto più dei nostri politici di oggi, ma non era un problema perché a loro era affidato il compito più alto. Custodire il bene comune. Essi identificarono nella bellezza il criterio fondamentale del benessere della città, per chi ci viveva e per chi la visitava. E questo si tradusse in una costruzione armoniosa tra città e campagna: ancora oggi i senesi vivono di quello”. Questa, ha spiegato la Carlotti, è la prima grande lezione: “Quando una città è ben governata, ne gode i frutti per secoli. Quando è mal governata, i frutti sono avvelenati e diventa sterile”.

In occasione del Giubileo di Montaperti, il Governo dei Nove decide di fare alcune grandi opere pubbliche e affida a Simone Martini e Ambrogio Lorenzetti il compito di affrescare il Domus Mariae (il Palazzo del Governo). Martini – che veniva dalla bottega di Duccio da Buoninsegna – riprese nella sua “Maestà” la più famosa opera del suo maestro. Il dipinto vede al centro una Madonna con bambino. Il piccolo Gesù porta con sé una pergamena. Racconta la Carlotti:  “In cinque parole vi è scritto tutto quello che devono fare i politici. Sono le cinque parole che aprono il libro della Sapienza: “Amate la giustizia voi che amate la terra”. Anche la Madonna parla ai politici e al popolo di allora, tramite delle terzine dantesche in calce al dipinto che mettono in guardia i potenti dai soprusi. Poco tempo dopo, Ambrogio Lorenzetti affresca le sale adiacenti riprendendo la Maestà di Martini.

Ecco che nascono l’affresco del Buon Governo e del Mal Governo, dove si vedono l’opposizione drammatica tra la ricerca del bene proprio – origine di ogni violenza – e la tensione al bene comune. Nel Buon Governo domina la Sapienza divina che regge la bilancia della giustizia distributiva e di quella commutativa. La figlia della giustizia è la concordia, che invita a smussare gli animi e le asperità. Sotto vi è il popolo che cammina insieme in concordia grazie alla giustizia. E a chi affida tutto questo il popolo? Al Comune. “Nella civiltà cristiana i valori diventano immediatamente fatti. Ecco perché “Comune” non significa altro che Bene comune”. Il Lorenzetti riprende poi le virtù cristiane della fede, della speranza e della carità alle quali aggiunge la prudenza, la fortezza, la giustizia e la temperanza, la pace e la magnanimità. “L’artista – incalza ancora la Carlotti – ha voluto inserire la magnanimità perché per fare il bene comune bisogna staccarsi dal piccolo interesse del proprio piccolo cuore. Quali sono gli effetti del buon governo dipinti dal Lorenzetti? Una città bellissima, in crescita, dove si lavora e si studia. Dove vi è un efficace interscambio tra città e campagna. Dove nascono famiglie. Su tutto domina l’ultimo effetto di una città ben governata: la sicurezza”.

Una città mal governata, invece, vede una giustizia con le mani legate, dove i magistrati lavorano per il proprio tornaconto, dove nessuno opera per il bene comune e ciascuno tira dalla propria parte. “E qual è il primo effetto di tutto questo? La tirannia. Una tirannia che per Lorenzetti non è dittatura, ma una visione distorta del bene, dovuta ad avarizia, vanagloria, superbia e  lussuria. “Lorenzetti ha voluto ricordarci così che l’uomo è fatto per amare. L’equivoco di oggi è che viviamo per stare bene, ma non per voler bene. Senza voler bene l’uomo sta male. Gli effetti del malgoverno sono una città brutta, che distrugge ciò che ha costruito, con le  botteghe chiuse, che usa violenza sulle donne e che vive nella paura dell’altro”.

Non sembra tutto così attuale?

Il bene comune? Un compito di tutti

Ecco cosa insegna la storia di Siena con i suoi affreschi: insegna che tutti devono lavorare per il bene comune. Ciascuno nel proprio ambito. Come dimostra l’ultima storia, straordinaria, documentata dalla Carlotti. E’ il  23 agosto del ’44, gli USA bombardano Siena e colpiscono la Basilica dell’Osservanza distruggendo anche il grande e antico crocefisso dell’altare. Quando i frati riescono a recuperarlo, trovano la testa di Gesù rotta in due. Nella calotta vi è un cartiglio nascosto, scritto dall’autore del crocifisso, Lando di Pietro (1337). Riporta una semplice preghiera: “Il Signore Gesù mi ha dato il dono l’arte per costruire questo crocifisso. A Lui chiedo salvezza per me, per i miei figli e misericordia per tutti gli uomini”. Ecco, secondo la Carlotti, il segreto del vero bene comune. “Dentro il suo lavoro quell’uomo aveva nascosto questa preghiera per se’, per la sua famiglia e per il mondo. Uomini così hanno fatto Siena e possono ancora oggi fare grandi le nostre città”.

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