L’ospedalità religiosa e la legge sul biotestamento

L'intervento del padre Virginio Bebber, superiore della clinica camilliana di Cremona e presidente dell'Associazione religiosa degli istituti socio-sanitari

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Di seguito pubblichiamo un intervento di padre Virginio Bebber, camilliano superiore della casa di cura S. Camillo di Cremona e presidente dell’Associazione religiosa degli istituti socio-sanitari (Aris), in riferimento alla legge sul fine vita recentemente approvata.

Noi speriamo ancora che qualcuno ci ripensi e capisca che questa legge sul fine vita è l’anticamera dell’eutanasia in Italia. È inutile nascondercelo. La soluzione legislativa adottata, figlia certamente di baratti politici, lascia aperto un vasto campo di dissenso etico-antropologico che non può essere sanato da una norma del diritto positivo, per quanta considerazione e rispetto meriti il Parlamento e la funzione legislativa che, in virtù del suo titolo di rappresentanza popolare, gli compete.

Un dissenso il nostro che non possiamo e non vogliamo sottacere. Un dissenso che rappresenta per noi, operatori delle istituzioni socio-sanitarie della Chiesa, non solo un‘opzione morale ovvia ed irrinunciabile, bensì anche un indirizzo che intendiamo assumere e mantenere quale elemento che identifica e caratterizza il servizio che le nostre strutture sanitarie di ispirazione religiosa assicurano alla collettività, concorrendo in misura significativa alla funzione pubblica di tutela e promozione della salute e della vita.

Né possiamo condividere il fatto che nutrizione ed idratazione siano di fatto totalmente ascritte alla determinazione del paziente e rese indisponibili alla responsabilità del medico che è chiamato in tempo reale al letto del paziente a valutare, in scienza e coscienza, il concreto sviluppo di una condizione clinica che nessuna “dichiarazione anticipata” è in grado di presumere in tutti i suoi profili”.

A questo proposito avevamo avanzato richiesta di un emendamento per cui, in presenza di queste situazioni, all’istituto sanitario religioso  dovrebbe essere data facoltà  di non seguire le disposizioni  contrarie alle finalità etiche del loro servizio, e di provvedere al  trasferimento di chi reclama le Dat ad altri Istituti pronti ad accogliere la sua volontà.

E in questa nostra proposta ci sostiene  un articolo della legge concordataria, confermato integralmente  anche nell’ultima revisione Concordataria 25 marzo 1985, n. 121). Si tratta dell’articolo 7 il cui Comma 3 dice espressamente che istituzioni come le nostre devono certo seguire le leggidello stato ma “nel rispetto della struttura e della finalità di tali enti”.

Virginio Bebber

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