L’arcivescovo Erio Castellucci a Rivolta d’Adda: «Anche noi come sant’Alberto possiamo essere operatori di carità e di pace»

Il vicepresidente della Conferenza Episcopale Italiana ha presieduto il 3 giugno a Rivolta le celebrazioni patronali di sant'Alberto Quadrelli

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Essere come sant’Alberto, operatori di pace e di carità che si rendono conto dei tanti doni ricevuti e provano gioia nel restituirli. È questa l’esortazione fatta ai rivoltani dall’arcivescovo di Modena-Nonantola e vescovo di Carpi Erio Castellucci, vicepresidente della Conferenza Episcopale Italiana, durante la messa solenne che lui stesso ha celebrato nella mattinata di domenica 3 luglio nella basilica di Santa Maria e San Sigismondo, a Rivolta d’Adda, in occasione della festa patronale di sant’Alberto Quadrelli, vescovo di Lodi nato a Rivolta (“Ripalta Sicca”) e vissuto nel dodicesimo secolo. Uno dei Santi che operò nella carità verso i poveri ma anche per la pace, due temi attualissimi, come ha ricordato il celebrante nella sua omelia.

«Alberto – ha detto l’arcivescovo Castellucci – si distinse per le opere di carità nei confronti dei poveri, ma anche perché operò per la pace, lavorando all’unità della Chiesa e della società del suo tempo». E ha proseguito con un accenno all’attualità: «La pandemia ha svelato tante povertà, non solo materiali, ma anche mentali, mentre la guerra in Europa ci sta dicendo che, nel suo cuore, l’uomo non ancora guadagnato la pace una volta per sempre». «Anche noi come sant’Alberto – ha quindi proseguito il vescovo – possiamo essere operatori di carità e di pace. Ce lo insegna il vangelo. Gesù ci chiede di assumere l’atteggiamento interiore della restituzione del dono. Ci chiede di vivere la gratuità, rendendoci conto dei tanti doni ricevuti e provando gioia nel restituirli». «Allora sì che la nostra vita, dal bianco e nero, passerà ad assumere quei toni colorati che solo la fede sa dare».

La Messa, animata dalle voci dei cantori della corale polifonica della parrocchia accompagnata all’organo da Fabrizio Vanoncini, si è aperta con il saluto del parroco, monsignor Dennis Feudatari (impossibilitato a partecipare), letto dal vicario don Michele Martinelli (che ha concelebrato insieme al collaboratore parrocchiale don Angelo Ferrari). «Ci piace pensare – ha scritto don Dennis – che la comunione dei santi Alberto e Francesco Spinelli illuminino ed intercedano per le nostre chiese. Non possiamo non riconoscere come l’esempio di carità di Alberto abbia performato questa comunità. Ne sono testimoni tuttora diverse associazioni di volontario a di servizio operanti nei settori della fragilità e della disabilità ed in stretto rapporto con l’Ospedale Santa Marta, anche nel recupero dalle dipendenze. Una rete che sottilmente ma efficacemente lega l’umano rivoltano. Non per questo però possiamo pensare di essere arrivati al dunque. Serve ancora lavorare a favore di un’umanità compiuta. È un percorso educativo in salita e mai definitivo. Sant’Alberto ci difenda da negligenze superficialità e partigianerie e ci insegni ad amare Cristo nell’uomo come egli ha fatto».

Ulteriore momento delle celebrazioni patronali nella serata di domenica 3 luglio con la processione per le vie di Rivolta con la reliquia del Santo, mentre lunedì 4 luglio la parrocchia sarà in pellegrinaggio a Lodi per la Messa solenne delle 10 in cattedrale, in onore di sant’Alberto; in serata in basilica, alle 21, la preghiera e il ringraziamento al patrono.

 

Sant’Alberto Quadrelli

Alberto Quadrelli nacque a Rivolta d’Adda e rimase parroco di quella antica e importante chiesa collegiata della diocesi per circa venticinque anni.

Nel 1168 dal clero di Lodi fu eletto vescovo, il primo della città ricostruita dopo la distruzione operata da Federico Barbarossa.

Vissuto in un periodo politicamente e religiosamente turbolento, in mezzo alle lotte tra i Comuni e l’Impero e a una Chiesa lacerata da scismi, Alberto viene descritto da un contemporaneo, suo avversario, come «uomo onesto, saggio, dedito alla preghiera, di vita integra, pieno di amor di Dio e di santo timore».

La costante tradizione della Chiesa di Lodi lo presenta come un pastore sensibile alle necessità dei poveri. Morì il 4 luglio 1173.

Luca Maestri
TeleRadio Cremona Cittanova
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