L’affascinante incontro con la “Santa Russia”

Il bilancio del pellegrinaggio in Russia nelle parole di don Roberto Rota, incaricato diocesano per la Pastorale del tempo libero e dei pellegrinaggi e presidente della ProfiloTours

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Al termine dell’intensa e, per alcuni aspetti, faticosa esperienza vissuta dai circa 300 pellegrini partiti da varie parrocchie della diocesi e diretti verso la Russia, in occasione del pellegrinaggio diocesano che, guidato dal vescovo Antonio Napolioni, si è svolto dal 27 agosto al 4 settembre, vogliamo farne un bilancio del viaggio – dati anche l’apprezzamento e la soddisfazione dei partecipanti – nell’intervento di don Roberto Rota, incaricato diocesano per la Pastorale del tempo libero e dei pellegrinaggi, nonché presidente dell’agenzia ProfiloTours, che ha curato la logistica.

Questo viaggio, progettato e proposto proprio come pellegrinaggio, aveva tra gli obiettivi fondamentali quello di incontrare la “Santa Russia”, cioè le radici sante di un popolo diventato cristiano più di mille anni fa e che, passato attraverso traversie e persecuzioni di vario genere, ha mantenuto ferma e incrollabile la fede in Cristo. Vicende storiche complesse, insieme alle resistenze degli uomini, hanno tuttavia lacerato l’unità dei discepoli e ancora oggi, camminando in questa terra, abbiamo toccato con mano i segni della divisione, ma anche la speranza e l’impegno per la piena unità.

Lo ha ricordato, nella sua intensa testimonianza, il monaco ortodosso padre Giovanni Guaita, al termine della Messa celebrata dal vescovo Antonio nella Cattedrale dell’Immacolata, a Mosca, lunedì 3 settembre. Ricordando, tra l’altro la testimonianza di Liutprando di Cremona, legato papale presso l’imperatore di Bisanzio. Padre Giovanni ha sollecitato ad approfondire la conoscenza reciproca e profonda dei contenuti dell’ortodossia e del cattolicesimo, rimarcando quanto sia importante e primario ritornare ad amare – cristiani e non cristiani – con la stessa intensità di Cristo. “Siamo in una stessa stanza – da detto – anche se la visuale risulta a volte diversa e spesso divergente”.

La serenità e insieme la fatica di rapporti tra Cattolici e Ortodossi l’abbiamo percepita anche dalle parole di don Vladimir, parroco di Mosca, e dall’impegno pastorale del giovane sacerdote che ci ha ospitato nella sua bella chiesa, ripristinata all’uso liturgico dopo anni di abbandono e cuore della piccola e dispersa comunità cattolica.

Le radici sante le abbiamo ammirate nello sterminato numero di icone delle chiese e delle collezioni museali. Se ne è fatto interprete il vescovo Antonio che ha più volte rimarcato, nelle omelie e nei commenti occasionali, l’importanza si saper vedere con gli occhi della fede volti di uomini e donne santi, da associare ai volti della Chiesa del nostro tempo, delle nostre comunità, in un silenzio di intensa contemplazione davanti alla Iconostasi monumentale di Suzdal, offrendo chiavi di lettura della splendida icona della Trinità di Rublev (purtroppo collocata in un angolo di una sala della galleria Tretiacov) o spunti di preghiera davanti alla Madonna di Kazan a San Pietroburgo e a quella di Vladimir.

L’intenso itinerario ci ha portati nei luoghi antichi della Russia cristiana: a Novgorod, a Suzdal, alla Lavra di S. Sergio di Radonez per scoprire testimonianze di vita santa, di dedizione al Vangelo di tanti uomini e donne di ieri, della devozione di giovani e di famiglie di oggi, ammirati dall’intensità delle celebrazioni, accompagnate da canti interminabili, di una dolcissima armonia che rasserena e riconcilia.

E poi San Pietroburgo, la città russa che più di ogni altra guarda all’Europa, voluta dallo zar Pietro il Grande trecento anni fa e Mosca, la capitale, con il suo Cremlino, cuore politico e religioso, con le cattedrali e le collezioni d’arte, con la piazza rossa (purtroppo occupata da impalcature che ne hanno deturpato la visuale) e la chiesa di S. Basilio, silenziosa testimone di quei “folli per Dio”, santi di una antica spiritualità e insieme delle follie di un regime che voleva cancellare, in questa terra con le chiese anche la presenza cristiana.

Così sono ritornate alla mente, più volte in questi giorni, le parole di Maria ai pastorelli di Fatima, proprio cent’anni fa: “Il Santo Padre avrà molto da soffrire… la Russia si convertirà … ci sarà un tempo di pace”. Un dono, una promessa che ancora deve compiersi.

E noi, pellegrini nella Santa Russia di oggi, ascoltiamo la chiamata di Dio e ritorniamo alle nostre case, forti di una esperienza di Chiesa che ha incontrato, parlato, ascoltato fratelli nella fede che, al pari di noi, sono chiamati ad affrontare le sfide del nostro tempo ricchi di un Vangelo che è accoglienza, fraternità e amore.

don Roberto Rota

Photogallery della Messa di chiusura del pellegrinaggio
nella Cattedrale dell’Immacolata Concezione (Mosca)

 

Photogallery della tappa a a Sergev Posad

 

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