«La vita quotidiana, termometro della spiritualità di un prete»

Il commento di don Bignami sul discorso che Papa Francesco ha pronunciato lunedì 16 maggio in apertura dell'assemblea generale della CEI che si sta svolgendo in Vaticano

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L’assemblea della Cei si è aperta con un intervento accorato del Papa, che ha voluto offrire un suo contributo ai due grandi temi che saranno oggetto di discussione in settimana: la formazione del clero e la gestione dei beni. Invece di affidarsi a una riflessione sistematica sulla figura del prete, papa Francesco ha capovolto la prospettiva. Ha chiesto uno sguardo contemplativo sulla vita concreta di un parroco che si spende nella vita quotidiana di una comunità. La sua missione è alternativa alle logiche del mondo: si prende sulle spalle le relazioni ferite, attraverso il servizio brucia le sue ambizioni di carriera e di potere, fa un rogo della tentazione di pensarsi come un “devoto” chiuso in uno sterile spiritualismo.

La vita quotidiana del prete non ha un’agenda da difendere, perché normalmente il lasciarsi incontrare dalla gente scrive o manda all’aria la sua agenda. “Così, il nostro sacerdote non è un burocrate o un anonimo funzionario dell’istituzione; non è consacrato a un ruolo impiegatizio, né è mosso dai criteri dell’efficienza”. Non cerca titoli onorifici, non lega a sé le persone e proprio per questo si rende credibile agli occhi del suo popolo. È costruttore di pace e di riconciliazione, strumento della misericordia e della tenerezza di Dio.

Per Francesco il quotidiano del prete è luogo teologico: rivela la bellezza della presenza di Dio, la sua cura e vicinanza nei confronti dell’umanità, specialmente quella ferita ed emarginata. Questa descrizione del ministero permette di capire quanto sia decisiva per la spiritualità del prete il  sentirsi partecipe della Chiesa. Suo tratto distintivo è la comunione. Abbandona la tentazione dell’autoreferenzialità e ritrova la sua vitalità nel cenacolo del presbiterio. La frequentazione dei confratelli accresce la stima reciproca, favorisce la fraternità. “La comunione è davvero uno dei nomi della Misericordia”.

Qui si radica il discorso sulla gestione delle strutture e dei beni economici. Come insegnano i discorsi missionari di Gesù, il prete evita di appesantirsi in una pastorale di conservazione, che sembra avere i giorni contati in quanto chiusa alla perenne novità dello Spirito. Sobrietà ed essenzialità portano a mantenere solo “ciò che può servire per l’esperienza di fede e di carità del popolo di Dio”. Non si tratta di buttare le risorse che ci sono, ma di spenderle al servizio della qualità della fede del popolo. L’appartenenza al Regno di Dio aiuta ad amare la terra, a non stare con il piede alzato, a non vivere da calcolatori che non sanno rischiare nulla.

La spiritualità tracciata da papa Francesco alla Chiesa italiana non è un esercizio astratto di moralismo o di dottrina sul ministero presbiterale. È un invito, invece, a leggere tra le pieghe del cambiamento d’epoca una straordinaria possibilità di vivere i fondamentali della fede e del servizio alla Chiesa e al Regno. Il quotidiano parla e rivela l’opera dello Spirito che anticipa, protegge e consola. Il vangelo dichiara allergia sia verso l’uomo solo al comando sia verso l’uomo che si costruisce da sé (self-made man) sia verso il superman-salvatore della patria-parrocchia. Molto meglio un’offerta gratuita, umile e gioiosa nella concretezza delle relazioni. Là dove pulsa la vita…

don Bruno Bignami

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