La “Pacem in terris” e il bisogno di pace oggi: incontro nel ricordo del vescovo Tonino Bello e di Papa Giovanni XXIII

L'evento è stato promosso il 18 maggio a Cremona da Acli e Pax Christi insieme all'Ufficio diocesano per la Pastorale sociale e del lavoro

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Era l’aprile del 1963 quando Papa Giovanni XXIII, in pieno Concilio Vaticano II, scriveva la sua ottava enciclica che intitolava “Pacem in terris”, la prima nella storia della Chiesa a essere indirizzata, oltre che al mondo cattolico, a “tutti gli uomini di buona volontà”. Una ventina d’anni più tardi, nel 1985, assurgeva al ruolo di presidente di Pax Christi un giovane sacerdote chiamato don Tonino Bello, pugliese d’origine ma uomo con il mondo negli occhi e la capacità, già allora piuttosto rara, di sognare un mondo non violento, un mondo in pace.

Queste due figure, apparentemente lontane tra loro ma unite dall’amore per il Vangelo e dall’operosità nel realizzarlo, sono state al centro dell’incontro “In piedi costruttori di pace”, che si è tenuto giovedì 18 maggio presso il Centro pastorale diocesano di Cremona e che ha visto tra i relatori Carla Bellani per Pax Christi Cremona e l’assistente ecclesiale delle Acli provinciali di Cremona don Antonio Agnelli. L’evento è stato promosso in collaborazione con la Pastorale sociale e del lavoro della Diocesi, che ha visto la presenza dell’incaricato diocesano Eugenio Bignardi.

«Don Tonino Bello è stato paladino di tante battaglie per la pace – ha introdotto Bignardi –. In tutta la sua vita ha denunziato le cause che producono la fame e si è schierato contro le spese militari e a favore dell’obiezione di coscienza». E per questa sua operosità alla causa della pace Papa Francesco lo ha dichiarato venerabile il 25 novembre 2021 e la Congregazione delle cause dei santi ne ha avviato il processo di beatificazione. Ha proseguito Bignardi: «Nella “Pacem in terris”, che oggi andremo ad attualizzare, la pace è vista come conquista, che richiede lotta e tenacia e non tollera atteggiamenti sedentari. La pace non ha nulla da spartire con la banale vita pacifica, perché al contrario è un cammino e un cammino in salita». Al termine del suo intervento Bignardi ha chiesto di fare un minuto di silenzio in ricordo delle vittime delle alluvioni in Emilia-Romagna e di tutte le vittime del giorno a causa della guerra in Ucraina e in tutti i conflitti in corso nel mondo.

A don Antonio Agnelli, invece, è stato affidato il compito di rileggere l’enciclica “Pacem in terris” alla luce di quanto avviene oggi nel mondo e della deriva militare a cui si sta assistendo. Due i passaggi fondamentali del suo intenso intervento. La contestualizzazione della nascita dell’enciclica e gli strascichi che ha lasciato.

«Papa Giovanni XXIII redige la “Pacem in terris” – ha ricordato il sacerdote – l’11 aprile 1963, a due anni dalla costruzione del Muro di Berlino e a sei mesi dall’inizio della crisi di Cuba, quando il mondo sarà sull’orlo di un olocausto, non ancora del tutto scongiurato nemmeno oggi». E lo fa perché è convinto che «nel cuore umano esista una scintilla di pace, che può e che deve emergere a livello della ragione, per diventare strumento con cui lavorare ad un mondo migliore». Nonostante, infatti, siano molte le aggressioni ai diritti umani in essere già all’uscita del testo, Papa Giovanni riconosce “i segni dei tempi” quali avvenimenti che narrano di una sensibilità in crescita su determinati aspetti del sociale. Ne sono esempio la coscientizzazione dei lavoratori, o l’accresciuto ruolo della donna nella società, o la sensibilità che cresce tra i popoli perché le contese si risolvano nel negoziato e non nel conflitto. Alla cui base vi è il valore inalienabile della dignità della persona.

«Questi segni proiettano il Papa nell’avere fiducia che un mondo di pace è possibile – ha proseguito don Agnelli –. Anche là dove ci sono contraddizioni, queste sono considerate “sporgenze utopiche necessarie”, finalizzate nella storia dell’umanità a creare condizioni per cui lottare».

Quelle che, qualche decennio dopo, verranno chiamate “utopie realistiche che sono alla nostra portata” da un altro segno dello spirito che aleggia nella Chiesa, il cardinale Carlo Maria Martini.

«I cristiani, dunque, devono lavorare dentro alla storia anche con i non credenti per costruire un mondo migliore, alla luce della “Pacem in terris”», ha concluso don Agnelli. «Perché la pace per Papa Giovanni si fonda su verità, giustizia, amore e carità, che sono presenti nel cuore di ogni uomo e donna».

Il secondo intervento è stato affidato invece a Carla Bellani, che nella sua lunga permanenza in Pax Christi ha avuto l’onore di conoscere e condividere un pezzo di cammino con don Tonino Bello, alla presidenza dell’associazione dal 1985 al 1992. Erano gli anni delle grandi campagne che don Bello conduceva con una parte della società civile al suo fianco. Da quella contro i venditori di armi del 1989, che portò all’approvazione della legge 185/1990 finalizzata al controllo sull’esportazione delle armi a Paesi con conflitti in corso; alla dichiarazione che invitava i cittadini a prendere posizione contro l’invasione dell’Iraq del 1991 ad opera degli Stati Uniti d’America. E poi l’accoglienza della popolazione albanese durante lo sbarco di 20mila persone nel 1991 al porto di Bari. Fino alla marcia sulla Sarajevo assediata durante la guerra degli anni ’90 quando, nel 1992 con 500 pacifisti, don Bello entrava nella capitale bosniaca sfidando i cecchini, per portare una proposta di pace ideata dal gruppo del professor Papisca dell’università di Padova.

«Con quel movimento di persone e di idee che don Tonino definì “l’ONU dei poveri”, abbiamo sperimentato che ci sono alternative alla logica della violenza – ha detto la Bellani –. Dobbiamo promuovere queste forme di utopia altrimenti non saremo le sentinelle profetiche che annunciano cieli nuovi e terre nuove».

Diverse le eredità a lungo termine lasciate dal sacerdote pugliese, che sono state elencate a termine dell’incontro. Tra cui vengono ricordate il percorso di pace istituto da “Europe for Peace”, coalizione composta dalla società civile internazionale europea che si riunirà il prossimo giugno a Vienna per richiedere una conferenza di pace internazionale che poni fine al conflitto in Ucraina, a nome di una società italiana e internazionale che svolge attività di non violenza attiva. O ancora la campagna internazionale per la messa la bando delle armi nucleari, che nel 2017 ha ricevuto il Premio nobel per pace e che è emanazione di “Italia ripensaci”. O ancora le azioni promosse da Banca Etica, ACLI, Tavola della Pace di Cremona che nei prossimi mesi verranno realizzate anche nella nostra provincia.

«Queste esperienze di non violenza attiva – ha concluso la Bellani – traggono spunto da don Tonino Bello e sono “i segni dei tempi” di cui parlava Papa Giovanni XXIII».

 

Sara Pisani
TeleRadio Cremona Cittanova
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