“In the world but not of it”, gli scatti del canadese Tim Smith in mostra al Museo diocesano

Il 3 febbraio presentata l'esposizione che documenta lo stile di vita e i costumi delle comunità anabattiste hutterite presenti fra l’America del Nord e il Canada

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Un dialogo tra opere d’arte, un dialogo tra culture diverse, un dialogo tra idee del sacro differenti. La mostra fotografica “In the world but not of it” firmata dal canadese Tim Smith e inaugurata sabato 3 febbraio presso gli spazi espositivi del Museo diocesano di Cremona è una proposta culturale che è una sfida. Un invito a vivere «la contaminazione tra le opere esposte nel museo e una cinquantina di foto che documentano lo stile di vita e i costumi delle comunità anabattiste hutterite presenti fra l’America del Nord e il Canada», come ha spiegato don Gianluca Gaiardi, incaricato diocesano per i Beni culturali.

L’esposizione, pensata con il Festival della fotografia etica di Lodi (al taglio del nastro era presente anche l’assessore alla cultura di Lodi, Francesco Milanesi) è una sequenza di luce, colori, volti, catturati «attraverso un progetto durato quindici anni, periodo durante il quale – spiega la curatrice Laura Covelli – il reporter canadese ha incontrato le comunità anabattiste, ha vissuto con loro, ha intrecciato relazioni con i membri di questi gruppi per raccontarli».

Una narrazione sincera che racconta la vita quotidiana di persone che hanno scelto di vivere quel versetto del capitolo 15 di Giovanni in cui si chiede all’uomo di stare nel mondo, ma di non farsi sopraffare dalle cose o dalle logiche terrene, spesso distorte. Ne esce un ritratto onesto, scevro di pregiudizi. Scorrendo le foto si scoprono abitudini e stili di vita di piccole comunità (di circa 200 persone ognuna, appartenenti a una ventina di famiglie numerose) che vivono in equilibrio tra natura incontaminata ed esigenze della modernità. Si muovono con i cavalli e vivono in maniera essenziale, usano il cellulare con parsimonia e coltivano per raggiungere l’autosufficienza. Ma vi si legge anche un mondo dove «dialogo e lentezza – come ha commentato il direttore del Festival della fotografia etica Alberto Prina – costringono anche noi ad andare in profondità, a scoprire l’umano». A scoprire che cosa significhi prendersi cura degli altri (uno scatto racconta l’alternarsi delle donne a casa di una più anziana che non può muoversi), condividere momenti di relax e divertimento insieme (una foto vede gli adulti impegnati in giochi di gruppo), sedersi tutti alla stessa tavola (pranzo e cena vanno condivisi tra tutti gli adulti della comunità, solo la merenda dopo la scuola è vissuta come momento esclusivamente familiare).

I colori delle praterie sono lo sfondo di un mondo apparentemente semplice, dove i ragazzi si muovono a piedi nudi, le donne si cuciono abiti colorati, dove gli interni delle case sembrano tutti uguali. Dove (il gesto non viene eseguito solo in chiesa) la preghiera è parte integrante del quotidiano.

«Abbiamo scelto – spiega Stefano Macconi, curatore del Museo diocesano – di mettere una fotografia nella sala del camino in dialogo con la crocifissione del Boccaccio Boccaccino. Il gesto della Vergine e di Giovanni, in quel quadro così noto ai cremonesi, si interfaccia con le mani giunte di due coniugi anabattisti che pregano nella loro cucina». Mani intrecciate, parole che dalla terra salgono al cielo, un dialogo con Dio ma, vista la disposizione della mostra, anche tra professioni religiose diverse e tra forme d’arte (pittura e fotografie) apparentemente lontane tra loro.

La mostra resta aperta fino al 7 aprile, consentendo al visitatore non solo di avvicinarsi a un mondo per lo più sconosciuto, quello delle comunità anabattiste hutterite presenti fra l’America del Nord e il Canada, ma anche di scoprire fili rossi tra arte sacra antica e arte contemporanea.

Maria Chiara Gamba
TeleRadio Cremona Cittanova
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