Il Vescovo con i giornalisti in ascolto di una «parola che guarisce»

Alla vigilia della Giornata mondiale delle comunicazioni sociali a Palazzo vescovile l’incontro diocesano con gli operatori dei media guidato dalla riflessione di don Mattia Magoni

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«La comunicazione inizia dall’ascolto della Parola che è vita». Ed è da qui, dalla vita, da una narrazione di qualità del quotidiano che è partita la riflessione del vescovo di Cremona, Antonio Napolioni, sul messaggio del Papa per 56ª Giornata mondiale delle comunicazioni sociali. Una mattinata di dialogo, quella di sabato 28 maggio, a palazzo vescovile, tra monsignor Napolioni, don Mattia Magoni, responsabile delle comunicazioni sociali della diocesi di Bergamo, e i giornalisti che operano sul territorio cremonese. Un incontro (dopo due anni di stop dovuto alla pandemia) che, sulla scorta delle parole di Papa Francesco, si è fatto ascolto reciproco, scambio di opinioni, ma soprattutto «opportunità di confronto e aggiornamento e formazione professionale», come ha dichiarato, introducendo l’evento, Riccardo Mancabelli, responsabile delle comunicazioni in diocesi. Perché parlare, per ogni adulto e formatore e, a maggior ragione, per un giornalista, vuol dire prendere coscienza del potere delle parole, «potere di trasformare chi si fa raggiungere, potere di appianare i conflitti, dare speranza, ma anche di ferire», come ha spiegato Magoni, che ha guidato la riflessione.

Ed ecco allora che prima di parlare bisogna ricordare quale grande valore ha la parola e da dove le venga quel potere. «L’ascolto – ha continuato Magoni – è il farmaco che guarisce le nostre parole» e che davvero consente loro di essere, a loro volta, strumento di guarigione per chi le raccoglierà. «Ascoltare con l’orecchio del cuore», come ha scritto il Papa, è allora la strada maestra. Si può davvero sfruttare il potere salvifico delle parole, solo se si è in grado di ascoltare. In fondo ascoltare e parlare sono due verbi strettamente legati. Don Magoni ha ricordato come i greci avessero un unico termine (kofos) per indicare chi era sordo e chi era muto, perché in fondo le parole vere, generatrici e creative, nascono da un precedente ascolto. A questo punto della riflessione il responsabile delle comunicazioni di Bergamo ha chiarito in che cosa consista il vero ascolto: un esercizio di alterità, un gesto di gratitudine e una vera e propria immersione in ciò che si ascolta, si vive e si racconta. Prima di tutto, un gesto di alterità non facile in un tempo segnato dai social, dove «l’altro non esiste, ma si cerca un’affermazione del sé». Un esercizio di gratitudine perché ciascuno è «una trama» di parole e cultura che altri ci hanno donato e che abbiamo il compito di donare. E infine un atto di immersione in quello di cui, dopo aver ascoltato, parleremo.

Ascolta la relazione di don Mattia Magoni

Un’azione complessa dunque quella dell’ascolto con l’orecchio del cuore. Un ascolto che la Chiesa invita a fare a partire dalla Parola, da se stessi, dagli ultimi e dalla comunità, come suggerisce la scansione del messaggio del Papa per le comunicazioni sociali. E la Chiesa deve essere la prima ad aprire «l’orecchio del cuore». Per questo quella cremonese «riparte dall’abc del comunicare – ha commentato Napolioni – anzi dalla A: ascoltare, accogliere, annunciare e accettare anche un’esperienza di vulnerabilità per poter guarire se stessa e guarire con le parole».

Ascolta l’intervento del vescovo Antonio Napolioni

Un messaggio su cui riflettere e su cui si sono susseguiti alcuni interventi, concludendo poi con una visita al nuovo museo diocesano, capace di comunicare bellezza con le immagini, lasciando i visitatori in silenzio con le parole.

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Maria Chiara Gamba
TeleRadio Cremona Cittanova
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