«I volti della misericordia» in famiglia. Gremito il Museo del Violino per il convegno che ha anticipato la festa di domenica

Venerdì 20 maggio nell'auditorium Giovanni Arvedi si è tenuta una serata di riflessione e testimonianze con don Maurizio Compiani e alcune coppie che hanno vissuto particolari situazioni

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Una serata per guardare ai “volti della misericordia”: meditando brani biblici, elevati dalla musica, aiutati da momenti teatrali e testimonianze di famiglie, ascoltando, annusando e pregando. È iniziata così la seconda Festa diocesana della famiglia, anticipata nella serata di venerdì 20 maggio dall’inedito convegno organizzato presso l’auditorium Giovanni Arvedi del Museo del Violino di Cremona.

A introdurre la serata, iniziata un po’ in ritardo a motivo del continuo afflusso di persone che hanno gremito l’intera sala, è stato don Giuseppe Nevi, responsabile dell’Ufficio diocesano per la pastorale familiare, promotore dell’evento. Il sacerdote ricordando il titolo della Festa 2016 – “La famiglia tra promessa, fedeltà e perdono” – ha voluto sottolineare la caratterizzazione di questa seconda edizione, che guarda al cammino vissuto da ogni famiglia nella propria esperienza di vita. «Tutto nasce – ha spiegato – dalla promessa di essere fedeli che incrocia inevitabilmente la strada del perdono». Amore che, per una famiglia cristiana, si ispira a quello di Cristo per la Chiesa: «È il suo infatti – ha detto ancora Nevi – l’amore fedele alla promessa e capace di perdono. È il suo l’amore che assume anche il volto della misericordia».

Poi si è entrati nel vivo della serata con il trombettista Roberto Rigo che dal pubblico ha intonato “Amazing grace” (grazia meravigliosa), uno dei più famosi inni cristiani in lingua inglese del ‘700. Un brano proposto insieme alla compagnia teatrale “Gard Art” con la voce di Laura Gambarin e al pianoforte Gianluigi Della Torre.

Proprio partendo da questo gospel e con riferimento alla vicenda del pastore anglicano John Henry Newton, un tempo capitano di navi negriere, il biblista cremonese don Maurizio Compiani ha iniziato ad accompagnare i presenti in un excursus biblico teso a mostrare i vari volti della misericordia di Dio. E il riferimento, con la mente e l’orecchio al suono della tromba e dell’antico corno ebraico, è naturalmente andato al Giubileo.

Dalla storia di Abramo a quella di una famiglia di oggi, raccontata da Cristiano Guarneri. Sua moglie Silvia a motivo della gravidanza non ha potuto essere presente. In arrivo il quinto figlio: anche se dei primi quattro tre sono stati accolti in affido e uno adottato. Parola d’ordine «gratuità», ricevuta nella propria esperienza di fede e ridonato nella vita di ogni giorno. Guarneri, che ha messo in guardia da un’idea di misericordia del dare-ricevere, raccontando di una vicenda vissuta in famiglia, ha sottolineato la necessità di «appartenere» a Qualcuno.

Poi un intermezzo musicale, con Laura e Gianluigi che hanno proposto il canto “Come ti ama Dio”. La domanda ripresa subito dopo da don Compiani, che ha subito voluto sgomberare il campo da ogni malinteso, togliendo dal concetto di misericordia ogni melassa pietosa che vuol guardare alla famiglia sul modello immaginario del Mulino Bianco. E allora l’attenzione è andata alla Sacra Famiglia, «icona della famiglia nella sua non normalità». Storie di differenti percorsi di fede che si intrecciano in una singolare storia d’amore.

Misericordia meravigliosa, ma anche faticosa. Lo ha ben evidenziato la lettura della storia di Giona fatta da Laura Gambarin. Un intenso monologo ricco di spunti di riflessione. La vicenda di un profeta attraverso il cui rifiuto a Dio il Signore riesce a ottenere conversioni, un uomo che vorrebbe un dio più vendicativo che colmo di perdono. Giona che si arrabbia per la misericordia di Dio.

Dopo l’esecuzione di un adagio per tromba e organo di Telemann, al centro della scena la storia di Monica e Giampietro Varasi, di Casalmaggiore. Nel 1993 le nozze in chiesa, ma solo per tradizione, considerando che lui non aveva neppure fatto la Cresima. Dopo la nascita del figlio Alessandro la chiesa è frequentata solo per le tappe d’obbligo. Ma tutto cambia dopo che nel 2011 l’unico figlio viene investito e muore. È il buio più profondo, eppure questa «croce pesante ci ha aperto il cammino di fede. È stato Cristo a venirci incontro». Nelle loro parole il ricordo di un cammino faticoso, ma anche fatto di gioia. Portato avanti grazie al sostegno dell’allora parroco don Alberto Franzini e di suor Maria, dei nuovi amici conosciuti, ma anche di quelli persi perché non in grado di capere questa conversione.

«Ricevere misericordia da Dio non è una passeggiata di primavera, ma una strada in salita e faticosa», ha quindi ripreso don Compiani richiamando la vicenda dei coniugi Varasi e di Giona nelle quali le certezze personali sono da una parte e Dio con la sua misericordia da un’altra. «Questione di pancia», ma anche di tre giorni di oscurità che trasformano la vita e da cibo per pesci ne fanno sacramento vivente.

Quindi ancora musica, con “La cura” di Battiato proposta mentre nell’aria si spandeva profumo di incenso, richiamo tangibile al profumo di misericordia.

I riflettori si sono quindi puntati su Silvia e Giovanni Mazzoni: una storia di matrimonio come tante altre, fatte di figli, attese e pretese vicendevoli. Poi le delusioni, il dialogo che si incrina e le discussioni, fino alla decisione della separazione. Sedici mesi che hanno ribaltato le loro vite, li hanno messi in discussione, ma hanno anche permesso di dare il giusto nome alle cose. Questo anche grazie a una «Chiesa che non mi ha mai indicato compromessi, ma ricondotto all’Unico che non tradisce», ha spiegato lei: «Non ero più quella di prima e allora per lui sono tornata affascinante». Una storia a lieto fine, perché è cambiato lo sguardo: «Stando con Dio – ha detto ancora Silvia – ho imparato a stare con Giovanni». Due strade che si sono rincontrate alla luce della misericodiadia di Dio, imparando che «ogni giono possiamo decidere di amarci».

Anche qui un parallelo biblico, con la vicenda dell’adultera del Vangelo proposta da Gambarin in un altro monologo.

È quindi stato ancora don Compiani a tirare i fili del discorso con tre parole d’ordine, le stesse che hanno da titolo a questa seconda festa della famiglia: promessa, fedeltà e perdono.

Un ulteriore spunto è arrivato dalla “preghiera della domenica mattina” tratta dal diario che Etty Hillesum, scrittrice olandese di origine ebraica vittima della Shoah, scrisse ad Amsterdam tra il 1941 e il 1943.

Una vicenda nella quale vi è quasi uno scambio di misericordia nel disperato proposito di soccorrere Dio, come per Abramo che mercanteggia la salvezza del suo popolo. Basta un solo giusto a salvare il mondo. E con lo sguardo indirizzato alla Croce ecco le parole dell’apostolo Paolo: “Dio infatti ha rinchiuso tutti nella disobbedienza, per usare a tutti misericordia!”. Sino a tornare al suono del corno e della tromba, riportando all’inizio della storia e all’oggi, con la grazia meravigliosa del Giubileo della Misericordia.

Così la conclusione è stata riproponendo ancora “Amazing grace”, interpretato anche grazie all’inserimento di alcuni voci tra il pubblico e degli spettatori.

L’ultima parola, prima dell’arrivederci a domenica per la seconda Festa diocesana della famiglia, è stata quindi del vescovo Antonio che, esprimendo la propria gioia e gratitudine per la serata, ha richiamato l’attenzione alla forma dell’auditorium: un grande violino, «a forma di grembo di donna e non del ventre di un pesce». «Siamo nel grembo di Dio e della Chiesa – ha affermato mons. Napolioni – e siamo nel venerdì: il terzo giorno verremo alla luce anche noi. E allora ci auguriamo che questo prologo alla festa di domenica possa contagiare tanti altri nella gratitudine perché la misericordia si è fatta carne, si è fatta famiglia e si farà ancora più carne e famiglia se noi daremo una mano a Dio, misericordia infinita».

 

Photogallery della serata

 

La lettera di invito del vescovo Antonio

Locandina della Festa della famiglia 2016

Domenica il concerto-testimonianza dei The Sun

La conferenza stampa di presentazione della festa

L’intervista a don Giuseppe Nevi

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