Grande successo per il «Canto di misericordia» di Mantovani

L'opera è stata presentata venerdì 8 aprile in Cattedrale dal Coro Polifonico Cremonese

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Ci sono pagine musicali che hanno un significato che supera (pur senza limitarlo) quello formale, estetico ed artistico. Brani, come il “Canto di misericordia” scritto (tanto come musica quanto come testi) e diretto da Federico Mantovani ed interpretato, in prima esecuzione assoluta, venerdì 8 aprile in Cattedrale, dal Coro Polifonico, sono capaci di accompagnare nella riflessione e nella elevazione spirituale.

Perché la composizione del maestro di San Giovanni in Croce, in quel continuo altalenante fluire fra ammissione della miseria dell’uomo e speranza nella misericordia di Dio che salva, rappresenta uno spazio dell’anima così profondo ma proprio di ogni uomo fino a diventare assoluto. Nelle dieci sezioni in cui si articola il “Canto” ci si trova ad essere inebriati da una solennità vibrante e trepida, occasione costante riflessione dinnanzi al mistero divino. Il compositore, scopertamente, sembra rivolgersi, con coinvolgente passione, ad ogni ascoltatore.

Lo fa con un linguaggio personale e modernissimo. La scrittura di Mantovani (compositore dal talento davvero cristallino), negli anni, si è fatta più elegante e ricca, pur senza rinunciare ad una capacità comunicativa immediata. Ci sono “citazioni” colte, come certi passi degni dei corali bachiani, o quei richiami più sottili ad Haydn, fino a quell’espressività lirica da accostare ai contrasti netti della (migliore) musica da film. O, ancora, un equilibrio sapiente, tra i passi recitati, gli spazi dei solisti e il coro.
Il compositore illumina le profondità dell’animo umano, arriva alla radice dell’esistenza e alla speranza della fede. Dove ciascuno si sente (citando il passo di Don Mazzolari poi ripreso anche da mons. Napolioni) “l’eterno mendicante dell’amore di Dio”. C’è, insomma, una misericordia che (come insegna Papa Francesco) scende nel mondo come una rugiada che vivifica e rafforza”. Un sentimento che mons. Lafranconi ha invitato a lasciar entrare nella esistenza di ogni cristiano.

L’ensemble cremonese sublima l’esecuzione da mera esibizione declinandola nei toni più intimi e nell’emergenza sentimentale di elevazione spirituale. Bravissimi i solisti: il soprano Federica Zanello, il mezzo soprano Nadya Petrenko, il tenore Cosimo Vassallo e il baritono Valentino Salvini. La quinta voce solista è proprio quella del coro. Il Polifonico è, dunque, il vero protagonista del concerto, nei momenti dedicati ma anche laddove concerta, mantenendo propria indipendenze, con i solisti. Così come perfetta è la prova della orchestra Marc’Antonio Ingegneri, con in bella evidenza non solo Antonio del Lorenzi, violino di spalla, e Marco Ruggeri all’organo ma tutte le sezioni, dai già citati fiati al violoncello nella sezione “L’abbraccio del Padre) o le percussioni.

Questo dialogo, che coinvolge anche la voce recintante di Alberto Branca, è la cifra stilistica dell’opera, si risolve in un finale (interpretato da tutti) con “le parole di luce e di amore” di San Giovanni della Croce. La distribuzione di soli e coro, così come il rapporto tra voci e orchestra, rende l’espressione disciplinata da un ordine di segno spirituale. L’istinto teatrale d’altra parte fa evitare a Mantovani il rischio di appiattire il carattere del lavoro sul tono patetico, alleggerendo la tensione al momento opportuno, portando in ogni momento luce e freschezza, simbolo di amore e speranza. Il risultato un universo sonoro vivo, pulsante e coinvolgente al punto da concludersi con il pubblico tutto in piedi ad applaudire. Proprio perché il carattere intimo del “Canto” incontra quasi in un momento di invocazione la coscienza dell’uomo, consapevole che la sofferenza di ogni creatura è rispecchiata in quella del Cristo. Un invito palpitante (in questo anno del Giubileo) ad aprire il cuore alla Misericordia e ad affidarsi all’amore di Dio”.

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Presentazione della composizione

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