Giorno dell’Ascolto, iniziata la due giorni di formazione per gli animatori a Caravaggio (VIDEO)

Al Santuario di Caravaggio la due giorni per gli animatori delle giornate dell'ascolto dela Parola con l'intervento di don Antonio Torresin

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<Ritengo questo momento molto importante per la nostra comunità, è una scelta di metodo per diventare comunità adulta capace di vivere come insegna san Paolo: “Tutto io faccio per il Vangelo, per diventarne partecipe anch’io”>.

Con queste parole, citando l’Apostolo delle genti, il vescovo Antonio ha introdotto presso il Centro di spiritualità del Santuario di Caravaggio, durante i vespri di venerdì 11 settembre, la prima delle due giornate di formazione per gli animatori delle Giornate dell’ascolto che scandiranno, settimana dopo settimana, il passo delle comunità nel nuovo anno pastorale.

<Nella Parola di Dio – ha detto monsignor Napolioni – c’è la luce per la mente e per il cuore che come Chiesa vogliamo non solo custodire e celebrare, ma accogliere e anunciare in un rinnovato slancio di sequela e di missione>.

<L’obiettivo di questo incontro – ha poi introdotto don Gianpaolo Maccagni, vicario per la pastorale – non è quello di organizzare o pianificare, ma di aiutarci in un cammino di discernimento di un’esperienza faticosa che ha interessato il mondo intero e anche le nostre comunità alla luce della Parola>

A proporre un accompagnamento a questo percorso di discernimento è stato don Antonio Torresin, parroco di San Vito al Giambellino, parrocchia milanese dove ha iniziato un cammino di lettura e discernimento del periodo della pandemia partendo dall’ascolto della Scrittura con un discorso che va dalla comprensione e dall’interpretazione della realtà alle sfide della pastorale.

Così all’inizio del suo intervento di fronte ai circa 150 iscritti alla due giorni di formazione, don Torresin richiama le domande di Gesù e la domanda di Dio che chiede all’uomo dell’Eden “Dove sei?”: <Tutto comincia così – ha riflettuto il sacerdote milanese -, se ci lasciamo interrogare dalla vita: è così che Dio parla, la sua parola è dentro gli eventi. Per questo chiederci “Che cosa sta accadendo” è l’inizio di un discernimento che è importante fare insieme. La sapienza nasce da una lettura condivisa, l’unica che può avere una presa sulla realtà>.

Nel suo intervento don Torresin attraversa la lettura del trauma, la rottura del normale flusso della vita come una <frattura da cui può nascere qualcosa di nuovo>. Un passaggio che chiama alla riflessione e spinge verso il cambiamento. Anche nella vita delle comunità cristiane e nelle strade della pastorale. <Le pratiche della nostra pastorale erano già in crisi; serviva un trauma, ma non basterà questo senza una vera conversione personale. Se ciascuno non inizierà da sé a non essere come prima. A capire cosa questo tempo mi sta chiedendo come conversione. Ci è data l’opportunità – ha aggiunto – di ripensare alle pratiche pastorali delle nostre comunità>.

Su questo piano sono diversi i punti cruciali della riflessione, dalle domande sollevate dalla sospensione delle celebrazioni all’urgenza della carità, passando per il primato e il metodo della Parola.

<La cosa più preziosa che possono fare le nostre comunità – ha suggerito don Torresin – è creare incontri, luoghi, relzioni dove di nuovo le persone possano raccontare la vita. Perché quando c’è questo poi lo Spirito sa parlare, si trovano le parole dell’annuncio… La luce del Vangelo è il racconto: dispiega la vita e tu nella vita leggi il Vangelo>.

Guardando alla vita e all’esperienza dell’epidemia il relatore ha invitato a guardare alle fragilità anche inattese che sono emerse e che chiamano ad un rinnovato slancio di cura. Quelle delle povertà, delle solitudini e anche quella – non banale – <delle istituzioni>: <Non lasciamoci travolgere dalla deriva del rancore. Se le istituzioni sono fragili bisogna che qualcuno se ne prenda cura. La comunità ha il compito di ristabilire un’alleanza per ricucire il tessuto sociale>.

Non è mancato un riferimento alla comunicazione tecnologica, al virtuale e ai nuovi linguaggi.

<C’è una vita spirituale nelle città che noi non riusciamo a intercettare. Se le chiede sono vuote significa che i fedeli sono fuori. Dobbiamo imarare a diventare compagni di viaggio di quei credenti che non sono praticanti. Questo lockdown – ha concluso – ci ha messo in condizione di doverci prendere cura della fede oltre i confini delle nostre comunità, trovando qualche sentiero per essere Chiesa in uscita>.

Il video integrale

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TeleRadio Cremona Cittanova
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