Don Bignami sull’Amoris Laetitia: «Colpisce il bagno di concretezza che il Papa ci fa compiere»

La presentazione dell'esortazione apostolica di Francesco da parte del teologo morale e presidente della Fondazione Mazzolari di Bozzolo

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Pubblichiamo una presentazione dell’esortazione apostolica «Amoris Laetitia» di Papa Francesco preparata da don Bruno Bignami, sacerdote cremonese, teologo morale e presidente della Fondazione Mazzolari di Bozzolo.

«Camminiamo, famiglie, continuiamo a camminare!» (AL 325). L’esortazione apostolica Amoris Letitia (AL) di papa Francesco è frutto di un cammino sinodale lungo due anni e si propone di rimettere in cammino le famiglie, la pastorale, le comunità, la Chiesa tutta.

Il sottotitolo dell’esortazione è significativo: «Sull’amore nella famiglia». A differenza di Familiaris consortio (FC, 1981) di Giovanni Paolo II, più centrata sulla famiglia, in AL l’attenzione del magistero è rivolta specialmente all’amore umano. Francesco prende per mano la comunità cristiana a gustare la bellezza dell’amore. Non nasconde la crisi matrimoniale odierna e tutte le fragilità che la famiglia incontra, ma cerca di sviluppare una teologia dell’amore che porti a una maggiore consapevolezza del dono ricevuto nell’esperienza familiare: un amore capace di consegnarsi, spendersi e generare fecondità. Dei nove capitoli di cui è composta l’esortazione, sicuramente meritano una considerazione particolare il quarto, il sesto e l’ottavo, vere e proprie perle incastonate nell’intero gioiello del documento.

Colpisce il bagno di concretezza a cui forse siamo poco abituati e che invece ci fa guardare alla pastorale familiare sotto un’ottica nuova. Sia ben chiaro, l’esortazione non ha intenti dottrinali. Chi cercava stravolgimenti è rimasto deluso. Neppure chi cercava ripetizioni, però, è stato accontentato. AL è un approfondimento circa la consapevolezza che tutti i preti hanno nel loro contatto con le situazioni quotidiane della famiglia, e cioè che «nessuna famiglia è una realtà perfetta e confezionata una volta per sempre, ma richiede un graduale sviluppo della propria capacità di amare» (AL 325).

 

ANALISI DEI SINGOLI CAPITOLI

Il primo capitolo sulla Parola di Dio considera il messaggio cristiano sulla vita sponsale. I temi del significato unitivo e procreativo dell’unione coniugale, con un chiaro riferimento alla differenza sessuale, sono affermati in principio del documento (nn. 9-11), quasi a rassicurare da timori dottrinali. Il n.11 sviluppa il rapporto tra la comunione di vita familiare e la Trinità.

Nel secondo capitolo il Papa preferisce assumere lo sguardo della fede piuttosto che una semplice lettura sociologica. Si chiede perciò se non si è corso troppo il pericolo di presentare un ideale teologico del matrimonio, «quasi artificiosamente costruito» (AL 36), ma lontano dalla realtà, astratto e incapace di cogliere le effettive possibilità delle persone. In verità, «siamo chiamati a formare le coscienze, non a pretendere di sostituirle» (AL 37). Sprecare un’infinità di energie per difendersi e moltiplicare gli attacchi al mondo decadente ha impoverito la capacità propositiva. La cura della Chiesa dovrebbe rivolgersi verso la disponibilità ad accompagnare, consolare, integrare, offrire misericordia. Il problema nasce quando, «invece di offrire la forza risanatrice della grazia e la luce del Vangelo, alcuni vogliono “indottrinare” il Vangelo, trasformarlo in pietre morte da scagliare contro gli altri» (AL 49). Le questioni sul tappeto sono sotto gli occhi di tutti: la cultura chiusa al matrimonio e alla vita, il calo demografico, lo sfruttamento sessuale, la sfida educativa, il riconoscimento giuridico delle unioni di fatto, la poligamia, il non riconoscimento della donna anche attraverso la pratica dell’utero in affitto, l’ideologia gender, la manipolazione della procreazione. Tutto tremendamente vero. Lo sguardo di fede, però, aiuta a capire che «le realtà che ci preoccupano sono sfide» (AL 57). La trappola in cui non bisogna cadere è quella di esaurirci in lamenti autodifensivi al posto di sposare una «creatività missionaria».

Se la terza parte descrive la vocazione della famiglia assumendo lo sguardo di Cristo e sostando sul fecondo rapporto tra Cristo e la Chiesa, il capitolo quarto illustra l’amore nel matrimonio a partire dall’inno della carità di 1Cor 13,4-7. Il commento fa dialogare esegesi, spiritualità e introspezione psicologica. Sono pagine di rara intensità, che permettono di illuminare la bellezza dell’amore e la verità dell’esclusività indissolubile. Infatti, «chi è innamorato non progetta che tale relazione possa essere solo per un periodo di tempo» (AL 123). L’apertura al definitivo non ha una motivazione estrinseca o legalistica, ma interna: è propria dell’amore umano l’apertura al definitivo. Il valore del tempo getta luce sul dialogo come elemento indispensabile per vivere la vita coniugale e sulla positività del mondo delle emozioni, che però vanno educate e sottoposte a un attento discernimento.

La quinta parte è dedicata all’amore fecondo del matrimonio. La maternità e la paternità sono esperienze fondamentali per far sperimentare che il mondo è affidabile, luogo buono capace di accogliere la vita. La fecondità va intesa in senso allargato, anche nelle forme dell’adozione e dell’affido. Non ci si pente mai di essere stati generosi nei confronti della vita, soprattutto se si parte dal presupposto che «adottare è l’atto d’amore di donare una famiglia a chi non ce l’ha» (AL 179). L’esperienza di essere figli è talmente importante da esprimere sia il legame tra le generazioni sia quello di fraternità, che diventa una vera e propria scuola di socialità.

Il sesto capitolo ruota intorno alle prospettive pastorali. Il criterio generale è che spetta alle diverse comunità elaborare «proposte più pratiche ed efficaci, che tengano conto sia degli insegnamenti della Chiesa sia dei bisogni e delle sfide locali» (AL 199). E’ comunque tutta la Chiesa a doversi sentire coinvolta nella preparazione al matrimonio e nell’accompagnamento delle famiglie nelle loro differenti stagioni. L’epoca delle competenze specialistiche dovrebbe essere sostituita da una competenza pastorale nel camminare con le famiglie e di integrarle nel vissuto ecclesiale. La pastorale familiare, più che una fabbrica di corsi, va pensata come missionaria, in uscita e in prossimità (cfr AL 230): ci si deve attrezzare nella capacità di discernimento, nell’affrontare le crisi, nell’offrire strumenti, nel sostenere cammini di fede. Amoris laetitia si addentra senza paura non solo nelle situazioni più complesse della vita familiare, ma in suggerimenti nella quotidianità matrimoniale. E’ nelle pieghe dell’esistenza ordinaria che si gioca la fedeltà ai grandi valori. Per questo, «ci vuole tempo per dialogare, per abbracciarsi senza fretta, per condividere progetti, per ascoltarsi, per guardarsi, per apprezzarsi, per rafforzare la relazione» (AL 224). Serve un apprendistato del quotidiano che si arricchisce di gesti della cura. Qui si matura una spiritualità coniugale.

Il settimo capitolo affronta il tema educativo. L’educazione non è mai raggiunta una volta per tutte, ma richiede una costante vigilanza. La formazione si definisce come integrale, dove l’amore è reciproca donazione. Si alimenta della capacità di dominare se stessi, della protezione grazie al pudore, dell’educare il linguaggio del corpo, dell’apprezzamento verso la propria mascolinità e femminilità… L’altro non può mai essere ridotto a oggetto. Anche «il maschile e il femminile non sono qualcosa di rigido» (AL 286): ci si deve adattare a sani interscambi senza togliere nulla alla dignità di ciascuno. In altre parole, ad esempio, i compiti domestici non sono affare esclusivamente femminile! La rigidità porta ad assumere dati culturali come modo di essere: si diventa poco attenti all’altro e ciò può portare ad impedire lo sviluppo delle capacità di ciascuno.

L’ottavo capitolo riguarda le annose questioni dei legami spezzati e delle ferite conseguenti. Il titolo indica la direzione: «accompagnare, discernere e integrare la fragilità». Il solco già tracciato da FC 84, che invitava a «ben discernere le situazioni», è stato ampiamente discusso e ripreso in sede sinodale. Il lavoro della Chiesa assomiglia molto a quello di un ospedale da campo nell’esercizio  della cura che accompagna ciascuno e affronta le situazioni più delicate in modo costruttivo, «cercando di trasformarle in opportunità di cammino verso la pienezza del matrimonio e della famiglia alla luce del Vangelo» (AL 294). Pazienza e delicatezza sono atteggiamenti indispensabili per mettere in pratica la «legge della gradualità». Si tratta, infatti, di incoraggiare la maturazione di una coscienza illuminata e formata, grazie al discernimento serio e responsabile del pastore che sa proporre cammini impegnativi. La misericordia esige di accompagnare le possibili tappe di crescita quotidiana delle persone, senza limitarsi a indicare ideali astratti. L’invito è a mettersi in cammino. Tutti in cammino: pastori e coniugi, chi vive con gioia il proprio matrimonio e chi lo vive nella sofferenza o porta le cicatrici di ferite profonde. Non si deve, infatti, «gettare sopra due persone limitate il tremendo peso di dover riprodurre in maniera perfetta l’unione che esiste tra Cristo e la sua Chiesa, perché il matrimonio come segno implica un processo dinamico, che avanza gradualmente con la progressiva integrazione dei doni» (AL 122). Se la logica evangelica è quella che «nessuno può essere condannato per sempre» (AL 297), il compito di integrare le persone chiede di aiutare ciascuno a trovare il proprio modo di partecipare alla comunità cristiana.

Il nono e ultimo capitolo è incentrato sulla spiritualità familiare, che si alimenta di gesti concreti. L’amore esclusivo è anche chiamato a liberarsi dall’illusione che il coniuge sia in grado di soddisfare completamente le proprie esigenze.

L’esortazione apostolica AL è un viaggio illuminato e illuminante dentro al pianeta amore, capace di sostenere la vita delle famiglie. E’ un testo che va meditato con calma, senza di la fretta di cogliervi il lieto fine. Che tra l’altro esiste, ma dietro l’esigenza di conversione pastorale che dovrà coinvolgere tutta la Chiesa. Nessuno escluso.

don Brugno Bignami

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