C’è stata anche la città di Trieste, con uno sguardo rivolto alla rotta balcanica, tra le mete di #Cosebelle24, il progetto di esperienze estive proposte ad adolescenti, giovani, famiglie e adulti della diocesi di Cremona attraverso Caritas cremonese e alcune associazioni e realtà ecclesiali per poter vivere un periodo significativo di svago e di servizio.
Famiglie a Trieste: «Esperienze che fanno bene anche alla crescita dei nostri figli»
Anna, Giorgio (detto Jad), Nina, Romeo, Martino e Emil. La famiglia Coppiardi, mamma, papà con quattro figli, storici volontari dell’Associazione Drum Bun di Cremona, sono partiti con altre tre famiglie alla volta di Trieste per un’esperienza di una settimana (a fine luglio) tra svago e servizio presso le strutture della Caritas Trieste. «Era arrivato il momento di ricominciare a dedicare un prezzo delle vacanze alla condivisione e al volontariato, questa volta con i figli più capaci di rendersi conto del mondo che li circonda», le parole di mamma Anna sulla decisione di partire, riprese sul sito di Caritas Cremonese.
A Trieste hanno ridipinto e abbellito una stanza comune alla struttura di Accoglienza Teresiano e hanno proposto due laboratori espressivi, di giocoleria e di “teatro di carta” kamishibai per i bambini della Casa Stani. Con una visita d’eccezione durante le attività: quella del vescovo di Trieste, il cremonese mons. Enrico Trevisi, che su Facebook ha commentato così: “Volontariato di famiglia. Che meraviglia. Partecipare per rigenerare la nostra vita cristiana e la nostra solidarietà è il programma che ci vogliamo dare. Grazie a queste famiglie per l’esempio e la sollecitazione”.
«Per la Caritas di Trieste – racconta ancora sul sito di Caritas Cremonese Anna, ripesando all’esperienza – non è stato facile accogliere delle famiglie. Tutto sommato penso che le attività siano andate bene e che abbiamo suscitato domande e possibili spunti. Con il gruppo Drum Bun si è creata una bella sinergia. Siamo tornati con la consapevolezza di poter mettere in campo molto e con la convinzione che queste esperienze fanno bene anche alla crescita dei figli… dover mettere ogni tanto le proprie esigenze da parte, saper aspettare e condividere, non sempre è facile, ma è sicuramente arricchente».
La prospettiva è quella di tornare. «Sicuramente – conclude Anna – occorrerà instaurare un dialogo più profondo con gli operatori. Lo spirito della Drum Bun è sempre stato quello di riuscire ed entrare in sinergia e collaborazione con chi è sul luogo. Non vogliamo essere quelli che vanno, fanno e poi vanno via».
Giovani a Trieste: «Per contribuire concretamente al cambiamento»
A fine luglio il cambio della guardia, con l’arrivo a Trieste di otto giovani che, coordinati da Caritas Cremonese e in sinergia con Caritas Trieste, hanno presteranno servizio in strutture che accompagnano persone migranti e in luoghi di accoglienza per adulti in condizione di grave marginalità.
Tra loro Francesca, 22 anni, appena laureata in Scienze e tecniche psicologiche. Fa la volontaria per l’Associazione Aida di Cremona e ha già fatto esperienza in Calabria con l’Associazione Drum Bun. «Pur consapevole dei limiti del mio intervento – racconta sulle pagine del sito caritascremonese.it – ho sentito il bisogno di contribuire a qualcosa che mi muove profondamente, ovvero contribuire concretamente al cambiamento, e che non posso, né voglio, ignorare».
Franco di anni ne ha 20 e studia Tecnologie agrarie all’Università di Bologna. «Il gruppo – racconta sul sito di Caritas Cremonese – era composto da otto persone, otto vite e personalità molto diverse, ciononostante ci siamo trovati subito in sintonia, questo ha permesso anche un’ottima collaborazione durante le attività e ha fatto sì che lavorassimo molto bene anche in situazioni che chiedevano grande flessibilità e intesa».
«Non eravamo semplici volontari – aggiunge Francesca –, eravamo prima di tutto persone capaci di toccare e farsi toccare dalle esperienze, portando a casa una preziosa capacità di crescita e costruzione collettiva. L’incontro con Caritas Trieste ci ha offerto spunti di riflessione fondamentali per confrontarci sui metodi e approcci necessari, oltre a permetterci di integrarci e apprendere in contesti diversi. Abbiamo trovato accoglienza e fiducia, che ci hanno dato la libertà e l’entusiasmo per proporre il nostro stile».
«I momenti da ricordare – continua Franco – sono innumerevoli, ma quello che mi segnerà di più è stata una partita di calcio sotto la pioggia: le squadre erano composte da bengalesi, colombiani, iracheni, nepalesi e italiani. Questa partita me la porterò per sempre: non importa il contesto in cui ci si trova, ci sarà sempre l’occasione di divertirsi e di ridere anche senza capirsi».
«Lasciando le strade di Trieste – conclude Francesca – la parola che risuonava più spontaneamente era “arrivederci” e non “addio”. Desideriamo continuare a cercare quell’umanità e quell’anima, sia nei luoghi che abbiamo già conosciuto sia in altri nuovi, quando ci troveremo negli occhi di qualcun altro uniti dal desiderio di incontro. Rimaniamo a servizio, pronti a fare la nostra parte».