Era il 1975 e l’Italia viveva una stagione molto calda, in bilico tra gli Anni di Piombo, la cosiddetta strategia della tensione e le molte e concrete tensioni sociali che attraversavano il Paese, cambiandolo radicalmente in un decennio o poco più. In un contesto così cruciale per il Paese, le persone e le famiglie, vide la luce a Cremona il Consultorio Ucipem, fondato da un gruppo di soci particolarmente sensibili ai temi connessi alla preparazione al matrimonio e alla vita familiare e che nacque aderendo all’Ucipem (Unione consultori italiani prematrimoniali e matrimoniali), associazione di ispirazione cristiana nata dall’opera di don Paolo Liggeri, che nel 1948 aveva aperto il primo consultorio a Milano. Oggi, cinquant’anni dopo, il Consultorio Ucipem di Cremona è accreditato presso Regione Lombardia (dal 2002) e dal 2013 si è costituito in Fondazione di partecipazione, ottenendo la personalità giuridica. Il compleanno – festeggiato con tanto di torta – è stato celebrato nel pomeriggio di giovedì 11 dicembre presso la sede di via Milano 5, nel complesso del Seminario di Cremona.
Ad aprire le celebrazioni per il cinquantesimo è stata Silvia Corbari, che dal luglio scorso ricopre la carica di presidente, con il testimone passato da Mario Mantovani, psicologo e diacono permanente, che aveva guidato la struttura per per 24 anni. Corbari ha tracciato la storia del consultorio, mettendo in evidenza come i suoi numeri siano cresciuti nel corso degli anni: «Con l’accreditamento e la contrattualizzazione, siamo passati dal fare consulenza a 250 persone l’anno alle 2.500 utenze attuali. Abbiamo fatto questi passaggi sia per certificare la qualità di quello che facciamo, sia per dare un’organizzazione molto più definita al consultorio».
Oggi nella sede di via Milano lavorano molte risorse specializzate: psicologi, pedagogisti, ginecologi, ostetriche, assistenti sociali ed è possibile svolgere anche «attività formativa, percorsi rivolti agli adolescenti, ai giovani, alle mamme, ma anche per bambini, adulti, insegnanti ed educatori».
Quello del consultorio è un sostegno concreto alla persona, alla coppia e alla famiglia che si concretizza oggi in consulenze, accompagnamento durante la gravidanza e nei primi mille giorni di vita del bambino, visite ginecologiche e ostetriche ed altre prestazioni sanitarie, formazione a scuole, parrocchie, oratori ed enti, con percorsi in gruppo e sostegno psicopedagogico per genitori, e ancora itinerari per adolescenti e giovani, ma anche rispondendo ad altre esigenze di tipo individuale e familiare.
Un grande ventaglio di proposte che il consultorio ha nel tempo implementato grazie alla sua crescita: «Nel 1975 avevamo solo volontari – ha ricordato la direttrice, la dottoressa Maria Grazia Antonioli – e nel ‘77 abbiamo fatto una prima assunzione, per 10 ore alla settimana. Oggi possiamo contare su 10 persone assunte, 25 collaboratori, 10 volontari. Anche il Consultorio è una famiglia che si è allargata».
Importante anche il numero degli enti con i quali il Consultorio è venuto in contatto. «Negli ultimi 5 anni – ha illustrato Antonioli – abbiamo collaborato con molte attività istituzionali e progetti: 9 enti del pubblico, 34 del Terzo settore, 37 scuole, 25 realtà ecclesiali. Fare rete vuol dire davvero ampliare i propri orizzonti di relazione».
Al 50° del Consultorio Ucipem di Cremona ha preso parte anche il vescovo Antonio Napolioni che, nel suo saluto, si è detto lieto di vedere questa realtà «entrare in dialogo, fermentare, fare da lievito alla nostra realtà comunitaria – civile ed ecclesiale; multiculturale, complessa e in evoluzione – che sta imparando che cosa significa avere dei consultori e valorizzarli». Napolioni si è poi concentrato sull’essenza del servizio e su come questo stia abbracciando sempre più ambiti e contesti, in un percorso di crescita «che parte da una parola chiave: ascolto». Un ascolto che il vescovo ha definito «a tripla entrata»: «l’ascolto dell’altro; l’ascolto delle proprie risonanze rispetto all’altro, anche in un discernimento di équipe; l’ascolto di Dio. In questo senso il consultorio insegna qualcosa alla Chiesa: una postura missionaria, un metodo di lavoro». Nel ringraziare lo staff dell’Ucipem, Napolioni ha poi benedetto «gli uomini e le donne che fanno questa scelta di vita, nel volontariato o nella professione. Viviamo in un tempo in cui molte professioni di aiuto alla persona sono in crisi. I giovani sembrano preferire professioni più estetizzanti, più remunerative, invece abbiamo sempre bisogno di chi si occupi della crescita dei bambini, della cura delle fragilità, della progettazione di percorsi di crescita per le persone e per le famiglie e in questo la comunità cristiana deve essere all’avanguardia».
Il convegno
A caratterizzare il cinquantesimo del Consultorio Ucipem di Cremona è stata anche un convegno che ha messo a tema come i tempi siano cambiati in questo mezzo secolo e quali siano oggi le prospettive di impegno.
Ad aiutare la riflessione è stato anzitutto il sociologo Francesco Belletti, direttore del Cisf (Centro internazionale studi famiglia), che ha ricordato come i primi consultori nacquero ben prima della legge del 1975, come risposta concreta ai bisogni delle famiglie nel dopoguerra. Da allora il contesto familiare si è radicalmente modificato sia sul piano strutturale sia su quello culturale: «Oggi fare famiglia richiede il supporto di una comunità – ha detto – e stiamo assistendo a un netto cambiamento della percezione sociale: un tempo sposarsi era la norma, oggi suscita dubbi e scetticismo. C’è una crescente tendenza all’individualismo e alla ricerca della felicità senza legami, con un atteggiamento culturale post-familiare».
Belletti ha poi elencato i fattori che più stanno incidendo sui percorsi di vita delle persone, anche sul piano dei valori e delle dinamiche familiari. Ha quindi parlato di privatizzazione della famiglia, laddove «prevalgono sentimenti e scelte personali rispetto alle norme sociali», ma anche della sempre maggiore «centralità dei diritti individuali, spesso in tensione con l’idea di legame familiare».
Il sociologo si è infine concentrato sulla funzione dei consultori, che ha indicato come una forma di accompagnamento competente e non autoritario, un sostegno che riconosce fragilità e risorse delle persone mantenendo centrale la loro titolarità nelle decisioni. La famiglia non è né scontata né stabile: è un sistema complesso, immerso in un contesto mutevole. E il compito dei consultori è aiutare le persone a mantenere e rigenerare i legami dentro questa complessità.
Il secondo contributo è stato offerto da Ilaria Marzi, direttrice sociosanitaria di Ats Valpadana, che ha parlato del futuro dei consultori e dei centri per la famiglia: strutture che, secondo Marzi, devono uscire da una logica «a silos» e inserirsi stabilmente nella rete territoriale, in coerenza con la riforma e le indicazioni del Pnrr. La dirigente di Ats ha poi sottolineato il valore delle sinergie tra enti pubblici, privati, Terzo settore, scuola e Servizi sociali per rispondere alle nuove emergenze sociali, in particolare quelle che riguardano i giovani, le dipendenze, il disagio, l’invecchiamento attivo e la genitorialità. Nel corso del suo intervento Marzi ha poi indicato il consultorio come nodo nevralgico della riforma territoriale in atto, mentre i centri per la famiglia rappresentano antenne fondamentali per l’ascolto, l’orientamento e l’aggancio delle fragilità. Il futuro è dunque nella rete, nella ricomposizione delle risorse e in progetti flessibili e personalizzati capaci di rispondere a bisogni sempre più complessi.













