Chiusura del Giubileo/1. Al Santuario di S. Maria del Fonte presso Caravaggio Messa presieduta da mons. Mario Marchesi

Domenica 13 novembre alle 10, nella solennità patronale di S. Omobono

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Si è aperta con le note dell’inno “Misericordes sicut Pater” , cantato dall’unione corale Don Domenico Vecchi, la messa conclusiva dell’anno giubilare, celebrata la mattina di domenica 13 novembre, alle 10, al santuario S. Maria del Fonte presso Caravaggio. A presiedere la celebrazione c’era il vicario generale mons. Mario Marchesi, attorniato da diversi sacerdoti, tra i quali il rettore del Santuario, don Antonio Mascaretti.

Ricca di riflessioni l’omelia di mons. «La nostra celebrazione eucaristica – ha esordito mons. Marchesi – quest’oggi è caratterizzata da due motivazioni. La prima è che oggi per la diocesi di Cremona ricorre la solennità di sant’Omobono, patrono della diocesi, un santo laico vissuto più di 800 anni fa, sposato con figli. Tutta la sua vita è stata caratterizzata dallo spirito cristiano che si è espresso in un modo singolare in quelle che la Chiesa Cattolica chiama le opere di misericordia».

Mons. Marchesi ha quindi focalizzato la figura del Patrono attraverso una rilettura delle pagine delle Sacre Scritture del giorno, tratte dal libro del Siracide e dalla seconda lettera di san Paolo ai Corinzi.

«Le letture di oggi – ha precisato mons. Marchesi – rimarcano proprio la dimensione della carità che comprende ma non si limita all’elemosina. La prima lettura ha presentato una serie di affermazioni che mettono in relazione l’attenzione ai bisogni con il perdono dei peccati, e ancora lo sguardo benevolo del Signore nei confronti dei poveri e di coloro che operano in loro favore. La seconda lettura ci ha esortato a donare con gioia, e non con tristezza o per forza. Il brano di Vangelo è il discorso di Gesù sulla Provvidenza di Dio. Siamo chiamati all’impegno di compiere tutte le opere di bene che ci riescono possibili. Il bene va fatto sempre e va fatto bene. Siamo anche richiamati a credere nella provvidenza di Dio e a farci guidare da essa nei nostri comportamenti quotidiani».

Secondo elemento caratterizzante della giornata la chiusura in dioesi dell’anno della Misericordia. «In questo Santuario, dove lo abbiamo iniziato lo scorso anno, – ha spuiegato l’ex vicario generale – ora esprimiamo il suo termine. Nel manifesto celebrativo di quest’anno, esposto anche all’entrata del Centro di spiritualità, si ritrae papa Francesco di spalle mentre apre una porta con una scritta, sempre dello stesso Papa: “La Misericordia prenda possesso dei nostri cuori e trasformi tuta la nostra vita”. Che cosa può significare questa frase per noi? Un santo antico, sant’Isacco il Siro, vissuto nel VII secolo, vescovo di Ninive, disse al suo discepolo: “Ecco, fratello mio, un comandamento che ti lascio, che la misericordia prevalga sempre sulla tua bilancia fino al momento in cui sentirai in te stesso la misericordia che Dio prova per il mondo”. Per nostra fortuna, della nostra Chiesa e di tutto il mondo, la misericordia di Dio non va mai in pensione. Il Signore continuerà ad avere misericordia, a darci il suo perdono e le sue indulgenze, anche terminato quest’anno. A noi però chiede di non cessare di invocarlo con insistenza. Molto può la preghiera del giusto fatta con fede e perseveranza. Ce lo insegna sant’Omobono. Nella celebrazione di inizio di questo anno singolare abbiamo detto che avere misericordia significa fare del bene. Dobbiamo imparare sempre di più a metterlo in atto nei nostri rapporti con gli altri. Non è un compito facile perché la nostra natura malata ci spinge all’egoismo, ma da cristiani dobbiamo sentirlo come un dovere».

Rossella Ferrari

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