C’è più gioia del solito in questo Avvento 2024. Oltre al rosa della III Domenica, il viola dell’attesa ha lasciato spazio al bianco per la solennità dell’Immacolata Concezione. «Uno squarcio di luce, di bellezza e di grazia di cui abbiamo infinitamente bisogno», ha detto il vescovo Antonio Napolioni all’inizio del solenne pontificale da lui presieduto in Cattedrale la mattina dell’8 dicembre e concelebrato dai canonici del Capitolo. Una seconda domenica di Avvento dunque segnata da una gioia intima, capace di illuminare il cammino verso il Natale.
Un sentimento che il vescovo ha ritrovato nella letture del giorno, caratterizzate con tre generi letterari diversi: l’indagine, il canto e l’annuncio. Nel libro della Genesi «il racconto fondativo di Eva e del serpente ci può ancora orientare nell’uso che facciamo del dono della vita e del creato». Nella lettera agli Efesini si legge quindi «l’esplosione di gioia di san Paolo perché Dio “ci ha scelti prima della creazione per essere santi e immacolati”, e quindi benedetti dal suo amore». Infine nel Vangelo di Luca «l’Incarnazione e l’ora della salvezza». Una felicità dunque capace di alimentare un cammino senz’altro faticoso e impegnativo fatto di incontri e a volte scontri.
Il primo invito è stato a guardare a Maria come a uno stile di vita per essere testimoni del Vangelo nella vita di tutti i giorni, con forza e bellezza interiore. «Sono cinque azioni: accoglie l’angelo, ascolta la sua parola, si lascia turbare e pone domande – dunque non è passiva, ma affronta la grande novità con la concretezza di come essa possa realizzarsi – e, infine, si lascia coinvolgere nel progetto della Rivelazione». Ecco, dunque, come godere realmente di ogni incontro umano, di ogni gesto, di ogni parola. «Spesso dico a me stesso – ha detto Napolioni – quante volte vivo delle relazioni in cui non ci sto tutto intero e sto pensando ad altre cose o a me stesso. E invece quanto è bello riprendere il gusto del vivere il presente come un dono». E ha proseguito: «Non chiameremo solo “mamma” perché siamo disperati, ma perché l’abbiamo fatta felice nel vivere secondo il suo stesso stile, ciò che ci ha insegnato: la capacità di stare attenti gli uni agli altri».
Una relazione di affetto come tra madri e figli, in grado di costruire una fiducia verso il prossimo, verso il mondo. Come dentro una Chiesa, un luogo di preghiera, nel quale «possa avvenire il miracolo della risurrezione dell’anima, la riscoperta della propria dignità, la consegna della propria vita ad un progetto». Proprio sugli edifici sacri monsignor Napolioni ha collegato il significato di appellarsi a Maria con la Cattedrale di Notre Dame a Parigi e quella della sua Camerino e alla somiglianza tra l’immagine della Madonna francese e quella del protiro della Cattedrale di Cremona. «Persino il presidente Donald Trump ieri, arrivando in Francia, ha detto che il mondo è in subbuglio e che la ricostruzione della chiesa parigina è un’opera collettiva che ci chiama a vivere davvero la fratellanza universale». E ha aggiunto: «Anche a Camerino sono stati inaugurati i cantieri per il recupero della Cattedrale. Agli incendi e ai terremoti si può rimediare».
Così, «se Eva è la madre di tutti i viventi, Maria è la madre di tutti i redenti, i salvati, coloro che si accorgono che questa esperienza di salvezza è a portata di mano: ha bisogno solo che noi ci fermiamo per riconoscerla». E collegandosi poi ai 400 anni del Santuario lauretano di Cremona, il vescovo ha così concluso: «è come se tutto il mondo, nella paura e nell’incertezza, stesse dicendo di tornare dalla madre. Per ripartire insieme».