«L’autorità dell’umiltà e del servizio generoso»

Celebrati dal vescovo Napolioni e Lafranconi i funerali di don Giampaolo Rossoni nella mattinata di lunedì 12 dicembre in una Cattedrale gremita di sacerdoti e fedeli, soprattutto giovani

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Il viola dell’Avvento che si confonde con quello delle esequie. L’attesa del Dio che si fa carne che si accompagna a quella della Pasqua di Risurrezione. La mestizia per una perdita troppo grande che si impasta alla speranza di una presenza che sarà ancora più viva ed efficace. Il canto del dolore per una sofferenza che ha martoriato un corpo che si intona all’Alleluia di un’anima che non mai perso la fede e la speranza nel Dio della vita. Questo e tanto altro è stato il funerale di don Giampaolo Rossoni presieduto nella mattinata di lunedì 12 dicembre, in Cattedrale, dai vescovi Napolioni e Lanfranconi, dal vicario generale don Massimo Calvi e da oltre cento sacerdoti provenienti non solo dalla diocesi, ma da diverse parti d’Italia a testimoniare il grande lavoro che il sacerdote cremonese ha compiuto negli anni passati a favore della pastorale giovanile.

Il feretro di don Rossoni, proveniente dal Seminario dove per tutta la domenica 11 dicembre è stata allestita la camera ardente, è giunto poco prima delle 10 nel massimo tempio cittadino. Sulle note delicate dell’organo Mascioni la bara semplice di legno chiaro è stata posta ai piedi del presbiterio, su di essa la cotta e la stola viola e il libro dei Vangeli aperti. Questi stessi segni del ministero sacerdotale gli furono consegnati 28 anni prima, in quello stesso luogo, quando veniva ordinato sacerdote dal vescovo Assi insieme ad altri sette amici. Lunedì i suoi confratelli di ordinazione erano sul presbiterio, accanto ai canonici e agli stretti collaboratori del vescovo: muti testimoni di una vita donata fino all’ultimo tra i giovani, nelle parrocchie servite come vicario e parroco, nel letto della sofferenza accolta con dignità esemplare.

Chiusi nel dolore e nella nostalgia i tanti fedeli che gremivano la navata centrale del massimo tempio cittadino. In prima fila i familiari più stretti, poi i parrocchiani di Viadana, che goderono la primavera del suo ministero sacerdotale, quelli di Casalmaggiore che lo ebbero saggio vicario nella transizione tra mons. Antonini e don Franzini, i tanti giovani e collaboratori della Federazione Oratori dove si è speso per oltre dieci anni oltre ogni limite, gli ultimi parrocchiani di S. Agata e S. Ilario e quelli di Torre de’ Picenardi che hanno fatto appena in tempo a conoscerlo ed apprezzarlo.

Nell’omelia mons. Napolioni, visibilmente commosso, ha rimarcato come la malattia abbia permesso a don Giampaolo di vedere ancora più in profondità la vita: «Egli – ha detto – ha visto il suo Signore, il cuore della sua esistenza, ciò a cui non aveva bisogna di aggrapparsi perché lo aveva ben piantato dentro. Ora in Cielo lo vede in maniera più chiara e libera».

«Quante volte nei nostri incontri – ha proseguito – ci siamo detti o letti negli occhi: “Signore fai tui”. Egli voleva vivere! Non sta a noi misurare la qualità della vita cui siamo chiamati, sta a noi accoglierla sempre, e guardare lontano. E chi sta con i giovani guarda lontano, per questo la sua pastorale non si è mai bloccata; si sarà inceppata, rallentata e trasformata, ma mai bloccata, semmai approfondita».

Mons. Napolioni ha poi ricapitolato nella categoria dell’autorità tutta l’esistenza umana e sacerdotale di don Giampaolo. Anzitutto l’autorità della disponibilità e della passione: «Autorità dell’intuizione e dell’azione determinata e generosa. Autorità del presidente che non si fregia di titoli, non si veste da presidente, ma semmai si mette a servizio come servo umile e anche inutile come in questi mesi in cui ha presieduto dalla cattedra del dolore».

Poi l’autorità della Parola, a volte abbondante, ma anche del silenzio, richiamato da lui come esigenza di rispetto. E ancora l’autorità della vera fede, «fede genuina, direi bergamasca, custodita, alimentata e tradotta in un maturo senso di Chiesa». Una fede tradotta «in un vero senso di fraternità sacerdotale: non solo i compagni di classe sono addolorati, ma tutti i preti della diocesi; per questo non potevano non venire qui dove don Giampaolo è stato ordinato sacerdote, per celebrare il compimento della sua vocazione».

Mons. Napolioni ha poi ricordato «l’autorità del fare e del pregare, da vero discepolo e missionario, anche se ammutolito» così come «l’autorità dell’amore alla Chiesa, ricevuto, spartito e donato senza eccesso. Sapevi sempre più voler bene e ringraziare, specie chi ti ha curato bene, i tuoi, ma anche quelle persone che hanno trasformato il loro servizio professionale in fraternità, in atto di amore. Sei diventato sempre più Eucaristia, senza retorica e troppe chiacchiere».

«La tua – ha proseguito il Vescovo – è stata l’autorità della pastorale bella e della bellezza, come le stelle in montagna, come la stella che ci guiderà all’incontro con Gesù. È stata l’autorità di chi sta tra i giovani, vive per i giovani e li accompagna nel loro diventare adulti»

E infine: «Muori da prete giovane, ma anche come grano maturo. Oggi divento davvero vescovo di Cremona con questo dolore che ci unisce e questa passione che ci siamo comunicati».

Mons. Napolioni ha poi affidato a don Giampaolo i lavori del prossimo Sinodo dei giovani e i tanti progetti a favore delle nuove generazioni: «Ti restituiamo a Dio e in lui ci ritroveremo dicendoti ancora grazie Giampaolo».

La celebrazione, che ha visto la presenza dei rappresentanti delle amministrazioni comunali di Torre de’ Picenardi e di Cremona – tra i fedeli anche il primo cittadino Galimberti – si è conclusa sulla piazza del Comune per l’ultima benedizione dei vescovi e degli oltre cento preti presenti al rito, servito dai seminaristi diocesani.

Alle 14 a Vailate, paese natale di don Rossoni – qui celebrò la sua prima messa il 19 giugno 1988 – si è tenuta una seconda celebrazione di suffragio presieduta dal parroco don Natalino Tibaldini e concelebrata da una trentina di sacerdoti. Quindi la tumulazione nel cimitero di Agnadello, nella cappella di famiglia, dove riposano gli amati genitori che lo hanno seguito e assistito nei primi anni del sacerdozio.

Photogallery delle esequie in Cattedrale

Photogallery dell’esequie a Vailate

 

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