Sinodo dei giovani, il punto con don Paolo Arienti

Intervista all'incaricato diocesano per la Pastorale giovanile

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Facciamo il punto sul Sinodo diocesano dei giovani insieme a don Paolo Arienti, incaricato diocesano per la Pastorale giovanile.

 

Don Arienti, perché un “sinodo dei giovani”?

«Francamente, quando il vescovo Antonio ha lanciato l’idea, c’è stata molta freddezza, anche da parte nostra. Un po’ per altre urgenze che sembravano “più impellenti”, un po’ per reazione ad una idea di per sé bella, ma dai contorni non definiti. Ma si è proceduto lo stesso e si è cercato di dare forma alla proposta e… ne è scaturito il cammino sinodale: un’occasione per mettersi in discussione e sciogliere qualche rigidità, ma soprattutto coniugare la verifica dell’azione pastorale della Chiesa con le nuove istanze comunicative e culturali dei giovani».

 

Ovvero?

«La catechesi giovani l’abbiamo sempre fatta, anche se in questi ultimi anni molti fattori l’hanno incrinata: calo demografico, mobilità universitaria, ma, soprattutto, l’altissimo tasso di abbandono dei cammini di fede dalla preadolescenza. Gli Oratori ci sono e sono presenti con una rete molto capillare, ma in molti luoghi la frequenza è legata al catechismo dei bambini, a qualche percorso per adolescenti e scuole Medie, all’oratorio estivo, allo sport. Mentre per i giovani propriamente detti la proposta è rarefatta ed ancor di più una eventuale richiesta. Questo gap interroga molto. E aggiungo anche il problema dei linguaggi e delle aspettative: a giovani universitari, figli della generazione Erasmus, quali contenuti e in quale forma è bene proporre? Siamo così sicuri di investire nella direzione giusta? Un Sinodo dei giovani certo non risolve tutti i problemi e può avere anche un vaga venatura giovanilista, ma è uno strumento molto utile per testarsi, capirsi meglio. In una espressione: ascoltarsi».

 

Sembra che sia proprio l’ascolto a tema di tutto…

«Certo. Però non un ascolto di pancia né uno statistico. Per il primo e il secondo già sappiamo: dalla pancia escono inquietudini poco riflesse e urgenze con poca forma; dalle statistiche numeri importanti, ma sempre numeri. Ecco allora che l’ascolto che proponiamo è frutto di un atto di fiducia: ancora qualche giovane desidera esserci e assumersi qualche responsabilità. Ancora non resta solo Peter Pan. Ancora gli adulti e gli anziani possono accorgersi che anche i giovani sanno pensare e intuire. Certo è una sfida, in gran parte senza rete. Ma fa parte di un percorso che non ha alternative, se non quella classica, che nessuno dichiara, ma che in molti si vorrebbe praticare: quella del rinchiudersi e del parlare in senso unidirezionale, blindato, liofilizzando l’esperienza e appiattendola sulla dottrina».

 

Ed ora il cammino a che punto è?

«Siamo ormai alla fase celebrativa. Abbiamo dedicato un anno agli ascolti e alla sintesi di voci, interventi e riflessioni. A macchia di leopardo, raccogliendo diversi entusiasmi, ma anche freddezze e lentezze, proprio come è la vita vera delle nostre comunità. Questo non ci ha sorpresi, ma al contrario ci è stato di grande stimolo! Entro Natale le zone pastorali e le associazioni indicheranno i giovani che faranno parte dell’assemblea sinodale e il 20 gennaio si partirà con la prima seduta».

 

Quindi, si fa sul serio?

«Certo. E la serietà non è data da un complicato processo burocratico, da qualcosa di formale, bensì dal coinvolgimento di decine di giovani che potranno ascoltarsi, confrontarsi e chiedersi sui temi della fede, della chiesa, degli affetti, della vocazione e degli stili di vita che cosa hanno da imparare e da dire, quali desideri e difficoltà percepiscono e quale “abitabilità” ha oggi la Chiesa per loro. Sullo sfondo le grandi questioni giovanili e generazionali attuali, al centro la significatività del Vangelo. Mi permetto di dire: a me pare un passaggio culturale importante, da non misconosce».

 

Sinora che cosa è emerso?

«Nonostante le paure e la non omogeneità degli ascolti, i materiali pervenuti sono molto interessanti e hanno consentito alla Segreteria di formulare gruppi di domande molto forti che ci auguriamo innescheranno il lavoro del Sinodo. In particolare sulla condizione dei giovani nella chiesa o sul capitolo degli affetti e degli stili di vita molto va ponderato e preso sul serio. Da questo punto di vista lo strumento di lavoro non è per nulla banale!».

 

Una battuta sul dopo-sinodo?

«Come sapete, nel prossimo ottobre papa Francesco ha convocato un sinodo dei vescovi dedicato proprio al mondo giovanile. Noi ci prepareremo a quello con il nostro Sinodo e sarà sicuramente una tappa bella. Sul dopo? Vediamo che cosa emerge, ma soprattutto stiamo pronti a non dare nulla per scontato: né la trasmissione della fede né i codici della pastorale giovanile. Dal dopo-sinodo aspettiamoci di avere imparato un po’ di più un metodo e – perché no? – provare ad onorarlo di più».

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