Fiumi in secca, campi allo stremo, agricoltura sempre più in difficoltà. La siccità che sta colpendo l’Italia nel 2022 sta mettendo a dura prova le imprese agricole italiane. Le piogge si sono dimezzate con un impatto devastante sulle produzioni nazionali favorito dal caldo record. Nelle nove Regioni che hanno dichiarato lo stato di emergenza (Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli Venezia-Giulia, Emilia-Romagna, Lazio, Umbria, Liguria e Toscana) 332mila imprese agricole rischiano di chiudere i battenti mentre i danni hanno già superato i 3 miliardi di euro. “Secondo Tempo”, web magazine dell’Università Cattolica, con il contributo di docenti della Facoltà di Scienze agrarie alimentari e ambientali dei campus di Piacenza e Cremona ha analizzato, nel reportage “L’estate senza pioggia”, l’impatto dell’insufficienza idrica nei vari ambiti della filiera e come si sta muovendo la ricerca scientifica per dare risposte alle criticità prodotte dalla grave insufficienza.
«Il compito che ci aspetta nei prossimi anni – spiega Marco Trevisan, preside della Facoltà di Scienze agrarie, alimentari e ambientali dell’Università Cattolica – è quello di elaborare misure di sostenibilità, per tutelare l’acqua nella sua totalità tramite una programmazione condivisa delle misure di prevenzione e salvaguardia, visti i tempi necessari per la formazione e il ricambio naturale delle acque. Infatti, l’acqua è una risorsa rinnovabile, ma limitata e non omogeneamente distribuita, inoltre solo il 2,5% dell’acqua complessivamente presente sul pianeta è acqua dolce e utile per la vita».
«Il cambiamento climatico in atto – prosegue Trevisan – crea alcune situazioni, che, se non verranno adeguatamente contraste, potranno creare pesanti ripercussioni sulla nostra vita e sulle attività agricole in particolare. L’aumento delle temperature, il cambiamento nella distribuzione delle piogge accompagnati alla cementificazione e al mancato ripristino della sostanza organica dei suoli stanno lentamente portando alla desertificazione di ampie aree, un tempo fertili e coltivate».
L’agricoltura già nell’ultimo decennio è stata chiamata a produrre di più per soddisfare la crescente richiesta mondiale e in modo sostenibile. Una sfida che si è complicata per il cambiamento climatico. «Per vincerla – ricorda Luigi Lucini, docente di Chimica agraria – occorre cercare soluzioni nuove. Un ambito di ricerca su cui l’Università Cattolica sta lavorando negli ultimi anni è quello relativo ai biostimolanti: molecole o microrganismi, non sono né fertilizzanti né pesticidi quindi parliamo di prodotti naturali, che vengono utilizzati in agricoltura».
«Nei nostri laboratori – spiega Edoardo Puglisi, docente di Microbiologia agraria – abbiamo imparato a isolare microrganismi dalla rizosfera e poi abbiamo diverse tecniche che ci aiutano a selezionare i migliori microorganismi con caratteristiche, ad esempio, di resistenza allo stress idrico e di reperimento di nutrienti».
L’acqua è fondamentale per gli allevamenti zootecnici e in particolar modo per le lattifere. «Parte di quest’acqua – dice Antonio Gallo, docente di Nutrizione e alimentazione animale – può essere assunta con gli alimenti, un’altra parte deve essere assunta per abbeverata. L’acqua negli allevamenti viene poi utilizzata per pulire le superfici in cui gli animali vivono oppure per ridurre le temperature degli animali o per regolamentare la loro temperatura corporea soprattutto in periodi molto caldi con un alto tasso di umidità. Per questo motivo negli allevamenti sono attivi una serie di sistemi atti a ridurre il consumo di acqua come le fotocellule che rilevano la presenza dell’animale per evitare inutili sprechi e i meccanismi di riciclo delle acque sporche».
«La situazione è molto critica perché è tutto il bacino del nord Italia ad essere interessato dalla siccità. Il Po ha una portata del 20% rispetto a quello abituale», afferma Paolo Sckokai, docente di Economia agro-alimentare. A proposito dell’uso irriguo il professore spiega che «occorre gestire bene sia la quantità sia il prezzo dell’acqua, entrambi regolamentati e non lasciati al mercato libero. Gestire la quantità vuol dire gestire bene gli stoccaggi dell’acqua, che va accumulata quando arriva. Non esistono solo i grandi invasi ma anche sistemi di accumulo meno impattanti. Inoltre, occorre usare bene le reti di distribuzione e oggi esistono tecniche che riducono al minimo la dispersione».