Scansani (Api Colf): «Rispondiamo alle famiglie che chiedono una assistenza formata e specializzata»

Intervista alla presidente provinciale dell'Api Colf in vista della cerimonia di consegna degli attestati di fine corso in programma domenica 29 maggio al Centro pastorale diocesano

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L’assistenza alla persona è un tema che interessa molto le famiglie, soprattutto nelle circostanze di delicatezza che hanno caratterizzato questi ultimi anni. E proprio su questo tema interviene Livia Scansani, presidente dell’Associazione professionale italiana collaboratrici familiari di Cremona (Api Colf): «Oggi più di ieri si nota la necessità nelle famiglie di avere personale di assistenza formato e specializzato».

L’Api Colf nasce come associazione di categoria a livello nazionale nel 1970. In contemporanea, però, si manifesta la necessità di formazione del personale, incarnata, a Cremona, nella struttura di Casa Serena. «Nel corso degli anni sono stati fatti corsi di formazione per ausiliari socio-assistenziali (Asa) e per operatori socio-sanitari (Oss) – spiega Livia Scansani – passando progressivamente ad un’assistenza domestico-familiare, attraverso alcuni corsi finanziati da EbinColf. Sono state formate circa trecento persone, divise su tre corsi: uno per colf, uno per badanti e uno di specializzazione».

Nasce da tutto ciò l’organizzazione di una giornata celebrativa che sarà occasione per la consegna degli attestati di fine corso: l’appuntamento è per domenica 29 maggio a Cremona, presso il Centro pastorale diocesano, dove l’Api Colf cremonese ha sede. L’evento inizierà alle 10.30, alla presenza delle autorità locali.

La formazione risulta necessaria perché il mondo dell’assistenza alla persona, oltre a essere molto delicato, riscontra spesso difficoltà dal punto di vista umano e professionale: «Umanamente la categoria che vive i maggiori momenti di difficoltà è quella delle badanti, in poche parole l’assistenza “h 24” – racconta la presidente provinciale e vice-presidente nazionale Scansani –. Complice l’impoverimento delle famiglie negli ultimi dieci anni, queste persone entrano in casa quando le situazioni sono già al limite dell’ospedalizzazione o, addirittura, a verso il fine vita. I contratti di lavoro durano addirittura poche settimane. Dal punto di vista professionale, di conseguenza, si fa sempre più fatica a trovare forza-lavoro in questo ambito. E le cose sono destinate a peggiorare, dal momento in cui il rapporto giovani-anziani è di 1 a 5».

Infine una riflessione sul lavoro durante la pandemia: «Il Covid ha messo in evidenza le carenze strutturali in qualsiasi settore. A Cremona, però, abbiamo notato grande sensibilità da parte dei datori di lavoro, che hanno cercato di mettere in stand-by e di far resistere il più possibile i rapporti professionali con le collaboratrici, con quasi zero licenziamenti. E questo ci rende parecchio orgogliosi». Come è normale che sia, anche la paura della malattia ha avuto un ruolo fondamentale in questo periodo, portando a una maggiore attenzione dal punto di vista igienico-sanitario, ma non solo: «Il terrore iniziale ha portato a un esodo delle collaboratrici familiari, che sono per la maggior parte romene, marocchine o dell’est-Europa – conclude la Scansani –. C’è stata una notevole carenza di personale, ma siamo riusciti ad uscirne in maniera dignitosa».

Matteo Cattaneo
TeleRadio Cremona Cittanova
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