San Giuseppe ci insegna una paternità capace di accogliere

Lunedì 20 marzo la Messa presieduta dal vescovo Napolioni nella chiesa dei Frati Cappuccini di Cremona

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Tra i muri della chiesa dei frati cappuccini di Cremona, dedicata proprio al padre putativo di Gesù, sì è celebrata, nel tardo pomeriggio di lunedì 20 marzo, la Messa per la festività di san Giuseppe, presieduta dal vescovo Antonio Napolioni e concelebrata da alcuni membri della comunità francescana.

«Le letture che abbiamo ascoltato parlano ripetutamente di “padre”, ma Gesù non è suo figlio secondo la carne – ha spiegato il vescovo nell’omelia –. Dunque Giuseppe è uno sposo e un padre speciale, tanto da rischiare, nella Chiesa, nella nostra tradizione, di allontanarlo troppo da noi. Ma oggi rischia di essere usato per altri scopi». Un riferimento al dibattito contemporaneo, sociale e mediatico, che riguarda le “nuove forme” di paternità, che riguarda coloro che «affermano il diritto, non solo il desiderio, alla paternità e alla maternità».

«Tutti sono figli di Dio – ha sottolineato mons. Napolioni –: anche le persone che non riusciamo a capire secondo l’educazione che abbiamo ricevuto, sono affidate alla Chiesa come figli e come fratelli e sorelle. Dunque anche la Chiesa di Cremona intende accogliere, dialogare, capire, andare incontro alle storie di vita, alle sensibilità, ai cuori, alle anime di tutti». E ha proseguito: «Ma altrettanta accoglienza, a maggior ragione, va data a ogni bambino che nasce, comunque nasca, da qualunque parte venga».«I cristiani, in ogni modo, accolgono, vanno incontro e si prendono cura».

Quella cura che è stata il grande valore della vita di Giuseppe, che d’innanzi al diritto di ripudiare Maria, d’innanzi al diritto di volere un figlio veramente suo, ha deciso di rifiutare queste possibilità, scegliendo in favore della cura di sua moglie e del Bambino. «E questo non accade solo a san Giuseppe – ha detto il vescovo –: quanti uomini e quante donne, per amore, scelgono di rinunciare a ciò a cui avrebbero diritto per un bene più grande, e scelgono un’altra logica, non quella della pretesa, ma la logica del dono». «Altrimenti dovremmo sceglierci i figli che vogliamo».

Dunque l’invito del vescovo a pregare e a impegnarsi, non nel litigio, non nei dibattiti, non fermandosi a contrapporre “famiglia tradizionale” e “famiglia arcobaleno”: «Sono entrambi aggettivi infelici. Pensiamo piuttosto a cosa significa “famiglia”, a cosa significa “amore”, a cosa significa “fecondità”, “paternità” e “maternità”, a cosa significa “vita”. Dobbiamo approfondire queste grandi realtà che ci uniscono, che favoriscono il dialogo e l’accoglienza, ma se non esasperiamo questa logica dei diritti e scopriamo anche i nostri doveri».

L’omelia si è conclusa con un messaggio a tutti i sacerdoti e a tutti i cristiani: «Se facciamo fatica ad entrare in dialogo con queste sfide, allora anche noi abbiamo da imparare da Giuseppe. C’è una paternità spirituale, un amore alla comunità, una carità pastorale che Gesù insegna, prima ancora di nascere, a chi lo accoglierà, a Maria e Giuseppe, e che chiede alla Chiesa di incarnare in ogni tempo». «Come Giuseppe ha custodito il Bambino Gesù, chiediamogli di insegnare anche a noi a custodirci gli uni gli altri, a custodire chi fa fatica, chi protesta, chi si arrabbia, chi sbatte la porta, perché senta che il cuore di Dio è sempre davvero spalancato a ogni suo figlio».

Ascolta l’omelia del vescovo Napolioni

La liturgia, animata dal coro di “Gioventù francescana”, si è conclusa con la recita della preghiera di Papa Francesco per l’intercessione di san Giuseppe.

Matteo Cattaneo
TeleRadio Cremona Cittanova
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