Prima seduta dal nuovo Consiglio presbiterale diocesano

Si è riunito giovedì 21 ottobre in Seminario, sotto la presidenza del vescovo Antonio Napolioni.

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Condivisione, propositività, corresponsabilità hanno caratterizzato il primo incontro del rinnovato Consiglio presbiterale diocesano, riunitosi per la prima volta la mattina di giovedì 21 ottobre in Seminario, sotto la presidenza del vescovo Antonio Napolioni.

La composizione del nuovo Consiglio è il frutto dell’elezione, da parte del presbiterio diocesano, svoltasi in due turni, ogni volta in modalità on line e cartacea. Il criterio adottato è stato la suddivisione in varie classi di età, affinché tutte le stagioni della vita del prete vi fossero rappresentate. Ai membri eletti si aggiungono quelli di diritto ed alcuni scelti liberamente dal Vescovo.

Dopo la recita dell’Ora Media, in occasione della quale il Vescovo ha sottolineato l’importanza del Consiglio pastorale diocesano nell’ottica di un discernimento illuminato dallo Spirito e in cui la nostra umanità sia vissuta nell’umiltà dell’ascolto e della proposta, nella discrezione, nella delicatezza, con la più libera disponibilità alla ricerca e all’accoglienza della verità, si è adempiuto all’elezione, da parte dei presenti, del segretario (don Piergiorgio Tizzi) e dei tre moderatori (don Andrea Bastoni, mons. Dennis Feudatari, don Claudio Rasoli).

Ha preso quindi la parola don Gianpaolo Maccagni, vicario episcopale per il Clero e il coordinamento pastorale, che ha richiamato innanzitutto come il cammino del nuovo Consiglio si inserisca su quanto negli anni e oggi è stato ed è oggetto di riflessione e approfondimento, a vari livelli, rimarcando come l’evangelizzazione  e la missione debbano assumere un ruolo prioritario nella azione pastorale.

Ebbene, a partire da ciò don Maccagni ha sollecitato la riflessione, offrendone alcuni spunti: il “Giorno dell’ascolto” è diventato prassi pastorale nelle nostre comunità? Come si vive e si attua l’Iniziazione cristiana, uscita da tempo, dopo ben diciassette anni, dalla fase sperimentale e ora bisognosa di un adeguamento alle mutate condizioni della realtà? Le unità pastorali sono strumento fecondo di maggiore comunione fra presbiteri e fra questi e le comunità? Come la suddivisione degli uffici di Curia in quattro aree pastorali crea e può creare, sostiene e può sostenere un proficuo rinnovamento pastorale? Quale il ruolo delle ministerialità all’interno delle comunità? Come accompagnare con rispetto, gratitudine e dignità il presbitero nei vari momenti della sua vita, con particolare riguardo al clero anziano, con le sue fragilità e ancora in servizio? Non è forse vero che la pandemia ha accelerato processi latenti, ma già in essere?

Ecco che il Consiglio presbiterale diocesano è chiamato ad accompagnare, discernendo, queste realtà che stanno sperimentando una forte e necessaria esperienza di cambiamento.

Hanno preso quindi il via i vari interventi dei presbiteri, caratterizzati da profondità, creatività, schiettezza.

La varie suggestioni si sono incentrate, tra l’altro, sulla necessità di raggiungere il cuore e la mente della gente di oggi, in un mondo in continua e velocissima evoluzione e profondamente segnato dall’esperienza del Covid, che ha rappresentato un vero trauma antropologico di cui tenere assolutamente conto; sulla vita del prete, nelle sue varie sfaccettature e problematicità (valore del celibato, preghiera, vita comune, nel contesto delle Unità pastorali e nel cambiamento della storia di ciascuno…); sulla necessità e sull’urgenza di una ripresa e di un ripensamento della Iniziazione cristiana.

E poi: quale il reale volto delle nostre comunità, se si riesce ad uscire da schemi di lettura preconcetti e obsoleti, dunque passando dalla “sicurezza dello schema” alla “sicurezza del processo”? Come vivere le fatiche e le gioie di una vocazione pienamente inserita in un “oggi” che la provoca, la stimola, la mette alla prova, ma anche ne fa individuare la specifica ricchezza e la bellezza? Come liberare il prete da tutte quelle incombenze ereditate da un passato che non esiste più e che troppo spesso non gli permettono di vivere l’autenticità del proprio ministero con mente libera? Quale il rapporto tra Scrittura e comunità? Come vivere al meglio i vari ruoli (parroci, collaboratori ecc.) all’interno di relazioni equilibrate e fraterne? Come attuare la necessaria e feconda disponibilità all’ascolto di ogni persona, soprattutto incontrando le tante solitudini, anche con “lentezza” e con “leggerezza”?  Come mettere in luce e testimoniare tutto il bello e il buono che esiste nella vita di un presbitero?

Il vescovo Napolioni ha ringraziato per i franchi e liberi “consigli” offerti, che rappresentano “uno scambio che fa guardare con entusiasmo e fiducia alle strade che abbiamo davanti”. “Lo scopriremo insieme – ha incoraggiato – sempre nella condivisione di una Chiesa che dopo sei anni percepisco come veramente viva”. Dunque, ha esortato: “Non siamo più portatori di cose vecchie, ma di un Vangelo vivo, che vada all’essenziale”.

Dopo alcune comunicazioni da parte di don Massimo Calvi, Vicario generale, riguardanti tra  l’altro le piccole parrocchie, la cura pastorale dei cattolici stranieri e il progetto che sta prendendo forma  di famiglie che vivono esperienze di  vita comune e di accoglienza di persone fragili risiedendo in case parrocchiali dismesse, don Marco D’Agostino, rettore del Seminario vescovile, ne ha dettagliatamente presentato la situazione, mettendo in luce le diverse realtà presenti, significati, collaborazioni in atto, ricchezze culturali e relazionali, prospettive, tra cui la casa del clero recentemente inaugurata.

L’incontro, vissuto in un clima di serena fraternità, si è concluso con la recita dell’Angelus e la benedizione da parte del Vescovo.

TeleRadio Cremona Cittanova
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