Mons. Margini sul congedo da “La Vita Cattolica”: nell’oggi della Chiesa si aprono nuove strade

"È urgente saper camminare dentro l’attuale condizione di precarietà con l’umiltà del discernimento e con grande spirito di collaborazione, a tutti i livelli della vita ecclesiale"

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La decisione sul destino del settimanale “La Vita Cattolica” è stata presa dopo lunga discussione e sicuramente sarà ancora oggetto di dibattito. In effetti è un fatto doloroso, che segna comunque una fine. Da parte mia non vorrei entrare nel merito della opportunità o meno di questa decisione. Vorrei invece esprimere un pensiero che riguarda questa circostanza e tante altre simili che la nostra Chiesa diocesana sta vivendo in questi anni.

Mi riferisco al fatto che, come succede per “La Vita Cattolica”, così è successo e succederà di constatare il venir meno della presenza e della rilevanza della Chiesa sul nostro territorio.

Mons. Primo Margini

Pensiamo per esempio al calo drastico delle comunità religiose che sta avvenendo da anni nelle nostre parrocchie; pensiamo ai cambiamenti imposti dalla scarsità dei sacerdoti, o alle ristrettezze in cui si trovano molte istituzioni ecclesiali che sono state così preziose; come pure al ridimensionamento di attività pastorali tanto significative per generazioni. Soprattutto pensiamo al grave problema dell’inaridimento della fede e della pratica cristiana, con il conseguente spegnimento progressivo del senso di appartenenza alla Chiesa.

Sinceramente tutto questo potrebbe suscitare un certo smarrimento, forse perfino una sottile angoscia. È davvero molto amaro accettare la fine di pezzi importanti della nostra storia. Credo tuttavia che la vita millenaria della Chiesa ci insegni ad attraversare questo tempo senza ripiegarci nella tristezza per ciò che non va bene, bensì a riaccendere tutta la forza creativa della nostra fede.

Ci è chiesto uno sguardo “alto” che superi il puro dato di cronaca quotidiana per vedere oltre.

Se da una parte dobbiamo accettare realisticamente il venir meno di alcune cose belle che hanno contribuito alla crescita della nostra comunità cristiana, dall’altra siamo chiamati ad uno sforzo generoso e lungimirante per aprire nuove strade per il Vangelo nel mondo di oggi e di domani.

Come in tante occasioni ci è stato già richiamato, anche noi partecipiamo all’impegno straordinario della Chiesa attuale di incarnare la fede – in molti aspetti come “da capo” – nel modo di pensare e di vivere delle persone, delle famiglie e della società. Siamo chiamati a far fiorire un nuovo umanesimo cristiano.

Comprendiamo allora che non basterà semplicemente una sorta di “aggiornamento”, non si tratterà di sostituire alcune attività con altre, di chiudere il giornale per dedicarsi ad altri e più moderni strumenti di comunicazione, oppure di non spendere soldi ed energie in opere e strutture ormai insostenibili per concentrarsi in altre più funzionali…

Dentro ad un modo di pensare e di vivere così diverso – e spesso lontano dalla visione cristiana – c’è bisogno di credenti ben radicati nella tradizione vivente della Chiesa e nello stesso tempo appassionati alla salvezza di questo mondo, che sappiano trasformare loro per primi la vita personale, familiare e l’impegno professionale e sociale in una specie di “laboratorio” nel quale sperimentare cosa vuol dire vivere il Vangelo oggi.

Quanta fede, quanta intelligenza, quanta maturità e quanta fatica richiederà tutto questo? Nessuno ha risposte certe e di sicuro effetto ai problemi che si aprono davanti a noi.

È urgente saper camminare dentro all’attuale condizione di precarietà con l’umiltà del discernimento e con grande spirito di collaborazione, a tutti i livelli della vita ecclesiale.

In una battuta: non possiamo e non dobbiamo sentirci gli ultimi rimasugli di una cristianità che sta finendo. Dovremmo invece sentirci e voler essere con audacia le primizie di una cristianità nuova che sta germogliando.

mons. Primo Margini

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