Mcl, ha senso oggi più di ieri celebrare il lavoro

Il presidente Fusari: «Ad oggi non riusciamo realmente a immaginare che cosa accadrà»

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La festa dei lavoratori che ci apprestiamo a vivere è carica come non mai quest’anno di paure, incertezze, inquietudini. L’impatto della pandemia sul mondo del lavoro è stato devastante ed è un punto di svolta di carattere storico che sta già segnando un cambiamento epocale. L’unica certezza che abbiamo, come già più volte sentito in queste settimane, è che “nulla sarà più come prima”, un’affermazione ripresa anche nel messaggio dei Vescovi italiani per giornata.

Anche se alcuni analisti si azzardano a fare previsioni, a ipotizzare numeri sulla perdita dei posti di lavoro o sulla diminuzione del reddito e degli altri dati economici, la verità è che all’oggi non riusciamo realmente a immaginare che cosa accadrà, una volta terminato definitivamente questo periodo con la fase 2 a pieno regime, tanto annunciata, che finalmente ci farà tornare più liberi, seppur con le dovute attenzioni e precauzioni.

In questo clima viene da porsi una domanda: che senso ha festeggiare il lavoro, in una situazione come questa? Noi riteniamo che nonostante tutto, proprio per la tribolazione che stiamo attraversando, ha senso oggi più di ieri celebrare il lavoro, perché è proprio dal lavoro che bisogna ripartire, il lavoro giusto e degno per tutti! Il lavoro rimane la “chiave essenziale di tutta la questione sociale”, come i vari Pontefici negli anni hanno più volte evidenziato nelle encicliche sociali.

Abbiamo quindi di fronte a noi una grande occasione per ripartire con un altro passo, mettendo al centro la persona, affinché sia promossa la dignità di ciascuno e il bene di tutta la collettività.

Non si tratta di dare solo degli aggiustamenti perché, di fronte a un male così grande, non bastano gli ammortizzatori o lo smart working (seppur ovviamente necessari entrambi). Occorre invece un cambio di mentalità degno del cambio epocale che il coronavirus ha accelerato.

Nel messaggio per la festività del 1° maggio la Commissione episcopale della Cei per i problemi sociali e il lavoro ha indicato nel primato del lavoro degno, nella lotta al lavoro nero e allo sfruttamento dei migranti, nella cura della casa comune, nello sguardo positivo verso la tecnologia, nella responsabilità delle istituzioni e dei cittadini, nel ruolo della società civile, alcuni aspetti da cui ripartire per rispondere in maniera adeguata ai tempi che stiamo vivendo. Ci attende una grande sfida quindi, resa ancora più problematica dall’inadeguatezza generale delle risposte delle istituzioni e dal rigurgito statalista che, approfittando della situazione, vorrebbe azzerare i corpi intermedi e il poco di sussidiarietà rimasta (i recenti provvedimenti portano tutti in questa direzione).

Occorrerebbe invece una valorizzazione ulteriore della sussidiarietà, sussidiarietà nella quale hanno un posto di rilievo le famiglie, le associazioni, i movimenti, le cooperative che il lavoro lo inventano, con grande creatività, dal basso.

Nel mondo del lavoro si percepisce così, oggi come non mai, l’importanza di perseguire alcuni paradigmi come la centralità della persona che lavora, un sistema di relazioni industriali di carattere collaborativo, la partecipazione dei lavoratori alla vita dell’impresa, la priorità della sicurezza, il ruolo dell’impresa e la sua responsabilità all’interno di una comunità, la salvaguardia del creato, la lotta allo sfruttamento.

Il senso di questo Primo Maggio sta proprio nella presa di coscienza della responsabilità del mondo del lavoro, poiché in gioco assieme al futuro delle persone, delle famiglie, della comunità, c’è anche la tenuta delle nostre istituzioni democratiche.

Buon Primo Maggio a tutti, con un pensiero particolare agli esclusi dal mondo del lavoro e con un vivo ricordo di tutte le persone che hanno perso la vita nei luoghi e nei contesti lavorativi.

Michele Fusari
presidente MCL Cremona-Crema-Lodi

 

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