Mare Omnium, mostra personale di Adriano Rossoni a Cremona

Il percorso espositivo tra le chiese di San Vincenzo e Sant'Agostino. Un'iniziativa promossa da Ufficio di Pastorale giovanile, Caritas e Ufficio diocesano Beni culturali

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Verrà inaugurata sabato 9 marzo alle ore 17 presso la Chiesa di S. Vincenzo, in via Palestro a Cremona, la Mostra Mare Omnium, una personale del prof. Adriano Rossoni, artista originario di Mozzanica, docente di Arti figurative al Santa Giulia di Brescia. L’allestimento si sviluppa nella chiesa di S. Vincenzo e nella vicina chiesa di S. Agostino, in cui è stato posizionato un telero di ben 13 metri raffigurante il Cristo/l’umanità risorto.

La mostra è organizzata dall’Ufficio di Pastorale giovanile della diocesi di Cremona, Caritas Cremonese e Ufficio diocesano dei Beni culturali, con la collaborazione dell’Unità pastorale S. Agata–S. Ilario, e si inserisce in un percorso tematico itinerante, finalizzato a mettere in evidenza come il destino dell’umano, con il suo anelito di salvezza e di redenzione, si mescoli e sia strettamente legato alla vicenda di un mare che da nostrum diviene drammaticamente omnium, di tutti.

Durante la serata saranno proposti momenti musicali a cura del Liceo Musicale “A. Stradivari” di Cremona con l’esibizione degli allievi delle classi di chitarra dei professori Eleonora Pasquali e Francesco Molmenti.

Scarica QUI la locandina

L’esposizione sarà visitabile fino al 14 aprile secondo i seguenti orari:

CHIESA DI S. VINCENZO (Cremona, via Palestro)

  • lun-ven 9.00-12.00
  • sab 9.00-12.00 / 16.00-19
  • dom 10.00-12.00 / 15.30-18,30

CHIESA DI S.AGOSTINO (Cremona, piazza S. Agostino)

  • lun-dom 7.00-12 / 15.00-19.00

L’evento inaugurale si svolgerà presso la chiesa di San Vincenzo sabato 9 marzo alle ore 17. Interverranno, oltre all’autore Adriano Rossoni, don Paolo Arienti, presidente della Federazione Oratori Cremonesi, don Gianluca Gaiardi, incaricato diocesano per i Beni culturali ecclesiastici e il professor Valerio Guazzoni, storico dell’arte.

Nel mare già attraversato da Ulisse,
abitato da mostri seducenti,
nuovi corpi affondano,
vittime di un viaggio disperato
alla ricerca della propria Itaca

Dall’introduzione alla Mostra

Alcuni luoghi altamente simbolici rischiano nella bagarre quotidiana e massmediatica di essere degradati a soli palcoscenici su cui si confrontano soggettività blindate e si consumano scontri tra forze cieche. Che cosa può essere e quanto può valere, oggi, il corpo di un essere umano che non abbia una sua posizione definita e riletta a livello sociale? Quanto può contare oggi uno stile di prossimità se non è immediatamente commutabile in denari o interessi? Che cos’è oggi un mare, come il Mediterraneo, costretto suo malgrado e senza apparenti appelli a passare da luogo di cultura, traffico e scambio, a luogo  di morte e di ben altri traffici? Le scene di salvataggi, i frames di braccia faticosamente galleggianti che anelano ad un riferimento stabile, fatto di ossigeno e di terra ferma, si moltiplicano; e inducono quasi alla saturazione una coscienza collettiva, perché è meglio che sia  anestetizzata o spinta all’eccesso emotivo. A sparire è l’elemento come vita e quella sapienza dell’esistere che  nei secoli ha saputo rileggere gli elementi della natura, le vicende dell’uomo e le sue asperità provvisorie scrivendo pagine di memoria saggia e istruendo iconografie di senso.

Perché l’uomo o fa questo o soccombe, e non importa se prima muore con evidenza numerica lo straccione e poi, solo dopo, chi si è ritrovato a nascere e vivere “dalla parte giusta del mondo”. Quel mare che è stato per il primo tomba e per il secondo confine sicuro, sembra in ultima analisi inghiottire entrambi e rimettere al centro la domanda del senso; quella domanda che attende un oltre capace di essere risposta; un sopra cui anelare, perché di sola sorte l’uomo non può vivere.

La fantasia mitopoietica antica ha abituato la sapienza successiva a cogliere come degli avvertimenti ed ha parlato il linguaggio profondamente simbolico del monito: monito è la forza naturale trasformata in segno che incide la carne dell’uomo; monito è la strada percorsa dall’antenato; monito è quella destinazione di sé che rende l’uomo a se stesso e lo genera non una, ma due volte: secondo la carne e secondo l’umano.

Ecco dunque gli elementi di un percorso che diviene domanda da attraversare, senza richiedere decodifiche ideologiche o passaporti politici. Ecco un mare, un tempo “nostrum”, ora “omnium” nel dramma di un abbandono moltiplicato  quasi all’infinito e nella faticosa presa di coscienza della prossimità come valore assoluto; ecco il mito che risveglia l’umano, lo fa più saggio, meno performativo e più libero; ecco la vicenda evangelica che si intreccia con gli aneliti dell’antropologico di sempre non solo per la sua pretesa di assolutezza, ma in virtù di quella carne che ne è terreno di germinazione e inveramento necessario.

Che una proposta di questo tipo, artisticamente qualificata e frutto di un pensiero mai scontato e ovvio, attraversi anche Cremona, onora e rincuora.

Che questo immergersi in un mare che è metafora di altro e ad altro conduce, possa interessare Caritas cremonese e Pastorale giovanile diocesana non è un caso: perché ad accomunare è la domanda sull’umano che rimbalza e non si tace, fintantoché un fratello resta un nostro fratello e un mondo resta questo, nostro mondo. Nella speranza che ben si possa riflettere, insieme, su quel mare e su quell’omnium, oltre i meccanismi, spesso perversi, di una esistenza puramente e ostinatamente prona.

 

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