Il Vescovo in visita alla clinica Figlie di San Camillo

Domenica 17 luglio mons. Napolioni ha celebrato l'Eucaristia e poi ha visitato tutti i reparti della struttura sanitaria

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Una grande festa in famiglia attorno all’Eucarestia: è questo quanto vissuto domenica 17 luglio a Cremona presso la Casa di Cura delle Figlie di San Camillo, la prima domenica dopo la ricorrenza liturgica del patrono. Lo ha sottolineato il Vescovo, mons. Antonio Napolioni, che ha presieduto la S. Messa: l’esser una «Casa» dona già il senso di un ambiente domestico, familiare; il fatto che si specifichi essere «di Cura» offre la giusta dimensione, quella del prendersi a cuore «l’uno dell’altro».

Era gremita la cappella per l’importante occasione: pazienti, personale medico e paramedico, familiari ed amici. All’inizio della celebrazione, il direttore sanitario, dott. Andrea Bianchi, ha porto il benvenuto al Vescovo, evidenziando come sia certamente necessario corrispondere alle situazioni di bisogno dei malati con «una struttura accogliente, con tecnologie adeguate, con competenze, con professionalità», benché anche questo non basti: occorre anche tener conto delle dimensioni «psicologiche e spirituali» dei pazienti, occorre accogliere e far proprie le parole del beato Paolo VI, che all’Associazione Medici Cattolici raccomandò di non soggiacere «alle lusinghe della medicina», quand’anche appaia «onnipotente», col rischio in realtà di «ledere la persona». Insomma, servono cuore ed anima oltre a sintomi, apparati ed organi.

Mons. Napolioni ha risposto con parole piene di gratitudine e d’incoraggiamento: nei reparti – ha detto – si vive una «testimonianza della carità», che rende chiunque la eserciti, a qualsiasi titolo e da tutti i punti di vista, «un’eccellenza». E poi, rivolto in particolare alle religiose, ha ricordato come la croce rossa camilliana che indossano, sia «un abito compromettente», ma allo stesso tempo anche «un abito di salvezza».

Durante l’omelia, il Vescovo ha sottolineato la grandezza nella santità di Camillo de Lellis, che, «nella sua ricerca di senso» esistenziale, capì come «solo sperimentando fragilità e malattia», si possa spalancare «il cuore» al punto da lasciarsi «illuminare da Cristo, trovandoLo ovunque»; e così è anche oggi «nei nostri anziani, nei nostri malati», ovunque. San Camillo, insomma, è «talmente di Dio da spendersi, sporcarsi, compromettersi col corpo umano», che è «tabernacolo del Signore». Da qui, un invito accorato: «Vi esorto ad offrire i vostri corpi come sacrificio vivente», doni ricevuti per essere spesi «con amore», in ogni istante.

Al termine della S. Messa, dopo i ringraziamenti rivolti da don Anton Jicmon, cappellano presso la Casa di cura “Figlie di San Camillo”, si è tenuto un ricco buffet aperto a tutti nell’area antistante il Cup, dove il Vescovo si è intrattenuto amabilmente coi presenti («anche senza prenotazione», ha detto scherzando). Poi ha desiderato visitare tutti i reparti, nessuno escluso: chirurgia, ortopedia, riabilitazione, medicina, cardiologia,… Ha salutato uno ad uno i pazienti, felici di incontrarlo; li ha ascoltati, ha pregato con loro. Sono stati momenti davvero belli ed intensi. La visita alla struttura si è conclusa col pranzo condiviso con la comunità religiosa. Una giornata trascorsa, insomma, «serena, con cose semplici ma belle», come ha evidenziato la Superiora, Suor Gabriella Marzio, a conclusione di questa domenica di festa e di gioia.

M.F.

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