Il vescovo Antonio alla Madonna delle lacrime: «Il pianto di Maria rimette in moto la vita» (AUDIO)

L'omelia di mons. Napolioni che ha celebrato la messa nel santuario della Madonna delle lacrime di Treviglio

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Come ogni anno, il 28 febbraio si è celebrata a Treviglio la festività della Madonna delle lacrime, che il 28 febbraio 1522 salvò, con il suo piano miracoloso, la città da sicura distruzione da parte delle truppe francesi. A celebrare la Messa presso il santuario della Madonna delle lacrime è stato il vescovo di Cremona Antonio Napolioni, che – in una chiesa gremita – ha proposto durante l’omelia una riflessione che, dalla liturgia della Parola e dalla tradizione del miracolo, ha riguardato la vita della chiesa e la convivenza delle comunità.

«Per quanto ci dividiamo – ha detto mons. Napolioni – agli occhi di Dio siamo un popolo solo, una sola famiglia». Ma, come Treviglio in quella situazione di inizio Cinquecento, anche noi – ha detto – «talvolta ci sentiamo sotto assedio e nascono le tentazioni: nostalgia, ribellione, scoraggiamento. E arriviamo fino a distruggerci gli uni con gli altri».

Ascolta l’audio dell’omelia

«Ma il Signore non si rassegna», continua il Vescovo, riprendendo l’immagine di Maria e Giovanni sotto la croce: «Ognuno di noi è il discepolo che egli ama». Accanto a cui, come racconta il Vangelo, c’è Maria, con le sue lacrime di madre e di donna. La stesse lacrime del miracolo di Treviglio: «Lacrime che hanno consentito il perdono, la rinascita della città, la ripresa della vita».

Il richiamo attuale del vescovo torna di nuovo alla comunità: «Il pianto, di cui oggi spesso ci vergogniamo,  è commozione che rimette in moto la vita, sono segno di un cuore che non indurisce. Noi – continua – stiamo diventando gente con un cuore di pietra, ma Maria ci restituisce la potenza di un cuore di carne». E allora il pianto è quello di chi riconosce il proprio peccato e chiede misericordia. «Poi, perdonato, piange di gioia».

L’invito a lasciarsi toccare dalla tenerezza di Gesù e di Maria si traduce, nella conclusione del vescovo Antonio, in tre passi per risolvere i conflitti e non rassegnarsi a «culture e ideologie che arrivano a giustificare l’annientamento del nemico o l’odio razziale»: «Cercare chi non c’è, accompagnare e condividere. Anche le lacrime – conclude l’omelia – quelle del dolore e quelle della gioia».

 

 

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