Il nemico e la politica hanno concluso in Municipio la serie di incontri di Spazio comune del Vangelo

Il 9 giugno al tavolo dei relatori il teologo don Bruno Bignami, il pedagogista Pierpaolo Triani e il sindaco Gianluca Galimberti

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Buona la partecipazione di pubblico al terzo e ultimo incontro di “Spazio comune del Vangelo”, l’iniziativa promossa dall’Ufficio diocesano per la Pastorale sociale e del lavoro per offrire una occasione di conversazione sul capitolo 5 del Vangelo di Matteo, il cosiddetto “Discorso della Montagna”, tema dell’anno pastorale ormai alla sua conclusione. Particolarmente suggestiva la scelta del luogo: la sala dei Quadri del Palazzo comunale di Cremona.

“Amate i vostri nemici” era il tema della serata, con una domanda: “L’avversario politico è il prossimo?”. Su questo hanno riflettuto il teologo don Bruno Bignami, il pedagogista Pierpaolo Triani (docente dell’Università Cattolica) e il sindaco di Cremona Gianluca Galimberti.

 

Dopo essersi soffermato sul testo di Matteo, ricercando analoghe espressioni nelle pagine della Scrittura, don Bignami ha rilevato come secondo alcune correnti teologiche l’amare il proprio nemico venga considerato valido solo a livello personale, e non per quello politico, sociale o nei rapporti tra i popoli. Quindi citando S. Agostino ha rimarcato come nell’amore i nemici si ponga la questione dell’amore per il prossimo, che deriva da un Dio che non fa differenza alcuna tra le persone. Così il comandamento dell’amore da un lato chiede di superare in se stessi la sete di vendetta e, nello stesso tempo, una conversione dell’avversario, che deve essere amato per essere guarito. Necessario però il coraggio di saper compiere il primo passo, così come la volontà di abitare il conflitto. E ancora: riconoscere l’umanità dell’altro e il tema della nonviolenza come risposta al male.

Poi l’aspetto del nemico che non è solo “fuori” e il richiamo – attraverso diversi episodi biblici – a un’esperienza di fraternità nuova, creata con una relazione fatta di tanta pazienza. Da Caino e Abele al sogno di Giuseppe, dal rapporto tra Marta e Maria ai due fratelli della parola del Padre misericordioso, passando per Kafka e Levinas sino alla Laudato sii.

Ecco allora la politica che diventa “fabbrica del nemico” in un panorama in cui a dominare non sono tanto ideologie contrastanti (oggi i maggiori conflitti sono all’interno dei partiti), quanto un “ego dell’ingrasso”. Nemico dunque interno e antropologico. Nelle sue parole anche l’esperienza di Rondine “Cittadella della pace” e un riferimento mazzolariano, con don Primo che odiava il Comunismo, ma amava i comunisti.

 

Di politica come “forma di cultura”, che plasma la persona, ha parlato, invece, il prof. Triani, secondo il quale fare politica è anche “educare le persone”. Poi, con un richiamo esplicito al capitolo 5 di Matteo, ha evidenziato la tensione tra idealità e realtà.

Certo non si può far politica senza il riconoscimento dell’altro. Troppo spesso, infatti, l’ “alter” si trasforma in “alienus”, con la negazione dell’umanità dell’altro. Invece l’altro deve essere considerato dentro il proprio orizzonte. Non tanto per sentimento, quanto per scelta. Necessaria quindi l’adesione a una piattaforma comune per una ricerca concreta del bene comune. Riduttivo e sbagliato secondo Triani, dunque, leggere la vita politica solo come lotta o spartizione del potere.

Ecco dunque la necessità di educare alla politica con l’amicizia civica. Riconoscendo che tutti gli uomini sono uguali, educando e promuovendo il rispetto dell’altro (la benevolenza), favorendo il senso del servizio e con il dialogo. Quindi il richiamo ai quattro principi della pastorale sociale evidenziati in Evangelii Gaudium prima di concludere rifacendosi agli esercizi spirituali di Ignazio di Loyola.

 

Il terzo intervento, quasi passando dalla teoria alla pratica, è stato affidato al sindaco Galimberti che ha proseguito la riflessione facendosi forza della sua esperienza personale maturata in questi anni.

Guardando anzitutto alla frase “Amate i vostri nemici” ha sottolineato come amare ha in sé anche morire, cioè fallire. “A volte – ha affermato – non riesco ad amare i miei nemici politici”. Tanti fallimenti, ma anche tante ripartenze.

Poi la consapevolezza che la vita è fatta anche di nemici. Ma con due attenzioni: da un lato la necessità a non lasciarsi sopraffare, dall’altra il rischio di diventare a propria volta nemici.

Poi lo sguardo alla politica, da intendere secondo il primo cittadino non come fatto individuale, ma “costruzione complessiva della comunità”. E qui ha precisato alcuni ingredienti essenziali attraverso alcune virtù: libertà, pazienza, compassione e uso della ragione. Con un avvertimento: si creano nemici dove c’è solitudine e assenza di un’impresa comune. Consapevole che la mancanza di uno sguardo nuovo sulle cose genera inimicizia. Quell’inimicizia che mitezza e tenerezza, però, sanno sgretolare.

Infine Galimberti ha sottolineato l’importanza della democrazia, cioè quell’insieme di regole che possono regolare i rapporti tra avversari. Ma l’idea di democrazia oggi è in crisi, secondo il sindaco di Cremona, che ha concluso il proprio intervento focalizzando l’attenzione su quattro strumenti: la coscienza (individuale e collettiva), la responsabilità, le parole che si usano e la speranza.

 

L’incontro, moderato dal giornalista Riccardo Mancabelli, e che ha visto la presenza anche del vescovo Antonio Napolioni, si è chiuso con le parole dell’incaricato diocesano per la Pastorale sociale e del lavoro, Sante Mussetola, che ha auspicato una prosecuzione di questa iniziativa anche nel prossimo anno, ragionando sul concetto della missione.

 

Photogallery della serata

 

Resoconto dei precedenti incontri:

 

 

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