La sera di venerdì 28 marzo, presso la chiesa del Maristella, si è tenuto l’incontro “Oltre le sbarre la speranza?!” promosso dagli Oratori della Città Gruppo Giovani Zona 3. All’incontro è intervenuto don Claudio Burgio, cappellano presso il carcere minorile Beccaria e fondatore dell’associazione Kayros. Davanti a un pubblico numeroso, composto in gran parte da genitori e adolescenti, don Burgio ha raccontato la sua esperienza in una realtà e un contesto difficili come quello del carcere minorile. L’iniziativa è stata promossa dagli Oratori della città di Cremona con il Gruppo Giovani della Zona pastorale 3.
Prendendo avvio da un’analisi del sistema del carcere, che spesso non funziona, in cui è difficile vedere una vita “oltre le sbarre”, don Burgio ha riflettuto sull’esistenza anche di sbarre “interiori” e l’ha fatto a partire da un aneddoto: «C’era un ragazzo al Beccaria che stava guardando un tramonto stupendo alla finestra, quando gli ho chiesto: “Che cosa vedi?” Lui prontamente mi ha risposto: “Le sbarre”. Non riusciva nemmeno a scorgere il panorama stupendo di quella sera. Ci sono delle sbarre interiori che impediscono a tanti giovani di guardare oltre, di sperare».
Ed è un problema che nasce nella società, non solo nel carcere. «Molti ragazzi fanno fatica a sognare, ci sono ragazzi molto fragili, che vivono una mancanza di senso. Mi ha sorpreso trovare al Beccaria ragazzi che hanno passione, hanno sogni. È stato importante in questi anni per me entrare nelle celle, parlare con questi ragazzi e farmi raccontare i loro punti di vista, le loro passioni. Questi loro racconti mi hanno aiutato a capire che non basta inasprire le pene, non basta cambiare le regole, ma occorre soprattutto avere una visione che i ragazzi spesso non trovano più negli adulti.» La domanda diventa quindi, continua don Burgio, «com’è che noi adulti possiamo far fiorire questa speranza se non mettendoci in cammino anche noi? La speranza è un cammino, è qualcosa di concreto che mette in gioco la tua libertà. Anche l’adulto deve imparare a camminare.»
Don Burgio ha raccontato l’importanza di coltivare sogni nei ragazzi, per quanto impossibili possano sembrare. A tal proposito ha citato il caso del rapper Baby Gang, incarcerato al Beccaria, che sognava di diventare musicista. Coltivando quella passione e dandogli fiducia, Baby Gang ha realizzato il suo desiderio. Ma il punto non è farcela o non farcela, il punto è ascoltare questi ragazzi e credere in loro, piantare un seme affinché non stiano immobili, ma si muovano in avanti.
«È possibile far cambiare lo sguardo a questi ragazzi se li si ascolta davvero, non solo li si giudica. Certo, non è che si deve giustificare tutto, ma bisogna ascoltarli. La speranza si ha quando un ragazzo si apre all’ascolto, ma perché tu prima l’hai ascoltato». Ha proseguito il cappellano del Beccaria, sottolineando poi i rischi della nostra società altamente performativa che porta anche ragazzi di “buona famiglia” a essere molto fragili e molto arrabbiati. «La speranza – ha sottolineato – ha a che fare con una meta. Se non c’è una meta naufraghi in un mare tempestoso come il nostro tempo. È importante aiutare i ragazzi a guardare la meta. Dobbiamo aiutare i nostri ragazzi a trovare un sogno, un cammino, sennò il rischio è di volere i nostri figli solo performanti».
Prima di lasciare spazio alle domande, il sacerdote ha concluso il suo intervento richiamando il concetto di vita eterna, una vita che però è già qui presente, stiamo già vivendo: «Il tempo che ci è dato è questo, oggi. È il momento opportuno, il tempo giusto. È dentro la realtà che puoi sperare di seminare e coltivare qualcosa».