I liceali in dialogo col Vescovo: «La fede? È luce e gioia»

Sabato 3 dicembre nell'aula Magna del Liceo Manin di Cremona mons. Napolioni ha risposto ai quesiti e ai dubbi degli studenti di quarta

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Sabato 3 dicembre nell’aula Magna del Liceo Manin di Cremona, quattro classi di quarta liceo, a conclusione della prima parte di un percorso didattico curricolare di Religione, hanno avuto un incontro con mons. Antonio Napolioni per parlare a proposito di grandi quesiti che oggigiorno destano interesse anche tra i banchi di scuola, se il cristianesimo e la cultura occidentale siano ancora vicini o siano agli antipodi.

Perché i giovani si allontanano dalla fede?

Una delle prime domande riguarda proprio il grande divario che esiste tra i giovani e la religione: perché sempre più adolescenti decidono di allontanarsi dalla fede cristiana? La risposta ha effettivamente colpito nel vivo l’animo degli ascoltatori. Secondo il Vescovo, i giovani oggi tendono ad immaginare la religione cristiana come un obbligo, forse per insegnamenti ricevuti nelle ore di catechismo o per un determinato tipo di educazione in famiglia. Ciò che fa scappare il ragazzo non è quindi la fede in sé, ma il come essa viene presentata. Durante l’adolescenza si passa attraverso cinque fasi fondamentali: la fine degli studi, il trovare un lavoro, uscire di casa, fare una scelta affettiva stabile e la fecondità, intesa come la trasmissione vera e propria di tutto quello che si è ricevuto nella propria vita. Se però la religione non contribuisce a nessuno di questi passaggi, non solo il giovane si sente abbandonato, ma addirittura obbligato a dover sottostare ad un credo scritto che limita il fedele ad autodefinirsi “cristiano” ed ad andare sporadicamente a Messa la domenica.

Purtroppo ciò che viene dimenticato è il vero senso della religione, cioè la ‘luce’. Ed ecco quindi che la domanda ritorna al mittente: se davvero la religione si limita ad un libro scritto, allora come possiamo spiegare la luce e la gioia che brillano negli occhi di chi vive attorno a noi e che testimonia con entusiasmo la venuta di Cristo? Gesù non è semplicemente un personaggio del passato, ma che continua a vivere nella fede del suo popolo.

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Qual è il ‘lavoro’ del Vescovo?

Il secondo quesito è stato a proposito del “lavoro” del Vescovo, il desiderio di conoscere quale effettivamente sia la parte più soddisfacente dell’essere a capo della Diocesi. Con grande sorpresa è stato detto ai ragazzi che in generale ciò che rende bello un compito, anche il più difficile, è svolgerlo come vita, non come obbligo. Nulla è sacrificio se dietro c’è una certezza o un obiettivo. I giovani devono capire non solo che il cuore umano non ha limiti, ma soprattutto che la felicità di una persona è determinata anche da un suo “sano egoismo”. Non si parla di innalzare dei muri e mettersi al centro delle proprie vite come divinità da venerare, ma semplicemente prendersi del tempo per ricercare la propria felicità e la propria felicità è la felicità dell’altro. Rivelando la sua passione per tutto ciò che riguarda la vita dei giovani, il Vescovo sottolinea anche l’importanza di accerchiarsi di una fitta rete di “incontri fra anime”, aspetto che spesso viene tralasciato perché l’adolescente di oggi “non ha mai tempo”. Ma se questo tempo non lo condividi con chi ami, allora a cosa serve?

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Scienza o fede?

Essendo in un liceo classico-linguistico ovviamente non potevano mancare i grandi interrogativi sul dibattito Fede e Scienza. Metafora interessante quella utilizzata per spiegare il rapporto tra questi due pilastri della vita dell’uomo: tutto ciò che serve è immaginare la ragione come un essere in grado di spostarsi solo tramite due ali. Da una parte esiste la Scienza, che si interroga su come realmente si siano verificati determinati eventi, e dall’altra la Fede, ala che mira a spiegare il perché di questi episodi e in particolare le ripercussioni che hanno avuto sugli uomini. Se esse collaborano nella giusta misura, sono in grado di descrivere una traiettoria in grado di guidare l’uomo nel cammino della sua vita. Aspetto curioso è però il punto di partenza e di arrivo di questa traiettoria, che sembra essere sempre lo stesso: Cristo Gesù. E’ proprio nel sacrificio di Cristo che l’uomo può trovare sé stesso e non limitarsi ad accontentarsi di ciò che già possiede.

Citando Ireneo di Lione con la celebre frase “La Gloria di Dio è l’uomo vivente e la vita dell’uomo consiste nella visione di Dio” il Vescovo punta sotto i riflettori una grande necessità per il progresso: umanizzare la scienza e la religione, semplificare i ragionamenti e permettere a tutti di confrontarsi con la carne, cioè il vero cardine della salvezza.

Infatti come Fede e Scienza si incontrano nella figura umanizzata di Gesù, così la Scienza e la Ragione sono accomunate dalla verità della carne. In entrambe le discipline c’è di base una sete di conoscenza ed esperienza, la quale permette di determinare il loro punto di incontro finale: per “abbeverarsi alla fonte” non serve andare nel mondo delle idee o indagare i grandi dogmi della fede cristiana, ma comprendere che ogni scienza abbia la propria carnalità e spiritualità. In questa visione persino Dio ci sembra più vicino, basta osservare la sua manifestazione nel mondo circostante piuttosto che nel grande concetto di Amore.

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Il problema del male

Seguendo questo pensiero un altro dubbio è sorto: se Dio è Amore allora perché il Male?

Ci viene spesso detto di sopportare tutto senza lamentarci e che verremo ricompensati per le nostre sofferenze, ma questo è forse il più grande salvagente che potremmo utilizzare nuotando nel grande mare della vita. Chi davvero sceglie il Bene e abbandona il Male, lo fa per amore: chi lotta è per definizione colui che ama, e non solo in ambito religioso, ma sotto tutti i punti di vista. Ovviamente c’è paura di quelle che potrebbero essere le responsabilità piuttosto che le ripercussioni delle nostre scelte, ma se decidiamo di affidarci a lui allora anche la battaglia più pesante diventa sopportabile.

Il coraggio di esplorare

Sono state poste ancora molte domande, spesso anche provocatorie, ma sicuramente la provocazione più grande l’ha lasciata il Vescovo stesso: salutando ha infatti esortato i ragazzi a ricordarsi del loro incontro non come un talk show ma come un mezzo per imparare ad intraprendere la propria strada. Spesso tutto quello che occorre è avere un obiettivo, ma se davvero si vuole lasciare il segno bisogna avere la pazienza e il coraggio di esplorare.

Valentina Beluzzi

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