Giornata del turismo, dopo il covid la sfida di ripresa con una crescita inclusiva

rIFLESSIONE di don Roberto Rota, incaricato diocesano per la Pastorale del turismo e i Pellegrinaggi

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L’organizzazione mondiale del turismo delle Nazioni Unite (UNWTO) propone, ogni anno, per il 27 settembre, la giornata mondiale del turismo che quest’anno ha come tema “turismo per una crescita inclusiva”; lo scopo è quello di rendere la comunità internazionale consapevole del ruolo di questo fenomeno attuale e del suo impatto sui valori sociali, politici, economici e culturali delle persone in tutto il mondo.

L’evento si inserisce nella cosiddetta “agenda 2030” per lo sviluppo sostenibile dell’ONU, evidenziando come l’industria del turismo possa contribuire al raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile.

Ma bisogna cambiare passo non solo perché da circa due anni il turismo è sostanzialmente fermo a motivo della pandemia, con un calo nel 2020 del 74% degli arrivi di turisti nel mondo con perdite per 1.300 miliardi di dollari rispetto al 2019, ma soprattutto perché bisogna trasformare lo stile del turismo.

Non possiamo quindi fermarci ai semplici dati “da catastrofe” economica, ma siamo invitati ad andare oltre e soprattutto a riconoscere come questa situazione globale abbia influito sulla vita di tante persone; ce lo ricorda il messaggio del card Peter Kodwo Appiah Turkson, prefetto del Dicastero per il Servizio dello sviluppo umano integrale: “Dobbiamo recuperare la consapevolezza che, come popolo, abbiamo un destino comune”. È quindi necessario concentrarsi su un approccio inclusivo al turismo e resistere alle tentazioni dell’individualismo e del nazionalismo troppo prevalenti nella società contemporanea. Solo in questo modo evitiamo la “variante” del virus che si diffonde quando fomentiamo un’economia malata che permette a poche persone ricchissime di possedere di più di ciò che possiede tutto il resto dell’umanità, e quando i modelli di produzione e consumo distruggono il pianeta.

Tendere alla crescita del Pil è senza dubbio, come ci ricordano gli economisti, l’elemento più caratteristico dello sviluppo economico, ma troppo spesso questa nostra visione economica non è stata a favore dell’uomo. Forse ce ne siano accorti solo quando un semplice virus ci ha messo tutti in ginocchio, facendoci constatare la fragilità di una visione globale di cui il turismo pre-pandemia era uno degli aspetti emergenti.

Si viaggiava per lavoro, per divertimento, per studio e forse anche perché non si aveva di meglio da fare: le frontiere si fanno sempre più sconfinate e oggi si parla anche di turismo spaziale: tutto questo mette in evidenza una forte contraddizione tra un turismo di élite e una massa di gente che si muove senza troppe motivazioni.

La comunità ecclesiale, lungo i secoli e in modo particolare nei nostri tempi, guarda al fenomeno del turismo con particolare attenzione, fosse soltanto per quell’aspetto che è il pellegrinaggio che, con caratteristiche peculiari, tuttavia può essere di aiuto a reinterpretare e a rinnovare il turismo.

Ci viene in aiuto l’incipit de “I racconti del pellegrino russo”: “Per grazia di Dio io sono un uomo e cristiano, per azioni gran peccatore, per condizione un pellegrino senza terra, della specie più misera, sempre in giro da paese a paese. Per ricchezza ho sulle spalle un sacco con un po’ di pane secco, nel mio camiciotto la santa Bibbia, e basta”. Quanta sapienza in queste parole e, al di là delle immagini che possono anche far sorridere, un grande insegnamento di essenzialità e sobrietà.

Nella scia del tema di quest’anno mi piace suggerire qualche pista di riflessione per recuperare al turismo quella dimensione veramente umana che gli compete.

Una prima: per un turismo dell’uomo e di tutto l’uomo; per superare il “mordi e fuggi”, il semplice spirito di avventura, per ritornare a condividere culture e mondi lontani, forse solo apparentemente, per ascoltare la narrazione di un tempo, di storie e di popoli.

Poi: per un turismo rispettoso del creato. Per vedere con gli occhi del cuore, per contemplare un pianeta troppo deturpato, che porta con sé ferite ma anche tracce di bellezza incancellabile, con i segni dell’ingegno dell’uomo e i prodigi della natura, spesso devastati da guerre e distruzioni.

Ed infine: per un turismo che sia ricerca dell’Assoluto dove le differenze di culture, religioni, riti si compongono in unità, dove l’ascolto degli altri ci porta ad ascoltare l’Altro presente, forse silenzioso, ma mai ostile, mai nemico di ogni uomo.

In quest’ultima pista vorrei anche collocare quell’aspetto del turismo che è il pellegrinaggio, dimensione trasversale a tutte le religioni e patrimonio del mondo cristiano.

Se turismo vuol dire andare, magari anche con i mezzi poveri delle sole forze umane, verso una terra, una città che ci tramanda la presenza del Signore in questo mondo, verso un Santuario, segno della presenza di una Madre che consola e asciuga le lacrime, verso un luogo dove la testimonianza eroica di chi ha dato la vita rimane come il seme evangelico che porta frutto, allora il turismo si apre ad una visione alta, partecipando al progetto di una fratellanza universale sempre da costruire, contribuendo ad una crescita inclusiva di tutta l’umanità.

 

don Roberto Rota
Incaricato pastorale del turismo e pellegrinaggi

TeleRadio Cremona Cittanova
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