Un pomeriggio per riflettere e approfondire il tema dell’economia delle armi e la corsa al riarmo su ispirazione dell’appello che da tempo Papa Francesco continua a ripetere: «Va fermata questa folle corsa alle guerre e alle armi». È quanto si è svolto nel pomeriggio di giovedì 11 aprile presso il Centro pastorale diocesano di Cremona con Giorgio Beretta, analista del commercio nazionale e internazionale di sistemi militari e di armi comuni all’interno dell’Osservatorio permanente sulle armi leggere e politiche di sicurezza e difesa (Opal).
L’incontro, intitolato “Fermiamo le guerre, sosteniamo la pace”, è stato promosso dall’Ufficio per la Pastorale sociale e del Lavoro della Diocesi di Cremona insieme a Pax Christi Cremona e hanno aderito Tavola della Pace di Cremona e Oglio-Po, Forum per la Pace e i diritti dei popoli “Primo Mazzolari”, Coordinamento Democrazia Costituzionale, Movimento Federalista Europeo e Circolo Acli “Oscar Romero”.
Nella sua introduzione Eugenio Bignardi, responsabile della Pastorale sociale, ha tracciato un quadro generale della situazione riprendendo proprio l’appello del Papa e quello che mons. Enrico Trevisi, vescovo di Trieste, ha lanciato nella Domenica in Albis a Bozzolo nella celebrazione nel ricordo di don Primo Mazzolari: «Non credo che un uomo come Mazzolari avrebbe taciuto nei confronti di questa economia di guerra verso la quale ci stiamo dirigendo con questa corsa agli armamenti; dobbiamo alzare la voce contro questi extra-profitti dell’industria degli armamenti».
Nella sua presentazione Bignardi ha quindi riportato dati importanti sul crescente aumento dei profitti dell’industria degli armamenti italiana negli ultimi anni, mettendo in guardia dallo svuotamento della legge 185 del 1990 sull’export delle armi, in revisione in questo periodo in Parlamento, insieme alla limitazione delle informazioni a disposizione del Parlamento e della società civile riguardo all’export degli armamenti italiani.
Nella sua esposizione Beretta è partito dai dati raccolti dal suo lavoro di ricerca e analisi, partendo proprio da quelli messi a disposizione grazie alla legge del 1990 oggi in revisione, dai quali emerge come il mercato degli armamenti europeo, nel suo complesso, si contende a livello mondiale il secondo posto insieme alla Cina dopo il primato degli investimenti statunitensi: «Non è vero che la spesa militare dei Paesi europei sia bassa, perché nel suo complesso sia gli investimenti per il riarmo sia l’export dell’industria militare ricopre le prime posizioni a livello mondiale».
La sua è stata una riflessione anche sul fondamento delle politiche in materia di guerra, a partire dalla Carta delle Nazioni Unite e dalla Costituzione Italiana, nelle quali viene indicata la strada maestra della rimozione dei conflitti e del ripudio della guerra come strumento di risoluzione delle controversie internazionali, profilando anche il ruolo che il nostro Paese dovrebbe ricoprire nel promuovere la pace nelle situazioni di conflitto, certamente non investendo in armi.
Il focus è stato poi concentrato sul mercato italiano: «L’Italia esporta una parte degli armamenti prodotti ai Paesi alleati Nato e dell’Unione Europea, ma una grossa parte viene venduta ai Paesi del Nord Africa e del Medio Oriente: se c’è una cosa di cui abbiamo bisogno è ripensare l’industria militare e ricalibrarla sulle effettive esigenze militari dell’Europa, superando la sua frammentazione e inefficienza, mentre oggi risponde alle esigenze di mercato, che non è detto coincidano con le esigenze di sicurezza».
Quindi Beretta è passato a spiegare il funzionamento della legge 185 del 1990: «Questa legge prevede un’autorizzazione da parte dell’Autorità nazionale Uama (Unità per le autorizzazioni dei materiali di armamento) che ha il compito di autorizzare l’export di armi su tre diversi livelli: l’autorizzazione governativa per l’export di armamenti, il controllo della tipologia di quanto esportato e il relativo controllo bancario». «Questa impostazione di controlli dovrebbe permettere un certo livello di trasparenza su tutti e tre i livelli, nonostante negli anni siano state apportate modifiche ai report annuali rendendo la lettura dei dati meno precisa», ha spiegato l’esperto dell’Opal, che ha rilanciato quindi l’allarme: «Con la nuova normativa proposta, al governo spetterà l’autorizzazione finale, che potrà avvenire anche tramite una valutazione di tipo politico, senza nessun controllo da parte del Parlamento».
Quindi l’appello finale, rivolto a tutte le associazioni e alla società civile, a mobilitarsi secondo le modalità previste da Rete Pace e Disarmo: come punto di partenza le realtà associative che hanno partecipato all’incontro si sono proposte di aderire a questa raccolta firme e di procedere con l’invio di una lettera-appello ai parlamentari italiani. L’incontro è stato anche occasione per rilanciare la campagna “Italia ripensaci” per chiedere al governo italiano l’adesione al Trattato per la proibizione delle armi nucleari in vigore dal 2021 a livello internazionale.
La relazione dell’analista Giorgio Beretta