Fermarsi, alzare lo sguardo e dire: i tre pilastri pedagogici per adolescenti secondo don Burgio

Guardando al rapporto tra adulti e ragazzi il cappellano del Beccaria, a Cassano d'Adda, ha preso ad esempio l'atteggiamento di Gesù nei confronti di Zaccheo

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Grande e calorosa è stata l’accoglienza riservata a don Claudio Burgio, ospite la serata di sabato  27 gennaio presso il Teca di Cassano d’Adda quale relatore di eccezione dell’incontro  “Non esistono ragazzi cattivi”, promosso da Azione cattolica, Comunione e Liberazione e Masci, con il patrocinio dell’Amministrazione comunale.  Don Claudio, Cappellano del Carcere minorile Beccaria,  presidente dell’Associazione Kayors di Vimodrone, direttore della Cappella musicale del Duomo di Milano,  nonché autore di libri e articoli dedicati al rapporto con adolescenti e ragazzi, è da anni in prima fila nella accoglienza e nell’ascolto di giovani che “hanno sbagliato, ma non sono cattivi”.

“La vostra numerosa presenza suggerisce una vostra grande attesa nelle mie parole – ha premesso il sacerdote –. Non credo di fornire una soluzione educativa, ma è possibile offrire una ricetta offerta dal Vangelo. L’itinerario più idoneo per avvicinarsi al mondo degli adolescenti difficili sorge infatti dall’episodio di Zaccheo, circostanza nella quale Gesù  “si fermò, alzò lo sguardo e disse”. “In questi tre verbi – ha efficacemente evidenziato il Cappellano del Beccaria – si ha una sorta di itinerario pedagogico per adolescenti”.

“Fermarsi, innanzitutto, significa entrare nei loro interessi, penetrare la loro apparente superficialità: si tratta del primo indispensabile passo per ogni educatore – ha precisato –  Fatto questo, il cambiamento avviene sempre, anche se non se ne conoscono da subito tempi e modalità”.

“Alzare lo sguardo  è invece l’atteggiamento di un educatore che, come Gesù, si prende cura di ciascuno di noi per quello che siamo – ha proseguito don Burgio –. Tuttavia non si ha nulla a che fare la misercodordia e il perdono”. “Troppi adulti purtroppo abbassano lo sguardo perché non si mettono in gioco, avendo paura del giudizio degli altri , oppure si fermano al doloroso rimprovero legato alle parole “mi hai deluso”– è stato il monito del sacerdote –. Sotto la cenere del male, invece, c’è sempre la possibilità del bene. Gli adolescenti non si possono identificare con i loro errori ma rimangono sempre beni originali”.

Una certezza, che vale per tutti, anche per coloro che si sono macchiati di reati gravissimi e per i quali risulta sicuramente inefficace la punizione fine a se stessa. “La pedagogia di Dio non è basata sulla proibizione ma sulla formula “Tu puoi” – ha efficacemente ricordato don Burgio –. Non è un caso che nella Genesi, le prime parole di Dio non sono legate alla proibizione di cogliere il frutto proibito ma alla possibilità di mangiare tutti gli altri presenti nel giardino”.

“Le regole, da sole, non bastano a cambiare un ragazzo; le mie comunità fanno poche restrizioni e trattano con rispetto la libertà – è stato poi il riferimento alla quotidiana attività di educatore del sacerdote –. C’è la potenzialità di buono anche nei ragazzi ingovernabili e vale la pena correre il rischio della libertà”.

“Dire” è il terzo verbo dell’episodio evangelico: “Esso non può fare a meno degli altri due – ha concluso –: non puoi dire, non puoi parlare, se prima non ti sei fermato e non hai alzato lo sguardo. Nessuno può capire se non ha visto”.

Un  vivace dibattito e uno scambio di idee con i numerosissimi presenti ha concluso una serata rivelatasi di particolare interesse.

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