Europa, patria di tutti. E nella bandiera le radici cristiane

In un volume appena pubblicato, il giornalista Enzo Romeo ripercorre il “segreto” che si cela nel cerchio a dodici stelle della bandiera europea, “oggi – afferma – lacerata dai venti del sovranismo populista”. Da dove trae ispirazione il vessillo che sventola sugli edifici pubblici, oggi simbolo dell'Ue? Evidente il riferimento alla corona e al manto azzurro dell'Immacolata

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Si va di corsa verso le elezioni europee. Tornata “decisiva”, dicono tutti, per l’Italia e per il futuro del nostro continente. I venti impetuosi del sovranismo rischiano di lacerare la bandiera d’Europa. Per questo ho voluto raccontarne la storia, attraverso documenti inediti, in un libro dal titolo Salvare l’Europa – Il segreto delle dodici stelle, appena edito dall’Ave, l’editrice dell’Azione cattolica italiana.

I documenti che ho ritrovato negli archivi di Strasburgo dimostrano che la bandiera col cerchio stellato si ispira ai simboli dell’Immacolata Concezione (le dodici stelle e il manto azzurro).

A Lei erano devoti coloro che lavorarono al progetto dell’emblema del Consiglio d’Europa, prima istituzione comunitaria, nata giusto settant’anni fa. L’idea fu del capo ufficio stampa, Paul Lévy, ebreo belga convertitosi al cattolicesimo durante la seconda guerra mondiale. Vi collaborò un disegnatore di Strasburgo, Arséne Heitz, che portava sempre indosso la Medaglia miracolosa, coniata in seguito alle apparizioni della Madonna a Rue du Bac, a Parigi.

L’adozione della bandiera da parte del Consiglio d’Europa avviene l’8 dicembre 1955 (nel 1985 diventerà la bandiera ufficiale anche della Comunità europea), giorno in cui la Chiesa festeggia l’Immacolata. Semplice coincidenza o qualcosa di più? Come che sia, è un fatto che a realizzare il sogno dell’unità europea contribuirono in modo determinante tanti cattolici: Schuman, Adenauer, De Gasperi e molti altri ancora. Uomini che non volevano “sventolare” la loro appartenenza religiosa, ma essere lievito che fa crescere la pasta del servizio e della fratellanza.

Lungi da integralismi fuori luogo, il rimando ai simboli cristiani non deve né può essere la rivendicazione di una primazia, ma l’offerta di un terreno comune. Da esso deve trarre linfa la pianta dei cui frutti tutti possono nutrirsi, a prescindere da razze, fedi, origini e provenienze. Questa è la prospettiva che si evince dai discorsi sull’Europa degli ultimi pontefici, del cardinale Bassetti e del Presidente della Repubblica Mattarella che sono proposti nella seconda parte del volume.

Le istituzioni europee, svuotate del loro propellente ideale, sono oggi percepite dalla gente come distanti e inutili: una grande e costosa macchina burocratica che pone vincoli e frena lo sviluppo, che si intromette impropriamente nella vita e negli affari dei singoli cittadini e degli Stati.

Questa impressione fa dimenticare che grazie al processo unitario si è garantito all’Europa il più lungo periodo di pace della storia, che sono state riconosciute garanzie politiche e democratiche, che sono stati tutelati il diritto alla sicurezza, alla salute, all’educazione…

Le imperfezioni del sistema comunitario dovrebbero spingere non al suo affossamento, ma al superamento dei limiti attuali. Ciò sarà possibile se, oltre agli interessi particolari, si guarderà all’Europa come patria di tutti, generatrice e custode di valori condivisi, recuperando il sogno dei padri fondatori.

Salvare l’Europa significa ben più che vincere una tornata elettorale. Vuol dire preservare un patrimonio senza il quale il mondo sarebbe più povero.

Enzo Romeo
giornalista Rai

AgenSir
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