Domenica a Polengo “Le Quattro Stagioni” di Vivaldi nel quinto anniversario del restauro dell’organo Bossi 1833

Protagonisti l’organista cremonese Marco Ruggeri e la violinista lituana Lina Uinskyte

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Domenica 11 giugno, alle ore 20.30, presso la chiesa parrocchiale di S. Pietro Apostolo, a Polengo (Casalbuttano – CR), si terrà un concerto che vedrà protagonisti l’organista cremonese Marco Ruggeri e la violinista lituana Lina Uinskyte in un’affascinante versione de “Le Quattro Stagioni” di Antonio Vivaldi. Il suggestivo appuntamento musicale, in grado di esaltare le qualità stilistiche di uno dei primi strumenti realizzati da Angelo Bossi in diocesi, è promosso dalla Parrocchia di Polengo nel quinto anniversario del restauro dell’organo, condotto dalla ditta cav. Daniele Giani di Corte de Frati.

La raffinata trascrizione per organo, curata con grande sensibilità dallo stesso Ruggeri, restituisce un Vivaldi inedito, in grado di stupire il pubblico per la sua modernità e di esaltare a pieno le caratteristiche dello strumento. L’organo “Bossi 1833” di Polengo, piccola frazione del comune di Casalbuttano, si adatta pienamente a questo programma grazie alle sue sonorità; facendosi orchestra la sua tavolozza cromatica è messa a disposizione del violino che conserva inalterati virtuosismo e personalità espresse dal compositore veneziano.

L’insolito connubio organo e violino vede impegnati due artisti di grande spessore provenienti da mondi geografici e culturali diversi. Lina Uinskyte è nata a Vilnius (Lituania), dopo il diploma nella sua città si è formata presso i più importanti violinisti europei, da Vernikov a Portogruaro a Spivakov a Zurigo, da Roczek a Bruxelles fino a Kantorow e Nikolic a Rotterdam. Marco Ruggeri, nato a Cremona, laureato con lode in Musicologia, si è invece formato fra Piacenza e Brescia, perfezionandosi con Andrea Marcon alla Schola Cantorum di Basilea; premiato al Concorso organistico di Bruges, ha vinto il primo premio al Concorso clavicembalistico di Bologna (1997). Successivamente Lina Uinskyte ha intrapreso una carriera solistica, suonando in tutta Europa il grande repertorio con orchestra, mentre Marco Ruggeri ha parallelamente condotto attività di studio sull’organaria ottocentesca pubblicando le opere per organo di Ponchielli, P. Davide da Bergamo e altri maestri dell’Ottocento italiano.

Unitisi in Duo nel 2012, si esibiscono in importanti rassegne concertistiche in Italia e in Europa, svolgendo un’intensa attività discografica sia con l’organo che con il cembalo. In proposito il Duo ha ottenuto importanti riconoscimenti di critica, tra cui “5 stelle” Radio Classica (dicembre 2014) per “Le quattro Stagioni” e “5 stelle” Amadeus (dicembre 2015) per il CD “The Lingiardi orchestra-organ… for a violin”. Entrambi gli artisti sono docenti in Conservatorio.

Locandina

 

L’organo “Bossi 1833” di Polengo

Antiche testimonianze archivistiche rivelano che la piccola chiesa di Polengo possedeva uno strumento già nella prima metà del Seicento. Nella Visita Pastorale del vescovo Omobono Offredi (1808), si constata che l’organo della chiesa «è stimato per la sua gran bontà», segno che la comunità che desiderava fortemente connotare le proprie celebrazioni con il suono dell’organo, a tal punto che nel 1833 venne chiamato il celebre Angelo Bossi di Bergamo per edificare un nuovo e più ampio strumento.

I Bossi erano organari di origine comasco-ticinese, insediatasi a Bergamo all’inizio del Settecento. Insieme ai concittadini Serassi, furono tra i principali rappresentanti dell’arte organaria italiana per almeno due secoli. Quello di Polengo fu uno dei primi organi collocati dai Bossi nel territorio cremonese, aprendo la strada a numerose altre realizzazioni. Pur di piccole dimensioni, lo strumento esprime già chiaramente tutte le caratteristiche dell’organo “orchestra” ottocentesco, con le trombe, i fagotti, i campanelli, il violoncello, la flutta, gli ottavini e l’immancabile banda turca. Il lavoro di restauro condotto nel 2012 dalla ditta Giani ha comportato la ricostruzione di molte canne, visto che lo strumento versava in pessime condizioni di conservazione; la struttura generale era rimasta intatta, ma molti registri risultavano asportati o danneggiati.

 

“Le quattro stagioni” di Vivaldi

La celebre composizione di Antonio Vivaldi appartiene alla raccolta “Il cimento dell’armonia e dell’invenzione” op. VIII, pubblicata nel 1725. Il compositore ha rappresentato attraverso la musica immagini e situazioni tratti da quattro sonetti, ciascuno dedicato ad una stagione, che in occasione del concerto dell’11 giugno a Polengo, verranno recitati dall’attrice Elisa Zanolla.

Un tema festoso annuncia la Primavera, cui segue l’imitazione del canto degli uccelli, il mormorio delle acque dei ruscelli e la brezza primaverile. Sopraggiungono lampi e tuoni a movimentare la natura; poi il capraro che dorme (affidato al tema del violino), il mormorio delle foglie mosse dal vento e il cane che abbaia (organo). Il finale evoca una festosa danza pastorale.

Nell’Estate Vivaldi sceglie di evocare la calura, la pesantezza dell’afa, la “languidezza per il caldo”; si percepiscono il verso del cucco, della tortorella e del “gardellino”, fino al sopraggiungere dei venti: prima il dolce zeffiro, poi quello impetuoso che anticipa il temporale. Compaiono, fastidiosi, mosche e mosconi agitati per il cambio di pressione; i tuoni, prima in lontananza, esplodono nel terzo tempo con fulmini e grandine.

Nell’Autunno sono evocate le attività dell’uomo: il ballo in campagna a festeggiare il raccolto e una scena di caccia. Nelle prime due parti Vivaldi sprigiona la propria fantasia nel descrivere gli ubriachi barcollanti attraverso rapidi arpeggi, cambi di ritmo, scale modulanti e il loro movimentato sonno il sonno; nella terza si odono gli spari dei fucili (rappresentati da pesanti accordi), l’abbaiare dei cani (reso con rapidi tremoli), la preda che fugge (note velocissime del violino) ferita e morente.

Nell’Inverno, attraverso note ribattute e dissonanti, Vivaldi imita il ghiaccio e il rigido tremare per il gelo di un vento spaventoso e “orrido”; la dolcezza del violino evoca il tepore di un interno domestico, mentre in lontananza si sente il ticchettio della pioggia che cade. Il finale richiama il camminare sul ghiaccio, favorito da un vento prima tiepido, poi più freddo e via via più intenso in un turbine conclusivo.

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