Con un piede in Paradiso, a Cremona la testimonianza di don Luca Montini

L'evento promosso dal Centro culturale S. Omobono con la Cappellania dell’Ospedale e la Pastorale della salute diocesana

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Nell’aula magna dell’Ospedale Maggiore di Cremona cala il silenzio. I posti a sedere sono tutti occupati. Qualcuno è in piedi, sul fondo e ai lati della sala. Sono le 18 di venerdì 15 settembre e don Luca Montini, giovane sacerdote bresciano della Fraternità San Carlo Borromeo, inizia a raccontare la sua storia. Figlio di due genitori eccezionali, primo di cinque fratelli (alcuni adottati), da ragazzo è spericolato: ama correre, e correre forte, in bici, in moto, a piedi. E fa anche pugilato. Poi gli studi di filosofia alla Cattolica di Milano, gli anni trascorsi nel CLU (l’esperienza per universitari di Comunione e Liberazione) e la scelta di entrare in seminario a Roma. Diventato sacerdote, viene inviato in missione prima in Cile e poi in Africa, in Kenya, dove segue un ospedale. È qui che, nel maggio del 2021, gli accade un brutto incidente. Mentre è in moto con una donna del posto – si stanno recando a prendere un’ambulanza donata da alcuni amici italiani – un pickup balza fuori dal nulla e travolge la sua moto. La donna che è con lui è illesa. Don Luca, invece, capisce subito che le cose non vanno per il verso giusto. Trasportato in un ospedale da campo, curato alla bell’e meglio, contrae un’infezione gravissima alla gamba maciullata nell’impatto. Trasferito dopo molto tempo in Italia, si trova costretto a scegliere di amputare l’arto. Ha 35 anni.

«Ho avuto un incidente. Ho passato tre mesi in ospedale, subìto nove interventi e infine l’amputazione della gamba sinistra. Per rimettermi in sesto ci vorrà tempo. Di certo non tornerò quello di prima, ma io non desidero la vita di prima. Desidero vivere il presente, anche se forse non tornerò mai più in quell’Africa che amo tanto. All’ospedale, quando ne ho sentito il bisogno, ho scritto. Mi sono lasciato provocare da un versetto dei Salmi o da un passo della Scrittura che mi balzava all’occhio. La realtà appare meno confusa guardata alla luce della Parola. Verso la metà di ottobre ho conosciuto Giuliano. Aveva un tumore, si stava spegnendo. Abbiamo parlato, pregato, e qualche volta pianto assieme. Ora Giuliano è in cielo. In Kenya si usa ripetere quasi come un ritornello: “life is a journey”.  La vita è un viaggio, un viaggio di ritorno a Colui che ci ha creati. Solo in Cristo la vita, perlomeno la mia, vale la pena di essere vissuta. Siamo creati per il Paradiso. Io, un piede in paradiso, già l’ho messo». Afferma, con un richiamo esplicito al suo libro “Con un piede in Paradiso”.

In un’ora di incontro, promosso dal Centro culturale Sant’Omobono di Cremona, dalla Cappellania dell’Ospedale e dalla Pastorale della salute diocesana, don Montini ha raccontato della fatica, dei dialoghi con Dio nel dolore, degli incontri che gli hanno permesso di non perdere la testa quando il male si faceva sentire forte e insopportabile.

«Per natura noi uomini ci ribelliamo al dolore. Ci suscita tristezza, rabbia, angoscia. Così ho iniziato a offrire a Dio le mie sofferenze. Offrirle è un atto di abbandono alla Sua volontà che in quel momento, nella prova, è infinitamente concreta, tangibile e viscerale: che lo si voglia o no, Dio sta permettendo il dolore che soffriamo. L’offerta è la preghiera più bella: nell’immedesimazione con Cristo siamo investiti di speranza, pace e misericordia. Il senso della vita non è soffrire il meno possibile, ma lasciarsi abbracciare da Colui che ci ha amati di un amore eterno».

Maria Acqua Simi
TeleRadio Cremona Cittanova
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