Con il vescovo Antonio a Lodi la festa per san Grossi

La celebrazione, nel giorno anniversario della morte, nella cappella dell'Istituto Figlie dell'Oratorio dove sono conservate le spoglie del Santo fondatore

image_pdfimage_print

Con il calore delle feste di famiglia si è celebrata, presso la Casa Madre delle Figlie dell’Oratorio a Lodi, la memoria liturgica del santo parroco don Vincenzo Grossi, nella serata di lunedì 7 novembre.

L’Eucaristia solenne, presieduta dal vescovo di Cremona, mons. Antonio Napolioni, ha visto radunate nella cappella che custodisce le reliquie maggiori del Santo, le suore dell’Istituto da lui fondato, i giovani seminaristi di Lodi con i sacerdoti che ne seguono la formazione, il vicario generale della diocesi di Lodi don Bassiano Uggè (in rappresentanza del Vescovo Maurizio Malvestiti), un numeroso gruppo di concelebranti tra cui il cappellano dell’Istituto religioso don Giuseppe Codecasa.

A poco più di un anno dalla canonizzazione di San Vincenzo – celebrata il 18 ottobre 2015 in Roma – fedeli e consacrati delle due diocesi hanno voluto unirsi nella preghiera, nella lode di Dio e nel ricordo grato della Sua misericordia, che risplende nella avventura umana e spirituale dei Santi.

Dopo la venerazione delle spoglie mortali del Santo Parroco, già pastore delle comunità cristiane di Vicobellignano e Regona, l’assemblea – nelle quale era presente anche la giovane miracolosamente guarita per intercessione di don Grossi – si posta in ascolto della Parola.

Alla gioia del Vangelo e al coraggio della testimonianza ha esortato il Vescovo Napolioni nel suo commento alle Scritture: la parabola evangelica del pastore che affronta l’ignoto per cercare la pecora perduta ha ispirato una riflessione sul ministero del sacerdote impegnato in pastorale, e soprattutto nel dialogo con le giovani generazioni. Anche la prospettiva del prossimo cammino sinodale – ora nella sua fase antepreparatoria – è stata presentata dal Vescovo come occasione per un ascolto profondo della vita e dell’esperienza dell’universo giovanile, con la stessa passione già espressa dalla Chiesa nell’esempio e nel servizio di preti Santi.

All’Istituto delle Figlie dell’Oratorio il celebrante ha poi dedicato un pensiero speciale, riconoscendo come il carisma femminile sia chiamato ancora ad animare la cura delle nuove generazioni, sempre sensibile al mutare della cultura e delle concrete provocazioni dei tempi in cui siamo chiamati a vivere.

 

Al termine della celebrazione, dopo il saluto riconoscente della madre generale delle Figlie dell’Oratorio, suor Rita Rasero, una gradita sorpresa è stata riservata all’assemblea: il coro di voci bianche “San Vincenzo Grossi” – nato vent’anni fa a Pizzighettone – ha cantato l’inno scritto in occasione della canonizzazione di don Grossi : “Un prete contento”.

La cordiale ospitalità delle Suore ha quindi accolto i presenti in un fraterno momento di ristoro, dopo il quale non è mancato il tempo per uno sguardo alla mostra itinerante – una installazione di 12 pannelli con testi e foto d’epoca – che racconta la storia di San Vincenzo Grossi e dell’Istituto da lui fondato a Lodi.

Photogallery

 

San Vincenzo Grossi

Vincenzo Grossi nasce il 9 marzo 1845 a Pizzighettone (Cremona) da una umile famiglia. È il penultimo dei dieci figli (tre muoiono in tenera età) di Baldassarre Grossi e Maddalena Cappellini, proprietari di un mulino. È subito battezzato nella chiesa parrocchiale di San Bassiano, a Pizzighettone.

Dinanzi alla richiesta di Vincenzo di diventare sacerdote non c’è opposizione da parte dei familiari, che si limitano a fargli presente che possono ancora aver bisogno di lui; c’è già un altro figlio – Giuseppe – che studia da prete, non possono permettersi le spese per entrambi. Così, mentre lavora con il padre nella consegna dei sacchi di farina, il ragazzo si ritaglia del tempo per studiare privatamente le materie del ginnasio sotto la guida del parroco.

A diciannove anni, nel 1864, entra in Seminario: è ordinato sacerdote il 22 maggio 1869. Da allora tutta la sua attività pastorale si svolge in diverse parrocchie della diocesi.

I suoi primi incarichi sono nelle parrocchie di S. Rocco in Gera di Pizzighettone e a Sesto Cremonese, seguiti, nel 1871, da quello come economo spirituale a Ca’ dei Soresini.

Nel 1873 è nominato parroco di Regona di Pizzighettone. La popolazione del luogo era da tempo lontana dalla pratica religiosa, ma don Vincenzo vi si dedica con tanta cura che dopo pochi anni trasforma il piccolo borgo in un “conventino”, come appunto viene definito dai suoi confratelli.

Don Vincenzo spende tutta la sua vita nel ministero pastorale: animazione delle comunità a lui affidate, predicazione di missioni al popolo, formazione spirituale delle coscienze, attenzione ai poveri, educazione dei fanciulli e dei giovani.

Per le ragazze, in particolare, don Grossi ha una sincera preoccupazione. Dà il nome di “oratorio” – sulle orme di don Giovanni Bosco a Torino – al piccolo locale che è riuscito a ricavare nella sua canonica, perché le sue giovani parrocchiane possano ritrovarsi. Vivendo in continuo contatto con la popolazione delle campagne, si rende conto che la gioventù, soprattutto femminile, cresce in situazioni molto fragili e complicate. Inizia, quindi, a radunare alcune delle sue giovani e ad avviarle alla vita comune tra loro.

Nel 1883 il vescovo Geremia Bonomelli lo destina come parroco a Vicobellignano, dove ha preso piede il protestantesimo metodista. Da subito, mostra gran carità e apertura: lo stesso pastore va più volte ad ascoltare le sue prediche quaresimali e le famiglie protestanti mandano i loro figli alla scuola parrocchiale.

La nuova destinazione, che lo allontana da Regona, non fa desistere don Grossi dal progetto della nuova comunità femminile. Il nome scelto è quello di “Figlie dell’Oratorio” per richiamarle a un modello spirituale ben preciso: la letizia spirituale di san Filippo Neri, fondatore della Congregazione dell’Oratorio. Non è previsto un abito definito, in modo da poter avvicinare meglio le giovani.

Le prime basi per il nascente Istituto sono poste nel 1885 a Pizzighettone. L’approvazione diocesana arriva il 20 giugno 1901 con l’assenso del vescovo Bonomelli. Per garantire la formazione scolastica di quelle tra loro che avrebbero dovuto dedicarsi all’insegnamento, sceglie la città di Lodi, dove si decide di acquistare una struttura: l’attuale Casa madre dell’Istituto.

Nel 1917, mentre si trova a Lodi per sistemare alcune faccende urgenti per l’Istituto, don Grossi si sente male. Vuole tornare a Vicobellignano dove, nei primi giorni di novembre, le sue condizioni si aggravano. Fatica a parlare, pronuncia solo pochissime parole: «La via è aperta: bisogna andare». Alle 21.45 del 7 novembre, a 72 anni, don Vincenzo Grossi rende l’anima a Dio.

La fama di santità di don Grossi non viene meno, tanto da domandare l’apertura della sua causa di beatificazione. Nel 1969 è dichiarato Venerabile. La sua beatificazione è celebrata il 1° novembre dell’Anno Santo 1975 a Roma da Papa Paolo VI, che lo definisce «apostolo della gioventù» ed «esempio sereno e suadente per i sacerdoti direttamente impegnati nella cura d’anime». «Nella solidità delle sue generose virtù, nascoste nel silenzio, purificate dal sacrificio e dalla mortificazione, raffinate dall’obbedienza, egli ha lasciato un solco profondo nella Chiesa, che oggi lo propone a modello e lo prega come intercessore».

Papa Francesco, definendo miracolosa la guarigione di una bambina avvenuta per intercessione del Beato, il 27 giugno 2015, nella sala del Concistoro del Palazzo apostolico vaticano, presiede il Concistoro ordinario pubblico per la canonizzazione del beato Vincenzo Grossi, oltre che della beata Maria dell’Immacolata Concezione (superiora generale della Congregazione delle Sorelle della Compagnia della Croce) e dei beati Ludovico Martin e Maria Azelia Guérin (coniugi e genitori). La canonizzazione il 18 ottobre 2015, Giornata missionaria mondiale, nel corso della XIV Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi.

Il fatto miracoloso riguarda una bambina di due mesi di Pizzighettone affetta da una grave malattia ematica: una anemia eritropoietina di tipo 2. Elemento risolutivo può essere solo il trapianto di midollo, ma nessun familiare risulta compatibile. Mentre la bambina è sostenuta con trasfusioni e trattamenti palliativi, una suora delle Figlie dell’Oratorio invita a pregare il beato Vincenzo. I familiari iniziano a pregare insistentemente e dopo un certo periodo la bambina risulta guarita. A 25 anni e sta bene: quella patologia non si è più manifestata.

I resti mortali di san Vincenzo Grossi, già traslati nel 1944 dal cimitero di Vicobellignano a quello di Lodi, nel 1947 sono collocati nella cappella della Casa madre delle Figlie dell’Oratorio, a Lodi, dove tuttora vi riposano.

 

L’Istituto Figlie dell’Oratorio

Le Figlie dell’Oratorio, religiose di diritto pontificio, si propongono di vivere la sequela del Signore Gesù, nella Chiesa, mediante i tre voti di povertà, castità e obbedienza. Secondo il carisma donato loro dal beato Vincenzo, e in virtù della grazia battesimale, ricercano la conformazione ai sentimenti del Cuore di Cristo per essere testimoni gioiose dell’amore di Dio, in modo particolare servendo le giovani generazioni e mediante una attiva e discreta collaborazione con i sacerdoti nell’apostolato parrocchiale.

Attualmente le Figlie dell’Oratorio vivono e operano in 21 comunità e sono presenti in Italia, Argentina ed Ecuador. In Italia le comunità si trovano in Lombardia, Emilia, Toscana, Lazio, Basilicata, Calabria e Sicilia. Le suore sono circa 150; in questi ultimi anni due giovani hanno mostrato il desiderio di condividere il carisma delle Figlie dell’Oratorio: una ora è professa temporanea, l’altra sta compiendo il cammino di Noviziato.

Dal 21 giugno al 7 luglio scorso a Ronchiano di Castelveccana si è svolto il XVI Capitolo generale, nel quale è stato eletto il nuovo Capitolo generale. Alla pizzighettonese madre Marilena Borsotti, è succeduta come superiora generale la comasca madre Rita Rasero.

Con l’ausilio di personale laico e di collaboratori, le Figlie dell’Oratorio esprimono la missione ricevuta attraverso le scuole dell’infanzia, la scuola primaria, le opere di accoglienza per giovani studentesse e lavoratrici, il doposcuola, la catechesi, le proposte di formazione umana e spirituale, la pastorale giovanile e l’animazione oratoriana.

 

Facebooktwittermail