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Da Omobono la spinta ad essere una Chiesa più misericordiosa

Con il solenne canto del Magnificat, al termine dell’Eucaristia vespertina di domenica 13 novembre, presieduta dal vescovo Antonio in Cattedrale, si è chiuso, in diocesi, il Giubileo straordinario della misericordia aperto il 13 dicembre 2016. Una celebrazione solenne e semplice allo stesso tempo, caratterizzata dal ricordo di Sant’Omobono, patrono della città e della diocesi di Cremona. Accanto a mons. Napolioni, l’emerito Lafranconi, il vicario generale don Massimo Calvi, i vicari episcopali e numerosi sacerdoti. Ad animare la liturgia il coro della Cattedrale rafforzato dalla schola cantorum di Castelverde e dal Discanto di Cremona, tutti guidati da don Graziano Ghisolfi e accompagnati all’organo da Fausto Caporali e da un quartetto di ottoni. In mattinata sono state celebrate dell’Eucaristie di ringraziamento nelle altre tre chiese giubilari della diocesi: il Santuario di Caravaggio con il vicario giudiziale mons. Mario Marchesi, quello della Fontana di Casalmaggiore con il vicario generale don Calvi e quello della Misericordia di Castelleone con il vicario episcopale per la pastorale don Giampaolo Maccagni.

Il solenne Pontificale è stato preceduto, com’è tradizione, dall’omaggio dei ceri da parte dell’amministrazione comunale e provinciale. Il sindaco Galimberti con buona parte degli assessore e il neo presidente della Provincia Davide Viola sono stati accolti dinanzi alla Cattedrale dal parroco mons. Alberto Franzini e accompagnati in Cripta dove già si trovavano in preghiera i vescovi Napolioni e Lafranconi, i canonici del Capitolo della Cattedrale e i seminaristi diocesani che hanno garantito un impeccabile servizio liturgico.

Dopo un breve scambio di saluti e l’auspicio da parte del Vescovo di una collaborazione stretta e proficua tra Chiesa e istituzioni civili per la promozione del bene comune e la difesa della dignità della persona, il primo cittadino Galimberti ha acceso tre ceri che poi ha posizionato attorno all’urna del Santo Patrono. Quindi è stata recitata la preghiera scritta dal vescovo Dante.

Mentre i presuli e i sacerdoti, nella sagrestia capitolare, hanno assunto i paramenti sacri la delegazione cittadina ha raggiunto i primi banchi dove erano già posizionati il prefetto Piacciafuochi, il questore Bonaccorso, i comandanti provinciali delle forze dell’ordine e delle forze armate. In seconda fila i rappresentanti degli artigiani che all’offertorio hanno offerto alcune stoffe e una somma di denaro da destinare ai più poveri assistiti dalla Caritas: è, questo, l’annuale omaggio dei sarti al loro patrono che dopo una vita dedicata alla mercatura, all’età di 65 anni si è dedicato alla penitenza e alla carità.

Nell’omelia mons. Napolioni ha utilizzato un escamotage letterario e ha fatto parlare direttamente Sant’Omobono: «Sentendolo vivo oggi – ha esordito -, ho provato a chiedergli come ha visto e vissuto lui, al nostro fianco, l’anno giubilare che va a chiudersi. E cosa ci suggerisce per il cammino che continua». Ne è nata una corposa riflessione che guardando alle caratteristiche principali del Santo ha offerto spunti di vita concreta a tutti.

Anzitutto Omobono, per bocca del vescovo Antonio, ha esortato ad affidarsi totalmente alla verità del Vangelo: «Credete a me che tanto mi affannavo a tessere, a far da sarto e a commerciare, per vestire i ricchi, accontentare i mediocri, guadagnare e farmi una sicurezza». Una vita, dunque, tutta basata sulla ricchezza e sull’apparenza, ma al contempo segnata da una tremenda inquietudine e ansietà: proprio questi sentimenti lo portarono a 65 anni a vivere il suo Giubileo di misericordia, che dura tuttora: «Provare la commozione per il Vangelo e la spinta della carità è stata la svolta della mia vita. Quando potevo disperare di me, ho ricominciato a credere e sperare e il Signore mi ha fatto capre che non è mai troppo tardi per lui». Un invito alla speranza per tutti, perché sempre «si può ricominciare».

Quindi lo sprone ad essere uomini e donne di misericordia «perché il mondo non muoia nella durezza di cuore». Viceversa l’affidarsi alla sua Parola guarisce dall’indifferenza e conduce ad aprire l’esistenza all’altro: «La città – ricorda ancora Omobono – era la mia famiglia. Le guerre, la peste e le carestie, imponevano di non guardare dall’altra parte, e sentivo, finalmente, che i miei beni dovevo condividerli, generosamente e naturalmente, con chi soffriva».

Lo sguardo si è poi posato sul Giubileo non per fare un bilancio, ma per investire ancora di più in misericordia: «Al confessionale si giocherà ancora il futuro della Chiesa, se chi bussa troverà ascolto, comprensione, amore, il perdono di Dio stesso». E se una porta santa si chiude, non si ferma la missione dei cristiani che dovranno uscire per le strade per bussare a quelle porte «meno sante, quelle che sembrano sbarrate, maledette, che fanno paura. Per donare la pace e fare comunione».

Una accenno, senza però citarlo al Sinodo dei giovani: «Ascoltateli senza pregiudizi, perché vi stupiranno col bene di cui sono capaci, in ogni epoca».

Ai laici Omobono ricorda che la Chiesa ha bisogno estremo di loro per essere più bella, più leggere, più viva, più di Gesù: «Il vostro lavoro e la vostra partecipazione attiva alla vita della società siano sempre un contributo alla pace, al bene di tutti».

Da ultimo la spinta a non temere di fare silenzio per imparare veramente a pregare, a stare in dialogo con Dio: «Sapete che – racconta sempre il Santo -, convertito a più viva fede, io scelsi le vie della penitenza e della preghiera, per obbedire al Santo Vangelo e alla Madre Chiesa».

E infine l’augurio «di riprendere ancora, già da stasera, il cammino della santità. Io vi sarà sempre vicino, dal senso del mistero santo di Dio».

Il testo dell’omelia del vescovo Antonio (pdf)

Al termine dalla celebrazione, prima della benedizione episcopale con annessa indulgenza plenaria, è stato intonato il canto del Magnificat in segno di riconoscenza a Dio per il dono grande del Giubileo della Misericordia. Nel segno di Omobono, «uomo di pace, padre dei poveri e amante del vero».

Photogallery (Servizio Cristian Chiodelli)




Presentato in Cattedrale il restauro del “Gesù Cristo Crocifisso” di Boccaccio Boccaccino

Nella mattinata di lunedì 14 novembre in Cattedrale si è svolta la conferenza stampa di presentazione del progetto di recupero del dipinto Gesù Cristo Crocifisso di Boccaccio Boccaccino (1505 – 1510). L’opera cinquecentesca – dipinto a tempera su tela – ora collocata nella chiesa madre cittadina (navata sinistra), ma destinata al futuro Museo diocesano, sarà recuperata grazie al sostegno economico integrale del Comitato Soci Coop di Cremona, presente all’incontro attraverso il presidente Marcello Codazzi, affiancato da Susanna Cantoni (Direzione Soci e Consumatori Coop Lombardia).

Alla presentazione è intervenuto anche mons. Achille Bonazzi, incaricato per l’erigendo Museo diocesano, e il sindaco di Cremona, Gianluca Galimberti, che ha ringraziato il Comitato Soci Coop di Cremona «per questa operazione lungimirante e profetica, perché restituire bellezza in una città vuol dire ricostruire una comunità».

DSC_0017A più voci è stato quindi illustrato “Il ritrovato splendor”, ossia il progetto che consentirà all’opera – oggi “appannata” e scarsamente valorizzata – di ritrovare l’originaria bellezza: gli interventi riguarderanno in particolare la cornice, priva in alcune parti della doratura e il film pittorico, che andrà consolidato. L’intervento di restauro e pulitura è stato affidato a Studio Blu di Castelgoffredo e sarà condotto in Cattedrale, al fine di permettere la visione pubblica dell’iter degli interventi che inizierà a giorni, non appena giungerà l’ok della Sovrintendenza.

«Grazie alle persone che in prima battuta mi hanno coinvolto in questo progetto, a partire dalla dottoressa Elisa Loffi, e grazie a Susanna Cantoni e a Marcello Codazzi» ha pertanto precisato mons. Achille Bonazzi, che ha aggiunto: «Sono grato al Comitato Soci Coop di Cremona per il contributo all’impegno verso il Museo della Diocesi e della Cattedrale dove quest’opera restaurata verrà infatti esposta. Sinora la Sovrintendenza ha già autorizzato, per la collocazione in Museo, un centinaio di opere che vanno però pulite e messe in condizione di essere valutate e “gustate” nelle loro bellezza. Questa Crocifissione è stata individuata tra le opere destinate al Museo, innanzitutto perché al momento la sua collocazione in Cattedrale, in un punto di scarsa visibilità, non la valorizza; inoltre, la tecnica con cui è realizzata – tempera su tela – è alquanto delicata e richiede un’adeguata manutenzione. Ringrazio inoltre la Coop perché ha gettato una seme: proprio in questi giorni un’altra istituzione locale mi ha offerto il proprio contributo per un’opera, da individuare, necessitante di restauro e da destinare al futuro Museo. Una realtà, questa, che potrà compiutamente esistere nella sua bellezza solo se tutta la comunità, cristiana e non cristiana, la farà propria».

Plauso dunque all’iniziativa del Comitato Soci Coop di Cremona che non solo si fa carico integrale dei costi di restauro ma che ha voluto, promosso e ideato il progetto di recupero: un obiettivo connesso alle funzioni sociali proprie della realtà cooperativa, per sua natura ed essenza chiamata a fare rete nel territorio in cui opera. «Grazie a interventi come questi – ha quindi concluso il sindaco – possiamo riascoltare il racconto di umanità e spiritualità che affiora dalle opere d’arte». Il Gesù crocifisso, restaurato, verrà presentato alla città in una pubblica serata in Cattedrale, il 5 febbraio alle ore 20.30: ospite dell’evento il critico d’arte prof. Vittorio Sgarbi, protagonista di una lectio magistralis sul dipinto del Boccaccino e su altre preziose opere della chiesa madre cittadina.




Le esequie di don Merisio: «Un prete al suo posto»

Immerso nel silenzio del lunedì, dopo una domenica affollata per la chiusura del Giubileo, il santuario di S. Maria del Fonte presso Caravaggio ha dato l’ultimo saluto a don Angelo Merisio, parroco emerito di Fornovo San Giovanni, stroncato da un infarto nella mattinata di venerdì 11 novembre. Il sacerdote, originario proprio di Caravaggio, amava questo luogo di pace e spiritualità e spesso, quando lo stato di salute lo permetteva, celebrava l’Eucaristia e si spendeva volentieri per il ministero della Penitenza.

Nel primo pomeriggio di lunedì 14 novembre, dunque, si è tenuta la liturgia esequiale presieduta dal vescovo Napolioni affiancato dall’emerito Lafranconi, dal vicario generale don Calvi, dal vicario giudiziale don Marchesi e da una quarantina di altri sacerdoti, tra i quali alcuni compagni di ordinazione, avvenuta nella Cattedrale di Cremona il 27 maggio 1961.

Poco prima delle 14.30 il rettore del grande complesso mariano, don Antonio Mascaretti, ha benedetto la salma composta nella sala Giannetta del centro di spiritualità: in questa improvvisata camera ardente tra sabato e domenica centinaia di persone hanno voluto mostrare il loro affetto a questo sacerdote che ha speso il suo ministero prima come vicario a Soresina e a Sant’Ilario e poi come parroco a Crotta d’Adda e a Fornovo San Giovanni.

Terminata la preghiera si è ricomposta la processione con una ventina di sacerdoti che hanno preceduto il carro funebre: il mesto corteo ha attraversato il grande cortile del Santuario ed è giunto dinanzi all’ingresso centrale della basilica da dove don Angelo ha fatto il suo ultimo ingresso portato a spalla. Seguivano i familiari con il fratello Franco, generoso sacrista del santuario.

Nell’omelia mons. Napolioni ha rimarcato il clima di silenzio e di pace che si respirava in santuario: «Lo stesso silenzio e la stessa pace – ha esordito – che spesso hanno attirato don Angelo in questo luogo sacro. È lo stesso silenzio del grembo di Maria dove c’è bisogno e voglia di ascoltare la Parola di Dio».

Il vescovo non ha voluto tracciare la storia del sacerdote defunto perchè «non è il momento della resa dei conti, ma il tempo del magnificat da innalzare per le grandi cose che Dio ha compiuto attraverso di lui». E pur non avendolo conosciuto a fondo mons. Napolioni ha potuto apprezzare negli incontri avuti «la sua semplicità, la sua dolcezza, la sua serenità». Don Angelo «dava proprio l’impressione di essere al suo posto, nonostante non fosse più in prima linea. Era al suo posto nel disegno di Dio, nel suo amore al Chiesa e anche davanti a se stesso».

Commentando il Vangelo del giorno incentrato sulla guarigione del cieco il celebrante ha affermato: «Anche don Angelo avverte il passaggio di Gesù e più che mai ripete l’invocazione: abbi pietà di me! Essa non è sola una rischiesta di perdono, ma esprime anche il bisogno di non sentirsi soli, manifesta la consapevolezza che le nostre forze sono insufficienti e dunque occorre affidarsi a Dio». E il Signore «non vede l’ora di avere pietà di noi», una grande verità di fede che «don Angelo ha sempre annunciato ai fratelli pur con i suoi limiti».

Come il cieco guarito don Merisio ora «vede di nuovo, vede ancora meglio la sua vita, vede la luce. Quanta luce – ha concluso mons. Napolioni – risplende nel cuore di chi con umiltà si consegna a Dio. Don Angelo che sta entrando nella pienezza di Dio sta sperimentando questa verità».

Al termine della celebrazione vescovi e sacerdoti hanno accompagnato il feretro dinanzi al Sacro Speco per una preghiera di affidamento alla Beata Vergine di Caravaggio, quindi all’esterno della basilica un’ultima benedizione prima del trasferimento nella chiesa arcipretale di Caravaggio, dove don Angelo celebrò la sua Prima Messa, per un ulteriore suffragio della comunità parrocchiale. L’ultimo atto il trasferimento nel cimitero locale per la tumulazione.

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BIOGRAFIA DI DON MERISIO

Don Angelo Merisio era nato a Caravaggio il 16 giugno 1934, ed era stato ordinato il 27 maggio 1961 insieme ad altri 12 confratelli, di cui due già deceduti: il vescovo Maurizio Galli e don Carlo Vignola.

Ha iniziato il suo ministero pastorale come vicario a Soresina, quindi nel 1965 il trasferimento a Cremona, presso la parrocchia Ss. Apollinare e Ilario.

Nel 1979 la promozione a parroco di Crotta d’Adda, dove è rimasto per ben 16 anni. Nel 1995, infine, il trasferimento a Fornovo S. Giovanni fino al 2011, anno in cui lasciò per raggiunti limiti d’età.

Da allora era tornato nella sua Caravaggio.




Mons. Napolioni ai Primi Vespri di S. Omobono: «Missionari della carità»

Vigilia solenne in Cattedrale alla celebrazione dei Primi Vespri di sant’Omobono, patrono della città e della diocesi di Cremona, sabato 12 novembre, alle 17, presieduti dal Vescovo Antonio Napolioni.

Alla preghiera liturgica, che ha aperto l’annuale festosa memoria del primo laico canonizzato dalla Chiesa, hanno partecipato il vescovo emerito, mons. Dante Lafranconi, il vicario generale don Massimo Calvi, il vicari episcopale don Gianpaolo Maccagni, il Capitolo della Cattedrale, gli studenti e i formatori del Seminario diocesano insieme ad altri sacerdoti e ad una numerosa assemblea di laici e religiose. Tra loro in particolare i ministri straordinari dell’Eucaristia, che proprio nel pomeriggio hanno celebrato il loro Giubileo in Cattedrale, promosso dall’Ufficio diocesano per il Culto divino, guidato da don Daniele Piazzi, e presieduto dal parroco del Duomo, mons. Alberto Franzini.

Nel clima spirituale del Vespro si è anche tenuto il rito di ammissione come candidato al Diaconato e Presbiterato di un giovane di Soncino, seminarista da alcuni anni – William Dalé – quest’anno a servizio nelle parrocchie cittadine di S. Francesco, S. Bernardo e Immacolata Concezione.

Il coro “Voci Virili di Cremona”, diretto dal maestro don Graziano Ghisolfi, ha introdotto la preghiera con l’inno latino “Beate Pauperum pater” (O beato padre dei poveri), e il canto dei salmi ha coinvolto tutta l’attenta assemblea.

La breve riflessione del Vescovo ha preso avvio dalla domanda sul senso della fastosità e della bellezza con cui la liturgia circonda la memoria di un santo, tra l’altro dedito alla fattiva condivisione coi poveri. Il pensiero è andato al destino di gloria di ogni credente che davvero abbia vissuto la carità: essere rivestiti della dignità di figli, avvolti nella misericordia infinita e nella tenerezza di Dio. Una veste nuova e immortale, impareggiabile, di fronte alla quale impallidisce ogni misura di grandezza e bellezza terrena.

Riferendosi alla felice circostanza della ammissione di un giovane tra i candidati al sacerdozio, il Vescovo ha ricordato come la scelta di rispondere alla vocazione presbiterale significhi disporre la propria vita a sostenere non tanto il peso di solenni e ricchi paramenti, quanto – e molto di più – a portare il peso di un amore fedele ed esigente.

E ai ministri ausiliari dell’Eucaristia – che hanno ottenuto il mandato per il triennio 2016/2019 – ha voluto raccomandare di non sentirsi importanti per il servizio che li associa intimamente al Cristo; piuttosto di sentirsi un po’ smarriti dinanzi alla fiducia che il Signore ripone in ciascuno di loro, chiamati ad essere nel loro servizio “una carezza di Dio” per tanti malati o anziani.

Terminata l’omelia mons. Napolioni ha chiesto al giovane seminarista di esprimere pubblicamente la sua libera e matura volontà di mettersi in cammino verso il sacerdozio; e successivamente ha rivolto analoga domanda ai nuovi ministri – laici e religiosi – per il servizio all’Eucaristia. Per tutti ha invocato, unito alla Chiesa, la benedizione di Dio.

La preghiera dei Primi Vespri della Solennità patronale – trasmessa in diretta streaming dal nostro portale e dall’emittente radiofonica RCN-InBlu – si è quindi conclusa con il tradizionale corale inno a sant’Omobono.

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85° VESCOVO
Mons. Napolioni eletto vescovo di Cremona

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Il vescovo Lafranconi amministratore apostolico
Il saluto del sindaco di Cremona Gianluca Galimberti
Il saluto al Vescovo di AC, CL e Neocatecumenali
Il saluto degli Scout a mons. Antonio Napolioni

 

 

Delegazione

 

 

 

Omobono

Seminario

 

 

 

Vocazione

 

La storia dei Napolioni: insigne famiglia originaria del piccolo comune di Pievebovigliana

 

 

 

VescovoPapa

 

 

In attesa dell’ordinazione episcopale:
12 gennaio: in preghiera sulla tomba di Mazzolari
13 gennaio: dal Nunzio per ricevere la Bolla di nomina
La preghiera della comunità di Taizè per il vescovo Antonio

 

 

 

Ingresso del vescovo Antonio

VescovoAntonio

 




Il “Banco editoriale” delle Paoline per il carcere

Dal 4 al 20 novembre in tutte le librerie Paoline – e naturalmente anche presso il negozio di Cremona, in piazza della Libertà, angolo via Decia – si terrà il “Banco editoriale”. Si tratta di un’iniziativa di solidarietà che si ispira al più famoso “Banco alimentare” e che consiste nell’acquisto di libri che saranno poi donati a realtà disagiate. Quest’anno l’iniziativa guarda al carcere.

I libri destinati ai detenuti fanno parte di un elenco deciso in base agli orientamenti dell’Ispettore generale dei cappellani delle carceri, che ha fornito indicazioni circa i contenuti e il formato dei libri. Tale elenco, comunque, non esclude la possibilità di integrazioni da parte di ogni singolo acquirente, purché siano rispettate le indicazioni dell’Ispettorato (libri non cartonati ma con copertina in brossura).

Per chi acquisterà a favore del Banco editoriale è previsto uno sconto del 15%.

Per la casa editrice Paoline il “Banco editoriale” intende essere un segno di solidarietà verso una di quelle “periferie esistenziali” più volte indicate da papa Francesco come “territorio” verso cui muoversi e di cui prendersi cura.

La scelta di quest’anno guarda alle carceri data una particolare coincidenza: proprio domenica 6 novembre, infatti, Papa Francesco presiederà a Roma il Giubileo per i detenuti con i loro famigliari, il personale penitenziario, i cappellani delle carceri e le associazioni che offrono assistenza all’interno e all’esterno degli istituti di pena.

La durata del Banco è dal 4 al 20 novembre, con la possibilità di prolungare tale iniziativa qualora ci fosse la necessità.




Chiusura del Giubileo/1. Al Santuario di S. Maria del Fonte presso Caravaggio Messa presieduta da mons. Mario Marchesi

Si è aperta con le note dell’inno “Misericordes sicut Pater” , cantato dall’unione corale Don Domenico Vecchi, la messa conclusiva dell’anno giubilare, celebrata la mattina di domenica 13 novembre, alle 10, al santuario S. Maria del Fonte presso Caravaggio. A presiedere la celebrazione c’era il vicario generale mons. Mario Marchesi, attorniato da diversi sacerdoti, tra i quali il rettore del Santuario, don Antonio Mascaretti.

Ricca di riflessioni l’omelia di mons. «La nostra celebrazione eucaristica – ha esordito mons. Marchesi – quest’oggi è caratterizzata da due motivazioni. La prima è che oggi per la diocesi di Cremona ricorre la solennità di sant’Omobono, patrono della diocesi, un santo laico vissuto più di 800 anni fa, sposato con figli. Tutta la sua vita è stata caratterizzata dallo spirito cristiano che si è espresso in un modo singolare in quelle che la Chiesa Cattolica chiama le opere di misericordia».

Mons. Marchesi ha quindi focalizzato la figura del Patrono attraverso una rilettura delle pagine delle Sacre Scritture del giorno, tratte dal libro del Siracide e dalla seconda lettera di san Paolo ai Corinzi.

«Le letture di oggi – ha precisato mons. Marchesi – rimarcano proprio la dimensione della carità che comprende ma non si limita all’elemosina. La prima lettura ha presentato una serie di affermazioni che mettono in relazione l’attenzione ai bisogni con il perdono dei peccati, e ancora lo sguardo benevolo del Signore nei confronti dei poveri e di coloro che operano in loro favore. La seconda lettura ci ha esortato a donare con gioia, e non con tristezza o per forza. Il brano di Vangelo è il discorso di Gesù sulla Provvidenza di Dio. Siamo chiamati all’impegno di compiere tutte le opere di bene che ci riescono possibili. Il bene va fatto sempre e va fatto bene. Siamo anche richiamati a credere nella provvidenza di Dio e a farci guidare da essa nei nostri comportamenti quotidiani».

Secondo elemento caratterizzante della giornata la chiusura in dioesi dell’anno della Misericordia. «In questo Santuario, dove lo abbiamo iniziato lo scorso anno, – ha spuiegato l’ex vicario generale – ora esprimiamo il suo termine. Nel manifesto celebrativo di quest’anno, esposto anche all’entrata del Centro di spiritualità, si ritrae papa Francesco di spalle mentre apre una porta con una scritta, sempre dello stesso Papa: “La Misericordia prenda possesso dei nostri cuori e trasformi tuta la nostra vita”. Che cosa può significare questa frase per noi? Un santo antico, sant’Isacco il Siro, vissuto nel VII secolo, vescovo di Ninive, disse al suo discepolo: “Ecco, fratello mio, un comandamento che ti lascio, che la misericordia prevalga sempre sulla tua bilancia fino al momento in cui sentirai in te stesso la misericordia che Dio prova per il mondo”. Per nostra fortuna, della nostra Chiesa e di tutto il mondo, la misericordia di Dio non va mai in pensione. Il Signore continuerà ad avere misericordia, a darci il suo perdono e le sue indulgenze, anche terminato quest’anno. A noi però chiede di non cessare di invocarlo con insistenza. Molto può la preghiera del giusto fatta con fede e perseveranza. Ce lo insegna sant’Omobono. Nella celebrazione di inizio di questo anno singolare abbiamo detto che avere misericordia significa fare del bene. Dobbiamo imparare sempre di più a metterlo in atto nei nostri rapporti con gli altri. Non è un compito facile perché la nostra natura malata ci spinge all’egoismo, ma da cristiani dobbiamo sentirlo come un dovere».

Rossella Ferrari

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Pranzo del vescovo Antonio con gli ultimi della città

Si è rinnovata, nel segno di Sant’Omobono, padre dei poveri, la bella tradizione del pranzo del Vescovo con gli ospiti delle opere segno della Caritas cremonese e con gli utenti delle Cucine benefiche gestite dalla San Vincenzo diocesane. Domenica 13 novembre mons. Napolioni affiancato da don Antonio Pezzetti, dal sindaco Gianluca Galimberti e da Rosita Viola assessore alla vivibilità sociale, ha pranzato nella tensostruttura montata per l’occasione nel cortile della Casa dell’Accoglienza. Attorno a lui quelli che la società di oggi considera gli ultimi: i richiedenti asilo, i poveri cronici e quelli resi tali dalla recente crisi economica, gli ospiti della Casa della Speranza. Seduti a tavola anche tanti operatori che, ispirati al Vangelo e nel seno della Chiesa, vivono la solidarietà in prima persona. Ottimo il pranzo preparato dai cuochi della Casa dell’Accoglienza capitanati da Sandra Pagliarini che proprio nei giorni scorsi ha ricevuto il premio di “soncinese dell’anno” per la sua molteplice attività nel mondo del volontariato. Il servizio ai tavoli è stato offerto da alcuni richiedenti asilo coordinati da Gigi Cappellini e dagli altri operatori Caritas. Presente anche il dottor Cristiano Beltrami, vicedirettore Caritas, appena tornato dalle zone terremotate di Camerino-San Severino Marche dove si è recato per iniziare il gemellaggio che durerà alcuni mesi e che sarà coordinato da Nicoletta Doria Colonna.

Al suo arrivo il Vescovo è stato accolto dai suoni e dalle danze di alcuni profughi: mons. Napolioni non si è tirato indietro e insieme al sindaco Galimberti ha accennato ad alcuni passi di danze. Un gesto molto apprezzato dai giovanissimi ospiti.

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On-line l’intervento di Malaika Ribolati, vicedirettore del centro formazione camilliano di Verona, sull’umanizzazione della cura

Giovedì 17 novembre, presso l’aula magna dell’ospedale di Cremona, si è tenuto il secondo incontro, promosso dall’Ufficio diocesano per la Pastorale della salute diretto da don maurizio Lucini, sulla “Umanizzazione della cura”, con uno sguardo all’antropologia medica di Malaika Ribolati, vicedirettore del centro formazione camilliano di Verona.

L’atteggiamento verso la salute, la sofferenza, la morte, la guarigione, la ricerca scientifica, il servizio al sofferente dipende dalla risposta all’interrogativo: “quale uomo?”. Se la medicina non recupera il suo soggetto che è l’uomo nella sua totalità, reintroducendo il soggetto uomo non solamente come essere biologico, ma come essere biologico-umano, se non considera la malattia e la guarigione come “eventi-umani”, se non considera il malato come protagonista attivo del processo terapeutico, non si potrà arrivare all’umanizzazione del mondo sanitario. Nell’ambito dell’antropologia medica s’iscrive la riflessione sul curare e prendersi cura.

Intervento di Malaika Ribolati

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Chiusura del Giubileo/2. Al Santuario della Madonna della Fontana di Casalmaggiore Messa presieduta dal vicario generale don Calvi

Era gremito domenica 13 novembre, alle 10.30, il Santuario della Madonna della Fontana, una delle chiese giubilari in diocesi, per la chiusura dell’Anno Santo della Misericordia. La concelebrazione liturgica, cui hanno partecipato tutti i frati minori del Santuario, è stata presieduta dal vicario generale don Massimo Calvi. Fra i fedeli era presente anche il sindaco di Casalmaggiore, Filippo Bongiovanni.

Ha prestato servizio all’altare il diacono permanete Luigi Lena. I canti sono stati affidati alla corale locale.

In apertura è intervenuto padre Bruno Signori, rettore del Santuario, il quale, citando la presenza del primo cittadino, ha affermato che il «Giubileo è un evento anche sociale per tutti coloro che hanno un cuore aperto». Padre Bruno ha ricordato che nei mesi scorsi sono stati accolti tanti pellegrini. «Siamo testimoni di una grazia ritrovata», ha proseguito il cappuccino. E ancora: «»Se mi permettete una battuta, possiamo dire che la Madonna quest’anno ha fatto gli straordinari”. Padre Bruno ha pure accennato agli incontri di Papa Francesco con gli ultimi.

Quindi don Calvi ha espresso la propria gioia per essere a Casalmaggiore. «È la prima volta che vengo qui – ha dichiarato il vicario generale – e mi faccio pellegrino anch’io. Oggi si celebra sant’Omobono: insieme termina l’anno giubilare, un anno di grazia e misericordia».

Nell’omelia sempre don Calvi ha sottolineato: “Ogni Messa è rendimento di grazie a Dio per i suoi frutti. Oggi si fa più profondo, perché al termine di quest’anno giubilare vogliamo rendere grazie a Dio per i suoi doni. È bello che la nostra diocesi si trovi a celebrare la chiusura del Giubileo nel giorno in cui si fa memoria di uno come Omobono, che ha reso concreta la misericordia di Dio”.

«Tutta la diocesi sente di essere parte di un’unica Chiesa», ha detto ancora il celebrante. Che ha proseguito: «Noi onoriamo i Santi perché in loro vediamo i frutti più maturi della Grazia di Dio. E pure noi possiamo sentirci parte dell’albero che ha dato tali frutti. Anche noi possiamo chiamarci frutti. Da dove ha tratto Omobono la forza di convertire la propria vita? Si è innamorato del Vangelo. Era uno sposo, un padre, un commerciante un po’ avanti con gli anni, ma ha capito che la sua vita non gli bastava più. Allora ha rivolto lo sguardo verso i poveri e i bisognosi diventando segno e strumento della misericordia di Dio. Omobono si è accorto che il vero tesoro della vita era Cristo, la sua Croce e il suo Vangelo. E gli ha offerto il proprio cuore. Qui siamo in un luogo legato alla presenza di Maria e qui sotto c’è la fonte da cui esce continuamente l’acqua benedetta. Noi siamo chiamati a bere a questa fonte della misericordia di Dio. Ci aiuti la Vergine ad abbeverarci a questa fonte per chiedere la Grazia dell’amore di Dio».

Guido Moreschi