Al Muro del Pianto, in preghiera con i «fratelli maggiori»

La sesta giornata di pellegrinaggio in Terra Santa si è conclusa nel luogo più sacro per gli ebrei. In mattinata l'escusione nel deserto di Giuda. Nel pomeriggio la visita al Cenacolo e la Messa a San Pietro in Gallicantu

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Mentre buona parte di Gerusalemme si è fermata a causa dello Shabbat, ovvero del sabato ebraico, i pellegrini cremonesi nella giornata dell’11 marzo hanno trascorso un’intesa mattinata nel deserto di Giuda, mentre nel pomeriggio sono saliti sul Sion Cristiano per la visita al Cenacolo e alla basilica della Dormizione di Maria e per celebrare l’Eucaristia nella chiesa di San Pietro in Gallicantus. Verso sera alcuni si sono diretti al Muro del Pianto per una preghiera tra gli ebrei, che Giovanni Paolo II definì «nostri fratelli maggiori» e poi si sono soffermati al Santo Sepolcro per venerare il luogo dove Cristo è stato deposto e da dove è risorto.

Già verso le 8.30  i pellegrini sono giunti nella località di Qumran, poco lontano dalla sponda del Mar Morto. Qui, nella seconda metà del XX, un ragazzino beduino che portava le sue capre al pascolo scoprì casualmente in una delle grotte che caratterizzano la zona, delle giarie di terracotta, alcune delle quali rotte o rovinate altre invece ancora ben chiuse dal coperchio. All’interno furono trovati antichissimi manoscritti, tra cui i più antichi manoscritti biblici. La zona fu subito meta di studiosi e archeologici che scoprirono che a parire dal II secolo in questa zona si stabilì una comunità ebraica – gli esseni – desiderosa di ristabilire il giudaismo puro pervertito dalla classe sacerdotale di Gerusalemme. Gli esseni vivevano in comunità lavorando, studiando le Scritture e attendendo l’arrivo del Messia. Disciplina e stile di vita che assomigliava molto a quello dei monaci cristiani. La comunità sparì nel 70 dopo Cristo, anno in cui i Romani sedarono la rivolta giudaica mettendo a ferro e fuoco l’intero Paese. Certamente fu in quella occasione che gli esseni nascosero i loro testi sacri in anfore all’interno di grotte per non lasciarli cadere in mano pagana. In quegli anfratti del deserto di Giuda sono stati conservati per duemila anni. Oggi tutti i rotoli si trovano nel Museo Nazionale d’Israele, ma i pellegrini cremonesi hanno potuto ammirare alcune copie, oltre che il sito archeologico comprendente una sala per la scrittura, un refettorio, un forno, un mulino, un laboratorio e una cucina, nonchè i bagni per i rituali di purificazione. Un posto davvero affascinante incastonato tra le montagne del deserto e la pianura che poi termina con il Mar Morto.

Photogallery della visita al sito di Qumran

E proprio questa singolare immensa distesa d’acqua, posta nel depressione più profonda del nostro pianeta (-400 metri) è stata la meta successiva della mattinata. Pochi minuti che però hanno permesso ad alcuni di bagnarsi i piedi. L’acqua del Mar Morto, oltre ad avere proprietà terapeutiche – in questa zona si producono creme e saponi – ha una caratteristica unica: la sua salinità permette di galleggiare come se si fosse seduti in poltrone: tipiche sono le fotografie dei turisti mentre, sdraiati nell’acqua, leggono paciosamente il giornale. Un’altra caratteristica da non trascurare è la qualità dell’aria, incredibilmente secca, molto ricca di ossigeno, priva di poliini e inquinamento.

L’ultima tappa prima del pranzo è stato il monastero di San Giorgio in Koziba nel cuore del deserto di Giuda, in un ambiente arido e affascinante, spazzato da una vento forte che ha mitigato il calore del sole che fin dalla prima mattina ha fatto sentire la sua presenza. Il complesso di San Giorgio è un vero e proprio gioiello di architettura monastica, un luogo magico della Terra Santa e uno dei più remoti monasteri nel mondo. Per arrivarci occorre percorrere una mulattiera parecchio ripida, tanto che alcuni beduini del deserto offrono un passaggio ai turisti sui loro somarelli per pochi euro.

 

Attorno al monastero, abitato fin dal quarto secolo, vi sono alcune grotte che hanno ospitato nel corso dei secoli alcuni monaci anacoreti giunti proprio in questa landa perchè la tradizione vi situa il ritiro del profeta Elia quando il Signore gli ordinò di nascondersi nel deserto. Oggi nel monastero, aperto per le visite anche alle donne, vivono cinque monaci ortodossi che proseguono nell’ideale ascetico del fondatore San Giorgio.

 

Photogallery della visita al deserto di Giuda e al Mar Morto

Nel pomeriggio, subito dopo il pranzo consumato a Gerusalemme, i pellegrini sono saliti sul Sion cristiano, una zona posta alla Porta di Sion e a nord della valle della Geenna, appena fuori dalla città vecchia. Qui sorge il Cenacolo, un luogo assai caro ai cristiani poichè in questa “sala del piano superiore” Gesù istituì l’Eucaristia e il sacerdozio ministeriale durante l’Ultima Cena, compì la lavande dei piedi, apparve da Risorto e donò lo Spirito a Pentecoste. Oggi questa grande sale, che fu nel corso dei secoli anche una moschea, è sotto il controllo degli israeliani: vano fu l’appello che Giovanni Paolo II fece durante il Grande Giubileo perchè essa tornasse ai cristiani. Tra le volte di questo ambiente posto a pochi passi dalla tomba del Re Davide, i cremonesi hanno letto il brano evangelico dell’ultima cena con una certa emozione e trasporto spirituale.

La basilica della Dormizione che con la sua maestosa cupola domina l’intero Monte Sion è stata l’altra meta del pomeriggio. La tradizione cristiana pone sul Sion il luogo in cui la Madonna passò dalla vita terrena a quella celeste. La chiesa che custodisce questo mistero è retta dai benedettini tedeschi ed è stata costruita nel XX secolo. Nella Cripta vi è una statua delle Vergine Dormiente che ricorda come la Madre di Dio non morì, ma si addormentò.

A San Pietro in Gallicantu, luogo in cui la tradizione pone l’annuncio del tradimento di Pietro da parte di Gesù i cremonesi hanno celebrato l’Eucaristia. Non è escluso che in questo luogo ci fosse l’abitazione di Caifa, il sommo sacerdote che contribuì alla condanna di Cristo. Nella cripta della chiesa c’è un complesso di grotte e di stanze, una delle quali fu utilizzata come prigione: potrebbe essere stato il luogo di detenzione di Gesù la notte del giovedì santo, in attesa del mattino per portarlo da Pilato. I pellegrini hanno anche potuto ammirare una scala del primo secolo che corre parallela alla chiesa: con molta probabilità il Figlio di Dio la salì per andare da Caifa.

«Al centro di questo pelleggrinaggio c’è quella tomba vuota – ha esordito il Vescovo nell’omelia -. Al centro di questo pellegrinaggio c’è l’esperienza di un cuore che, invece, si riempie, perché quella tomba è vuota e noi riceviamo vita. Ecco perché stasera vorrei fermarmi un istante con voi qui sul Sion, vicini al Cenacolo, a vivere davvero ciò che l’Eucaristia ci offre ogni volta che vogliamo, ogni volta che possiamo».

Per mons. Napolioni ha ricordato che nel Cenacolo si possono fare memoria di tre momenti. Anzitutto la cena pasquale: «Gesù consegna il pane e il vino attribuendo a essi il valore di essere segno perenne, memoriale della sua imminente morte e risurrezione. È lui il vero agnello, è lui che dona la sua vita. E lo fa vedere anche lavando i piedi ai discepoli, ricordando dunque che c’è un Eucaristia celebrata, ma che ci deve essere anche un’Eucaristia vissuta e testimoniata nella carità fratena».

Quello stesso luogo alcuni giorni dopo diventa teatro delle sue apparizioni da Risorto: «C’era sicuramente Maria durante la cena, ma era lì anche quando il Signore è venuto e ha detto: “Pace a voi! Ricevete lo Spirito Santo”. La Pentecoste – ed è il terzo momento – non è un episodio della vita di Gesù: è la nuova realtà, è l’essenza della Chiesa, la consegna, da parte del Padre e del Figlio, dello Spirito Santo, che procede dal Padre e dal Figlio, dà la vita e fa di noi il corpo di Cristo». Mons. Napolioni ha quindi ricordato che il vero protagonista del pellegrinaggio è  lo Spirito Santo: «È Colui che era con noi prima ancora che partissimo da Cremona. È Colui che ci ricondurrà a casa»

E così ha concluso guardando alla Vergine: «Nel libro dell’Apocalisse il segno della donna vestita di sole, Maria assunta in cielo non sono privilegi singolari, ma segnali stradali che ci indicano la via del pellegrinaggio che continua. Dalla terra al cielo, giorno per giorno, nei giudizi che diamo su di noi e sugli altri, nella qualità della vita nelle sue piccole cose. Lì si vede chi siamo!».

Ascolta l’omelia di mons. Napolioni

Il pomeriggio è proseguito al Muro del Pianto meta di numerosi osservanti ebrei intenti a celebrare lo Shabbat, il giorno di sabato, per loro così sacro da evitare ogni lavoro. Non è stato possibile documentare questo intenso momento di preghiera e di omaggio ai «fratelli maggiori» con una serie di foto e filmati perchè proibite in quanto sabato – ne abbiamo scattate soltanto qualcuna eludendo il divieto -, ma l’emozione è stata davvero palpabile.

Photogallery della visita al Monte Sion e al Muro del Pianto

Ancora più emozionante la visita all’interno dell’edicola del Santo Sepolcro, impossibile il giorno precedente a causa di una folla enorme e di una solenne celebrazione degli armeni ortodossi. Dopo una mezz’ora di attesa i pellegrini sono potuti entrare prima nella Cappella dell’Angelo e poi nel piccolo antro dove si trova la lastra su cui fu poggiato il corpo di Gesù e dalla quale è risorto. Quattro per quattro i cremonesi sono entrati e hanno baciato la lastra che i monaci ortodossi continuano a spalmare con profumi e unguenti. In quei pochi istanti ciascuno ha rinnovato la sua fede nel Dio vivo.

 

Domenica mattina, ultimo giorno di pellegrinaggio vero e proprio, è prevista la sosta alla Spianata del Tempio, quindi visita del nuovo museo francescano e della chiesa di S. Anna dove alle ore 12 sarà celebrata la S. Messa. Nel pomeriggio tappa allo Yad Vashem, il Museo dell’Olocausto e continuazione per Ein Karem con la visita ai santuari che ricordano la Nascita di S. Giovanni e la Visitazione di Maria ad Elisabetta.

Lunedì 13 marzo, di primissimo mattino, l’imbarco per l’Italia: l’arrivo a Cremona è previsto per l’ora di pranzo.

 

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