Un ricordo del professor Gabbani: uomo, insegnante e credente

Dopo essere stato preside dell’Istituto Vacchelli di Cremona, continò alla guida del liceo Vida del Seminario

image_pdfimage_print

Il professor Piervincenzo Gabbani avrebbe compiuto 95 anni il prossimo 10 settembre. La sua fibra forte e il suo cuore hanno cessato di battere. Anche le querce e gli alberi secolari, sotto la violenza della pandemia di questi giorni cadono. Il Seminario e la comunità diocesana è riconoscente a quest’uomo che ha dato tutta la sua vita, per il bene della famiglia, della scuola, della Chiesa. Uomo di fede, attivo nella parrocchia di sant’Ilario, nell’Azione cattolica, come presidente dell’Associazione genitori e animatore di tanti incontri, presidente per molti anni del Circolo culturale Sant’Antonio Maria Zaccaria.

Io lo ricorderò, in questo breve ritratto, per la sua presidenza al Liceo Vida del Seminario, dopo aver retto la presidenza dell’Istituto Vacchelli di Cremona. Una volta in pensione era stato chiamato dall’allora rettore don Maurizio Galli e aveva firmato la sua disponibilità annuale, per l’anno scolastico 1993/1994 alla vigilia del compimento dei suoi sessant’otto anni. Disponibilità che si rinnovò, di anno in anno, fino all’anno 2005, godendo la fiducia del futuro vescovo di Fidenza, di mons. Amedeo Ferrari e di don Enrico Trevisi, i rettori che accompagnarono il suo servizio come responsabile della piccola comunità del Liceo classico Vida. Accompagnato dalla sua fedele segretaria, la signora Silvana.

Per tutti era “il Preside” e quel ruolo lo calzava a pennello. Nel vestire, nel porsi, nella sicurezza che infondeva quando gli si chiedeva un parere, un aiuto, un consiglio sulla legislazione scolastica. Educato alla “vecchia” scuola del rispetto e del dovere, senza mancare di intelligenza e di paternità, quando incontrava le persone, non distingueva insegnanti, alunni e genitori, aveva una dose di rispetto sempre “sopra le righe”, cioè trattava l’altro sapendo che aveva davanti una persona e, sebbene vivesse in pienezza il suo ruolo, tuttavia non lo usava per nessuna cosa al mondo.

Io l’ho avuto come preside al Liceo Vida per due anni, dal 2003 al 2005. Di lui vorrei sottolineare tre parole che mi pare descrivano bene l’uomo, l’insegnante, il credente.

Anzitutto la schiettezza. Era un uomo preparato e il suo lavoro sapeva farlo, con professionalità e forza. Si poneva sempre con sicurezza nelle vicende scolastiche. Ed era un punto di riferimento per tutti. Chi andava in presidenza, chi lo interpellava al telefono, quando fermava in corridoio o entrava in classe non era per dire un “forse”, ma per affermare una cosa sicura, una risposta a ciò che si era chiesto. E difficilmente ritornava sulla sua decisione. Non perché non contemplasse le altre possibilità. Le aveva già contemplate, ma poi riteneva, per la sua esperienza, per la sua saggezza, per ciò che aveva sperimentato nella sua vita che la sua posizione era la più corretta. E la portava avanti, sopportando le critiche, con grande tenacia.

In secondo luogo era un uomo. Vero. Autentico. Senza fronzoli o sbavature. Tutto d’un pezzo. Sembrava un generale (senza armi, naturalmente) al comando della sua truppa. La scuola era la sua famiglia e gli insegnanti il suo corpo d’armata. Insieme si discuteva, si progettava, si sognava. Fu lui, nell’anno 2000, appena approvata la Legge 62 sulla parità scolastica a fare diventare paritario il liceo classico Vida. E non ha mai abbandonato il campo di battaglia, anche quando la situazione era difficile o il mondo della scuola, rispetto all’inizio della sua carriera, diventava sempre più complicato. Era capace di farsi vicino alle situazioni critiche, ai lutti che colpivano le famiglie degli studenti e degli insegnanti. Da preside si faceva padre e fratello. In cammino insieme alle persone che con lui vivevano e lavoravano. Ha sempre desiderato che i ragazzi del Vida fossero esemplari, in tutto. Nel linguaggio, nel vestire, nel comportamento. Ricordo, memorabile, una volta entrò nella mia ora. Era il 2004. La quinta liceo doveva partecipare alla proiezione del film: “Io non ho paura” di Gabriele Savadores, insieme ad altre scuole di Cremona. La “ramanzina” che fece fu centrata sul rispetto a se stessi e agli altri, sul contrasto che loro, piccola classe, avrebbe dovuto avere rispetto alle centinaia di studenti provenienti da altri Istituti.: “Scusi – chiese un alunno – ma come facciamo noi, in dieci, a contrastare gli altri che parlano, se sono tantissimi?”. Il Preside guardò tutti e poi chiuse così: “Con il vostro silenzio e il vostro esempio”. Sembrano quei “fioretti” da raccontare, ma lui era così. Credeva a ciò che diceva e lo sosteneva con audacia e semplicità.

Infine era un credente. Arrivava a scuola prima di tutti e se ne andava per ultimo. Nei tempi forti dell’anno liturgico guidava la preghiera e ci teneva che le ore iniziassero sempre con il segno di croce. Anche in chiesa, durante la Messa d’inizio e fine anno, si distingueva per il suo raccoglimento. Lui, un po’ curvo su se stesso, si faceva interiorità e silenzio, per affidare a Dio il lavoro scolastico, la vita sociale e familiare, le intenzioni di tutti. E Dio lo interpellava anche pedagogicamente sulle situazioni che si presentavano alla scuola e alla didattica.

Finito il suo mandato come Preside ha sempre tenuto un rapporto riconoscente e di grande amore e rispetto per il Seminario. Ogni anno, a Natale e Pasqua passava a scuola, per gli auguri e un saluto. Finché ha conosciuto alunni e insegnanti anche personalmente, poi solamente alla presidenza e a chi rimaneva delle vecchie conoscenze. Mi ha sempre stupito questa sua signorilità. Lui tornava nel luogo che aveva retto e da vero gentiluomo apprezzava i cambiamenti, chiedeva i rifacimenti, sorrideva compiaciuto dei progressi. Memorabile fu, quando venne nel cortile del Seminario e, togliendo dalla tasca, con cura, un vetro protettivo, invitò ciascuno a guardare il sole, in un particolare giorno dell’anno e con una colorazione particolare. Era felice. Compiaciuto. Gioioso perché vedeva tutti interessarsi della scienza e della vita. Gioiva. Sempre. Per tutto. Come un bambino che impara ogni volta. Per questo era un uomo di scuola. Perché non ha mai smesso di imparare. Nonostante la sua lunga vita. Da oggi il Signore gli rivelerà ogni segreto del creato e di quella fisica e matematica che sono state parte della sua vita d’insegnante. Insieme al “grazie” che solo Dio sa dare per ciò che Lui ha visto fare a se stesso, quando abbiamo servito un piccolo.

Il Preside l’ha fatto, più e più volte. Da oggi è accolto in cielo. In quella scuola di eternità nella quale, a pieno diritto, come alunno e discepolo.

don Marco d’Agostino
rettore del Seminario e insegnante del Vida

TeleRadio Cremona Cittanova
Facebooktwittermail