Tutto esaurito in Seminario per il monologo “Spaccato in due” dedicato a Gian

Il 9 e il 10 maggio nel salone Bolognini Spazio Mythos racconta, con il linguaggio teatrale, la storia del giovane Firetti

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La storia di Gianluca Firetti, per tutti “GIAN” diventa teatro. Spazio Mythos, una compagnia teatrale cremonese, si fa carico di studiare, scrivere, rappresentare la vicenda di dolore, di fede, di coraggio e di grande speranza che il monologo teatrale, porta con sé. L’attore è Federico Benna, guidato nella regia da Danio Belloni e da altri componenti della compagnia. Il dolore è, purtroppo, una realtà che visita, in modo inaspettato, le nostre famiglie. Tutte, nessuna esclusa. Le domande si ripetono per tutti, ma sono le risposte che possono cambiare. La storia di Gian è stata molla di cambiamento per molti. E il monologo, con il linguaggio coinvolgente e drammatico che gli è proprio, lo comunica con forza e intensità.

Il titolo del monologo – durata un’ora e dieci minuti – non poteva non essere: “Spaccato in due”, titolo del primo libro di Gianluca, scritto a quattro mani negli ultimi giorni della sua vita, già seriamente provata dalla malattia e dal dolore.

Lunedì 9 e martedì 10 maggio il salone Bolognini del Seminario ha registrato il tutto esaurito. C’è da chiedersi, a rigore di logica, una riflessione su quello che sta accendo. I casi sono due. Il primo potrebbe essere tutta una montatura. Il secondo c’è, nella vicenda di Gian, un frammento di Vangelo che è più forte delle logiche umane. Scavalca impedimenti, barriere e arriva dritto al cuore. Potrebbe essere una caricatura, il mettere in evidenza tratti che solo dopo, nella rilettura della storia, sono emersi. Oppure aver avuto la grazia di leggere, con gli occhi del Vangelo, la storia di un Dio che sempre si fa carne e ci “precede” nel cammino della vita con storie che ci accompagnano, ci indicano il cammino, ci mostrano, a tratti, a sprazzi la verità e la bellezza di una vita che è già presente nei santi che conosciamo.

Gian non è un santino da mettere nella nicchia. Il monologo evidenzia la sua reazione alla notizia della malattia, le sue domande autentiche, i suoi dubbi. Gian è un credente che insegna, da uomo, come si affronta la vita e la morte, la sofferenza e la malattia. E lo insegna a tutti, perché tutti, preti e laici, giovani e adulti, possono ammalarsi. E tutti abbiamo davanti un bivio: credere che quel dio che ci è stato annunciato non è poi così buono, o credere che quel Dio, che in Gesù ha sofferto e patito, è con noi, non ci lascia, ci dà forza anche per lottare e per morire.

Un monologo, dunque, non da vedere, ma da vivere. Il divano di Gian, come dice un passaggio molto intenso, non è da guardare, ma bisogna sedersi sopra con lui e non rialzarsi uguali a prima. Quel divano ci interroga nel profondo. Ci chiede di metterci in discussione, di credere ad un vangelo vivo. E tutta questa omelia, semplice, essenziale, autentica, coerente, è un ragazzo a farcela. Un animatore dei nostri oratori. Un dono che Gesù ha fatto alla nostra terra. Un dono che non teniamo per noi ma, nella logica dei talenti, condividiamo. Anzi, si condivide da solo. Per questo Gian gira l’Italia, frequenta i gruppi giovanili e di adolescenti, sa parlare al cuore dei carcerati e dei genitori, dei preti e dei consacrati. Per questo, in Gian, il vangelo risplende. E la sua testimonianza parla alla nostra fede. La stimola e la purifica, la sollecita ad un cammino in salito, nella gioia del Vangelo.

don Marco D’Agostino

 

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