Quali scenari per la Turchia, «terra santa della Chiesa»?

La riflessione di don Roberto Rota, responsabile del segretariato diocesano pellegrinaggi

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Fin dall’inizio della guerra in Siria (2011) e nel momento in cui le potenze occidentali prendono coscienza del pericolo del califfato di Al Bagdadi (2014), la Turchia non assume una posizione chiara: da una parte si schiera con i ribelli anti-Assad, dall’altra sembra guardare di buon occhio allo  sviluppo territoriale dello stato islamico, tanto da favorire il libero passaggio del proprio confine a tutti quelli che desiderano unirsi alle milizie che combattono per il califfato, nel nord dell’Irak. Contemporaneamente il governo porta avanti una campagna di accuse contro le popolazioni curde, colpevoli di destabilizzare il paese. A loro infatti vengono addebitate le responsabilità di una serie di attentati ad Ankara, Istanbul e in altri centri minori, tra il 2104 e il 2015.

La crisi diplomatica con la Russia, a seguito dell’abbattimento dell’aereo russo del 24 novembre 2015, mette in luce l’ambiguità diplomatica del governo turco.

Gli attentati di piazza Suleiman di inizio d’anno e quello recente dell’aeroporto Ataturk di Istanbul, rivendicati dal’Isis, confermano lo spostamento di obiettivo del governo turco che ha aderito solo recentemente alla coalizione anti Isis, concedendo agli Stati uniti anche l’utilizzo di alcune basi aeree.

Fino al tentato colpo di stato dello scorso 15 luglio. Il tempo farà luce sulla verità di questo episodio, ma certamente il Presidente turco Erdogan oggi lo sta utilizzando per liberarsi degli oppositori, limitando ulteriormente le libertà personali, come aveva già fatto in passato al tempo della rivolta di piazza Taksim e qualche mese fa nei confronti di alcuni giornalisti, reintroducendo la pena di morte e marciando a tappe forzate verso una islamizzazione radicale del paese, già iniziata da alcuni anni e allontanandosi così definitivamente (?) dall’Europa.

In tutto questo che posto potranno avere ancora la libertà religiosa e le Chiese cristiane – ortodossa e cattolica – in questo paese che viene ricordato come la “terra santa della chiesa”, ponte tra l’oriente e l’occidente?

La Turchia moderna era nata nel 1923 dalle ceneri dell’impero ottomano e proclamata repubblica da Mustafà Kemal, primo presidente, ricordato come Ataturk – padre dei turchi – che portò progressivamente il paese, attraverso una serie imponenti di riforme, dalla arretratezza in cui era tenuto dai Sultani ottomani, alla modernizzazione

.Cardine della costituzione di Ataturk era la laicità dello stato, che prevedeva che ogni “turco nasce e vive libero” e “l’incolumità personale, la coscienza, il pensiero, la parola … sono diritti naturali dei turchi” (art 70). Egli aveva abolito il califfato, deponendo il sultano Maometto VI e ponendo le organizzazioni religiose sotto il controllo statale; aveva spostato il giorno di festa dal venerdì alla domenica,  adottato l’alfabeto latino e il calendario gregoriano. Elementi importanti e, al tempo veramente innovativi, se si eccettua il rispetto delle minoranze non turche che appena prima di quegli anni avevano subito repressioni e violenze, tra cui il genocidio degli Armeni che, ancora oggi, la Turchia non riconosce, nonostante l’opera di riconciliazione portata avanti dall’allora Delegato Apostolico Angelo Roncalli, ricordato ancora oggi ad Istanbul per la sua opera.

Ma quei diritti, riconosciuti ai turchi, oggi sono messi in discussione per tutti.

Tanto più che la costituzione del 1924 è stata sostituita da una nel 1982 a cui, in questi ultimi anni, sono state apportate ulteriori modifiche, in senso restrittivo e confessionale.

Oggi la Turchia è un paese di circa 78.000.000 di abitanti e di questi la stragrande maggioranza sono musulmani ma è anche la sede del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli e Bartolomeo I° – primus inter pares tra i patriarchi ortodossi – è particolarmente impegnato a sviluppare il dialogo tra le chiese ortodosse, con quella cattolica e con la società: il recente sinodo pan-ortodosso svoltosi a Creta ha sancito la necessità che le chiese “autocefale” possano confrontarsi su tanti temi e individuare posizioni condivise; come pure non possiamo non rilevare i passi in avanti, promossi dal Patriarca in varie occasione di incontro con Papa Francesco sul versante della comune fede cristiana.

Che spazio di movimento potrà avere ancora, in futuro, la chiesa ortodossa?

Che ne sarà, in questa terra, dei ricordi delle comunità fondate dall’Apostolo Paolo, delle chiese dell’Apocalisse, di Laodicea, di Pergamo, di Sardi…  del ricordo dei Concili della Chiesa indivisa, di Nicea, di Efeso, di Calcedonia… che ne sarà delle chiese rupestri della Cappadocia, già in passato deturpate …

Ma in Turchia c’è anche la chiesa cattolica, una piccola ma strutturata comunità che già ha pagato un prezzo altissimo al radicalismo islamico. Don Andrea Santoro ucciso mentre pregava nella sua piccola chiesa a Trebisonda, sul Mar Nero, il 5 febbraio 2006 e mons. Luigi Padovese, Vicario Apostolico dell’Anatolia assassinato il 3 giugno 2010 ad Iskenderun, sono i martiri di oggi che riannodano i fili con i martiri dei primi secoli, da Ignazio di Antiochia a Policarpo di Smirne.

In questo momento tormentato per il paese come non ricordare Padre Domenico Bergogli, parroco di Antiochia, le Suore italiane che vivono a Tarso, quelle di Konia, là a custodire la memoria di S. Paolo; come non ricordare la casa di Maria sulla collina degli usignoli di Efeso o l’accoglienza sempre disponibile dei Frati Francescani a Smirne, Istanbul e in Cappadocia?

In secoli passati, un patriarca di Costantinopoli del calibro di S. Giovanni Crisostomo, viveva un forte contrasto con la corte imperiale bizantina che gli costò persecuzione ed esilio ma non poteva tacere la verità; in una sua omelia disse: “molti hanno tentato di sopprimere il nome del Crocifisso, ma hanno ottenuto l’effetto contrario. Questo nome rifiorì sempre di più e si sviluppò con progresso crescente”.

Le antiche radici di questa terra sono cristiane: lì sono nati e hanno approfondito il Vangelo tante generazioni cristiane: Basilio magno, Gregorio di Nissa, Gregorio di Nazianzo sono maestri di vita per tutta la cristianità: che la Turchia di oggi possa recuperare l’ideale cristiano e recuperare così i valori di una convivenza giusta e fraterna fra tutti.

sac. Roberto Rota

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