Pastorale giovanile, nuove risorse per sostenere il ripensamento del “Cortile” sul territorio

Dalla Federazione oratori supporto formativo, economico e progettuale per parrocchie e Unità pastorali. La novità è l'équipe di accompagnamento ai processi educativi con tre giovani pedagogisti

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Nei giorni scorsi la Focr ha presentato il nuovo anno oratoriano con il messaggio del vescovo Antonio annunciando il tema “Ad occhi aperti” e mettendo a disposizione i primi materiali. Quello che inizia è un anno particolare per gli oratori, tra la volontà di ripartire dopo l’esperienza del lockdown e il bisogno di ripensare spazi e metodi per confermare e attualizzare la propria scelta educativa.

Per questo motivo la Focr ricorda quali sono le risorse che la diocesi mette a disposizione per sostenere azioni di ripensamento locali, che tengano conto delle esigenze e dei cambiamenti dei territori, della riorganizzazione di parrocchie e unità pastorali, delle relazioni con le altre realtà locali.

Tra queste il dialogo avviato negli anni con le cooperative per la condivisione di modalità e obiettivi e il rifinanziamento del fondo educatori diocesano per l’inserimento di professionalità laiche nei programmi educativi oratoriani, «non nella sostituzione di un “don con un laico – precisa la Focr – ma nella cura delle relazioni educative tra adulti della comunità».

Accanto a queste risorse (cui si aggiungono i contributi progettuali e la formazione per la Pastorale giovanile) verrà istituita anche un’equipe di accompagnamento ai processi educativi composta da tre giovani educatori e pedagogisti (Emanuele Bergami, Andrea Dasti, Stefano Lepre) che saranno disponibili – basterà farne richiesta alla Focr – per proporre moduli di accompagnamento per catechisti, animatori ed altre figure educative oratoriane, con l’obiettivo di sostenere una crescita nelle competenze pedagogiche. «Una piccola, preziosa équipe formativa – spiega don Arienti –  che si affianca ad altre importanti risorse e che non lavora a spot, ma accompagna processi. Questa nuova proposta prevede un ritmo di formazione mensile e l’impiego di modalità efficaci di rilettura e acquisizione di competenze: può essere attivata nelle parrocchie e unità pastorali interessate, calata nel vivo delle esigenze locali e si preoccuperà di far crescere gli adulti nell’attitudine educativa».

Risorse progettuali per oratori e pastorale giovanile (approfondisci su focr.it)

Un altro passaggio, dunque, che si inserisce nel cammino del Cortile dei sogni, il progetto di ripensamento dell’Oratorio che coinvolge zone e parrocchie e che riprenderà con nuovo slancio e nuove sfide con il nuovo anno pastorale: «In estrema sintesi – è la riflessione dell’incaricato diocesano di Pastorale giovanile – identità e missione dell’Oratorio sono riassumibili nella prossimità educativa della comunità credente: perché ci si prende cura dei più giovani, invitandoli alla scoperta delle relazioni comunitarie, all’ascolto della Parola nella catechesi e nei percorsi formativi, alla condivisione del tempo anche libero. Nel passato lo si è fatto soprattutto grazie alla figura dei preti più giovani e di alcune religiose e in un’epoca ormai lontana “si andava dal prete” a giocare… “si andava con il prete in montagna o al mare”, poiché si abitava un coerente modello sociale che riconosceva una leadership e precisi punti di riferimento. Oggi è per certi versi ancora così: la dedizione al mondo giovanile non è venuta meno, ma è indiscutibile che alcuni fattori sono profondamente mutati».

Un cambiamento che coinvolge tutta la società e non può lasciare indifferenti nel ribadire le ragioni e l’urgenza di una scelta educativa: «L’Oratorio – continua –  non è più l’unica agenzia educativa che assolve, oltre il tempo scuola, alla socializzazione (con la catechesi, ma anche con il cortile e con l’ormai chimerico tempo libero): la società e il tempo educativo sono policentrici; gli spazi della scuola si sono dilatati e non esiste più una assoluta e quasi naturale identificazione di un territorio (questo paese, questa comunità) con i ritmi e le strutture iniziatiche della parrocchia. Invero il processo è in atto da decenni, dentro la scatola più ampia della secolarizzazione che coinvolge le scelte delle famiglie, la frequenza al catechismo, la scelta – non più univoca e obbligata – dell’Oratorio. Questi fenomeni possono generare rimozione o risentimento, ma sono innanzitutto realtà. E la realtà parla, fa domande, interpella. L’Oratorio – anche prima del lockdown – esiste se è pensato e voluto: se sono pensate e volute le sue forme di presenza e di proposta, se esiste una condivisione circa la sua bontà e pertinenza dentro la comunità cristiana, se esistono volti e storie di giovani e adulti che se ne facciano carico. Altrimenti resta o un mito o – forse peggio – una cattedrale nel deserto. Qualcuno ha detto: nei mesi scorsi ne abbiamo fatto a meno. Come pure della scuola, della Messa, della socialità minuta. Vero. E drammatico a tempo stesso».

Da cosa ripartire dunque nell’attenzione alla crescita delle nuove generazioni?

«Anche prima del lockdown – riflette don Paolo – si era capito che l’Oratorio non è solo un luogo accentratore di frequenze, ma innanzitutto un metodo educativo (famoso il preventivo di salesiana memoria), una presenza, una storia di prossimità. Ora sul tappeto, mentre le comunità cristiane si trasformano, decidono come e dove esistere e celebrare, come e dove rendere visibili i propri ritmi simbolici (le feste, la formazione, la carità, la cultura), bisogna decidere dove e come onorare il metodo dell’Oratorio. In ballo ci sono quelle esperienze che possono rendere i giovanissimi “diversi”: diversi se hanno partecipato o meno ad un campo estivo; diversi se hanno o meno fatto esperienza di animazione; diversi se hanno imparato o meno ad ascoltare la Parola e a pregare. Forse prima era più facile, quando per vedere il cinema parrocchiale si passava, senza che si gridasse alla violazione della coscienza, dal Vespro della domenica pomeriggio. Ora il contesto è mutato: è nuovo il protagonismo delle famiglie che possono scegliere altri percorsi, si è aggravata la forbice sociale tra ragazzi senza tempo libero e coetanei periferici, che di tempo ne hanno in abbondanza. Dunque come sostenere il metodo dell’Oratorio, l’idea della prossimità e della cura? È questione ecclesiale, genitoriale, educativa. Che va pensata dentro le maglie – larghe, ma intelligenti – di un progetto. E che può essere rafforzata con l’aiuto di competenze specifiche, anche professionali, senza firmare assegni in bianco o cedere appalti ciechi. Da alcuni anni il processo è iniziato ed è bello poter vedere, qua e là, sperimentazioni e messe in discussione, errori e ripartenze, mentre la carne viva delle comunità non cessa di trasformarsi».

 

 

TeleRadio Cremona Cittanova
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