Mons. Napolioni: «La caratteristica di Giussani e di chi lo segue ancora oggi è questa libertà: un uomo non costretto, ma che si muove per far piacere a Dio»

Il 22 febbraio in Cattedrale il vescovo ha presieduto l'Eucaristia nel 14° anniversario della morte di don Giussani e nel 37° anniversario del riconoscimento pontificio della Fraternità di CL

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Il 22 febbraio 2005 moriva a Milano don Luigi Giussani, fondatore di Comunione e liberazione, un uomo «toccato, anzi ferito, dal desiderio della bellezza», come disse il cardinale Joseph Ratzinger all’omelia del suo funerale in Duomo due giorni dopo. Sono passati 14 anni da quel giorno ma oggi più che mai l’eredità umana e spirituale del “Gius”, come lo chiamano affettuosamente i ciellini, è ancora viva. Lo si è visto bene ieri sera nel Duomo di Cremona, durante la messa celebrata da mons. Napolioni in ricordo di questo sacerdote carismatico e straordinario. Una cattedrale piena, il coro “San Facio” di CL che ha accompagnato con i suoi bellissimi canti la celebrazione e tanti sacerdoti sull’altare sono forse il segno più evidente di questa vita cristiana ricca e vivace anche sul territorio cremonese.

Nella sua omelia il vescovo ha ricordato il momento difficile che sta vivendo la Chiesa oggi, facendo memoria di quel passo che dice “Non si turbi il Tuo popolo davanti agli sconvolgimenti della Chiesa”.

«Questa sera – ha esordito – siamo tutti un po’ più tristi e preoccupati. Il Papa ci chiede di unirci intorno ai più deboli, ai più fragili e la Cattedra di Pietro è una cattedra in cui Pietro non può essere lasciato solo. Sin dall’inizio Pietro da solo non avrebbe potuto fare nulla. Pietro è solo uno che sta dietro Gesù e che nell’incontro con Gesù scopre se stesso e la possibilità di essere trasformato da quella appartenenza, da quella amicizia». Mons. Napolioni ha ripreso la prima lettura di San Pietro per invitare ciascuno a prendersi cura di chi si incontra sul cammino. Seguendo proprio le orme del primo apostolo: «Pascete il gregge di Dio che vi è affidato, sorvegliandolo non perché costretti ma volentieri, come piace a Dio, non per vergognoso interesse, ma con animo generoso, non come padroni delle persone a voi affidate, ma facendovi modelli del gregge».

«Chissà quante volte don Giussani avrà letto questa pagina, avrà cercato di farla sua e noi oggi possiamo dire che ci è riuscito. Ci è riuscito attraverso un travaglio quotidiano, una lotta contro se stesso». Una lotta – ha proseguito – che è di tutti noi e che si supera se oso fidarmi di un gusto nuovo: “come piace a Dio”. E questo è il segno di chi è libero. La prima caratteristica del Gius e di chi lo segue ancora oggi è questa libertà: un uomo non costretto ma che si muove per far piacere a Dio. San Pietro poi richiama alla generosità. Perché un animo dovrebbe essere generoso? C’è una chiamata ad aprire il cuore, ma ci vuole una vita a capire che l’altro è un bene e che più gli altri sono diversi più mi sono cari. Chi può fare così? Un uomo che si è lasciato amare e diventa capace di amare. Un uomo la cui affettività non è ripiegata su se stessa, il cui cuore non è rattrappito dalla gelosia, dall’invidia e da tutte quelle erbacce che prima di fare male agli altri fanno male a noi stessi». In don Giussani, ha ricordato ancora il vescovo, questa affezione a Gesù è rimasta il segno più efficace di ciò che accadeva nel suo cuore. Un ultimo punto a cui il popolo di CL viene richiamato è quello di «essere modello del gregge». Perché la bellezza e la gioia di vivere non hanno bisogno di maschere se si è uomini e donne liberi, amabili e veri. E per farlo esiste un solo metodo, quello usato da Cristo con Pietro: attendere il suo rispettando la sua libertà e i suoi tempi. E su di lui ha poi costruito la Sua Chiesa. Questo è stato l’augurio di mons. Napolioni al popolo del don Gius: vivere non secondo il mondo ma secondo Dio. “Servono uomini liberi, amabili e veri fino alla sequela di Cristo nel martirio, disposti a rimettersi al giudizio di Dio giudice della storia”. Un augurio valido per tutto il popolo cristiano oggi.

Prima della benedizione finale c’è stato il breve saluto di Paolo Mirri, responsabile diocesano di CL, che ha ringraziato il Vescovo per la sua paternità, riprendendo un passaggio della sua ultima lettera pastorale dove si ricorda che Cristo è un fatto, è un vivente, non una teoria con cui guardare a priori gli eventi. Don Giussani ha testimoniato la stessa cosa, quando diceva ai suoi che è solo la grazia dell’incontro con Cristo che apre gli occhi e spalanca la ragione. Sono passati 14 anni dalla sua nascita al cielo, ha concluso Mirri, ma quella del Movimento di Comunione e Liberazione è una storia che non smette di attrarre il cuore di tanti e di rendere l’avvenimento di Cristo sempre presente. Come? Attraverso un cammino paziente e guardando ai tanti testimoni che il Signore mette davanti. A partire da Papa Francesco.

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