Riflessioni sulla Passione – Parte prima

Nel Giubileo di S. Tommaso d'Acquino, viviamo questi ultimi giorni di Quaresima meditando le riflessioni sul "Credo" del grande Dottore
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Riflessioni sulla passione, morte,

discesa agli inferi e risurrezione di

Nostro Signore Gesù

(dal commento al Credo di San Tommaso d’Aquino)

Necessità della passione di Cristo

Che necessità c’era perché il Verbo di Dio patisse per noi?
Grande, come si può cogliere da questa doppia motivazione:
la prima, come rimedio contro i nostri peccati
e la seconda come esempio al nostro operare.

A – Come rimedio.

Perché è nella passione di Cristo che troviamo rimedio contro tutti i mali in cui possiamo incorrere per i nostri peccati.
Orbene, il peccato ci procura cinque mali:

1 – Ci macchia.

L’uomo, infatti, quando pecca deturpa la propria anima, perché, come la virtù per l’anima è la sua bellezza, così il peccato ne è la macchia. Diceva al riguardo il profeta Baruc: “Perché, Israele, perché ti trovi in terra nemica… perché ti contamini con i cadaveri?” (Bar 3,10-11). Ma questa macchia viene tolta dalla passione di Cristo, perché egli con la sua passione preparò un bagno con cui lavare i peccatori nel suo sangue. Dice infatti l’Apocalisse che egli “ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue” (Ap 1,5). L’anima infatti viene lavata dal sangue di Cristo nel Battesimo, perché esso trae la sua virtù rigeneratrice dal sangue di Cristo. Perciò, quando qualcuno si inquina nuovamente col peccato, reca un’offesa a Cristo e il suo peccato è più grande di quello commesso dagli uomini prima della redenzione. Scrive in proposito l’Apostolo: “Quando qualcuno ha violato la legge di Mosè, viene messo a morte senza pietà sulla parola di due o tre testimoni. Di quanto maggior castigo allora pensate che sarà ritenuto degno chi avrà calpestato il Figlio di Dio e ritenuto profano quel sangue dell’alleanza” (Eb 10,28-29).

2 – Ci fa offendere Dio.

Infatti, come l’uomo carnale ama la bellezza carnale, così Dio ama quella spirituale, che è la bellezza dell’anima. Pertanto, quando l’anima si macchia col peccato, offende Dio il quale, di conseguenza, prende in odio il peccatore, come dice il Libro della Sapienza: “Sono in odio a Dio l’empio e la sua empietà” (Sap 14,9).
Orbene, questo viene rimosso dalla passione di Cristo, che ha soddisfatto il Padre – cosa che l’uomo da solo non avrebbe potuto fare – per il suo peccato. La carità e l’obbedienza di Cristo furono infatti più meritevoli di quanto non fossero state grandi la colpa e la disobbedienza dell’uomo. “Quand’eravamo nemici, siamo stati riconciliati con Dio per mezzo della morte del Figlio suo” (Rm 5,10).

3 – Ci indebolisce.

Difatti, dopo una prima caduta nel peccato, l’uomo si illude di potersene trattenere in seguito. Avviene invece tutto il contrario, perché dal primo peccato egli viene debilitato e reso maggiormente incline a ripeccare. Il peccato soggiogherà l’uomo più di prima e lo metterà nella condizione, per quanto dipende dalle sole sue forze, di non poter risorgere senza un intervento divino: come uno che si getta in un pozzo e non può esserne estratto che da un altro. Dal peccato del primo uomo la natura umana fu infatti indebolita e corrotta e l’uomo si ritrovò più incline a peccare e maggiormente dominato da esso. Cristo, è vero, curò questa sua infermità e debolezza, ma non totalmente; per cui, dalla passione di Cristo l’uomo è stato rinvigorito e ne è stata indebolita l’inclinazione al peccato, che in tal modo non lo domina più. Anzi, con l’aiuto della grazia di Dio, che gli viene conferita dai Sacramenti che traggono efficacia dalla passione di Cristo, può ora lottare per resistere al peccato, perché “il nostro uomo vecchio è stato crocifisso con lui (Cristo), perché fosse distrutto il corpo del peccato, e noi non fossimo più schiavi del peccato” (Rm 6,6).

4 – Ci rende meritevoli del castigo.

La giustizia di Dio esige, infatti, che chi pecca venga punito e che la pena sia proporzionata alla colpa. Ora, siccome la colpa del peccato mortale è infinita, in quanto offesa di un bene infinito, ossia Dio, i cui precetti il peccatore disprezza, anche la pena dovuta al peccato mortale è infinita. Ma Cristo con la sua passione ci ha liberati da questa pena, sottoponendovisi al nostro posto. Come dice S. Pietro: “Egli portò i nostri peccati – cioè la pena dovuta ad essi – nel suo corpo sul legno della croce” (1 Pt 2,24). E la passione di lui fu di un valore così grande da bastare ad espiare tutti i peccati del mondo intero, anche se il loro numero fosse stato infinito. È per questo che coloro che ricevono il Battesimo vengono assolti da tutti i loro peccati e che anche il sacerdote può assolverli tutti.
Ne segue anche, che quanto più uno si conforma alla passione di Cristo, tanto maggior perdono egli ottiene e più grazia egli merita.

5 – Ci espelle dal Regno.

Coloro, infatti, che offendono il re, sono costretti ad andare in esilio.
Analogamente, per il suo peccato l’uomo viene cacciato dal paradiso: è quello che successe immediatamente ad Adamo a causa della sua colpa e, dopo, la porta del paradiso venne chiusa.
Ma Cristo con la sua passione la riaprì e richiamò nel regno gli esiliati. La porta del paradiso fu riaperta in seguito all’apertura del costato di Cristo, quando, a causa dello spargimento del suo sangue, la macchia del peccato fu lavata, Dio fu placato, la fragilità umana fu curata, la pena espiata e gli esuli furono richiamati nel regno. È per questo che al ladrone fu subito detto “
oggi sarai con me nel paradiso” (Lc 23,43): parole che non erano mai state dette ad alcuno prima di allora: non ad Adamo, non ad Abramo, non a Davide. Solo oggi, dopo cioè che ne fu riaperta la porta, la domanda di perdono del ladrone venne accolta “avendo piena libertà di entrare nel santuario per mezzo del sangue di Gesù” (Eb 10,19).

Risulta, dunque, da quanto si è detto, l’utilità della passione di Cristo come rimedio.

Continua…

Immagine: Beato Angelico, Compianto sul Cristo morto, particolare